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Papa Francesco, la sua diplomazia è solo realpolitik?

Nel libro “Il Santo realismo”, il caporedattore e vaticanista del Foglio Matteo Matzuzzi mette in luce le linee diplomatiche di Papa Francesco

Il Santo Realismo, Matzuzzi | Il Santo Realismo | LUISS University Press Il Santo Realismo, Matzuzzi | Il Santo Realismo | LUISS University Press

La diplomazia di Papa Francesco può essere definita realpolitik o è qualcosa che completamente fuori dagli schemi? O, meglio, Papa Francesco impronta la sua azione diplomatica su un realismo finalizzato ad obiettivi, oppure è semplicemente pragmatico nelle scelte? Il libro “Il Santo realismo. Il Vaticano come potenza politica internazionale da Giovanni Paolo II a Francesco” di Matteo Matzuzzi, caporedattore e vaticanista del Foglio, prova a rispondere a queste due domande di fondo. Risposte che, alla fine, rappresentano anche una summa del modus operandi del Papa.

Dopo la diplomazia attiva di Giovanni Paolo II, e la diplomazia della verità di Benedetto XVI, Papa Francesco assume un approccio che va fuori dai normali canoni della diplomazia pontificia, per assumere piuttosto un punto di vista diverso, e probabilmente più laico, basato su due dei quattro principi chiave della Evangelii Gaudium, l’esortazione apostolica che rappresenta il programma del pontificato di Papa Francesco: il tempo è superiore allo spazio, e la realtà è superiore all’idea.

Da questo approccio pragmatico derivano successi, ma anche passi indietro, del lavoro diplomatico di Papa Francesco. Capace di stringere un ottimo rapporto con il presidente russo Vladimir Putin, che vedrà ben tre volte, ma anche di lanciare iniziative a favore dell’Ucraina che lamenta appunto di essere sotto attacco russo, senza per questo mai dire esplicitamente una parola di condanna o prendere una posizione. E ancora: capace di essere anti-americano come un latino-americano sa essere, ma allo stesso tempo promotore di quel riavvicinamento tra Cuba e Stati Uniti cui, in realtà, la Santa Sede ha lavorato sottotraccia per anni.

Pragmatico è l’approccio con la Cina, mai attaccata direttamente sul fronte della libertà religiosa, e allo stesso tempo favorita da un accordo che non è piaciuto a molti, nonostante la Santa Sede abbia una ampia tradizione di accordi di un certo tipo con potenze ostili. E ancora più pragmatico è l’approccio che lo porta ad essere il primo Papa ad incontrare un Patriarca di Mosca: succede in una zona neutra, nell’aeroporto dell’Avana a Cuba, e la dichiarazione che ne segue sembra uscita prima dal lato di Mosca che da quello del colle vaticano. Ma per il Papa non importa, è importante che si sia cominciato un processo, e infatti parla di un documento pastorale, cercando di togliere dal testo il peso che porterebbe con sé un documento considerato anche diplomatico.

Non solo il testo analizza la diplomazia di Papa Francesco, ma racconta di un modus operandi. Ed è in quello che si nota la più evidente rottura con la tradizione precedente, la breccia che viene scavata nel solco della diplomazia faticosamente costruita sotto Giovanni Paolo II, il Papa che fece crollare la Cortina di Ferro, e Benedetto XVI, il Papa che parlava di Dio anche quando si doveva parlare di diplomazia.

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Ricostruendo gli scenari, si nota che nessun pontefice è un monolite, e tutti sfuggono alle definizioni. Come vi sfugge la stessa Santa Sede, la cui diplomazia non può (come fanno anche esimi studiosi) essere ridotta a Ostpolitik, Realpolitik o nessuna delle due. Papa Francesco sfugge ancora di più alle categorie.

Ma, più che un approccio rivoluzionario, si trova, nelle azioni diplomatiche di Papa Francesco, la ricerca di un dialogo a tutti i costi, che lo porta a volte a concedere aperture su cui farà marcia indietro, e poi ritornerà. In fondo, la cosa importante è aprire processi, e questo va anche al di là delle possibili conseguenze contingenti.

Con Papa Francesco, alla fine, non è cambiata la dottrina diplomatica della Santa Sede. Ma se ne è centralizzato e personalizzato l’approccio. Perché, come nota Matzuzzi, “il rapporto personale supera le idee, le diplomazie, i protocolli”. E sta qui il “Santo Realismo” del Santo Padre.