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Papa Francesco: portare la Parola di Dio dove ancora non è arrivata

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“Nell’anno in cui ricorre il cinquantesimo anniversario della promulgazione della Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione, Dei Verbum, sembra più che opportuno che dedichiate la vostra Assemblea Plenaria alla riflessione sulla Sacra Scrittura, fonte di evangelizzazione.” Papa Francesco lo ha ricordato ai partecipanti alla X Assemblea plenaria della Federazione Biblica Cattolica (FEBIC). Il Papa ha salutato il Cardinale Tagle, nuovo Presidente, e  Mons. Paglia per il servizio reso in questi anni alla Federazione.

“La Chiesa- ha scritto il Papa nel discorso consegnato - che proclama ogni giorno la Parola, ricevendone nutrimento e ispirazione, si rende beneficiaria e testimone eccellente di quella efficacia e potenza insita nella stessa Parola di Dio (cfr Dei Verbum, 21). Non siamo noi, né i nostri sforzi, ma è lo Spirito Santo che opera per mezzo di coloro che si dedicano alla pastorale e fa lo stesso pure negli uditori, predisponendo gli uni e gli altri all’ascolto della Parola annunciata e all’accoglienza del messaggio di vita.”

Francesco ricorda che ci sono ancora luoghi dove “la Parola di Dio non è stata ancora proclamata o, seppure proclamata, non è stata accolta come Parola di salvezza. Ci sono luoghi dove la Parola di Dio viene svuotata della sua autorevolezza. La mancanza del sostegno e del vigore della Parola conduce ad un indebolimento delle comunità cristiane di antica tradizione e frena la crescita spirituale e il fervore missionario delle Chiese giovani.”

Una responsabilità che ci riguarda tutti scrive il Papa: “Pertanto, resta valido l’invito ad un particolare impegno pastorale per far emergere il posto centrale della Parola di Dio nella vita ecclesiale, favorendo l’animazione biblica dell’intera pastorale. Dobbiamo far sì che nelle abituali attività di tutte le comunità cristiane, nelle parrocchie, nelle associazioni e nei movimenti, si abbia realmente a cuore l’incontro personale con Cristo che si comunica a noi nella sua Parola, perché, come ci insegna san Girolamo, l’«ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo» (Dei Verbum, 25).”

Rispondendo a braccio al cardinale Tagle, il Papa ha ricordato che “quando una Chiesa si chiude in sé stessa e si dimentica che è stata mandata, che è stata inviata per annunciare il Vangelo, cioè la Buona Novella, per muovere i cuori col Kerygma - il Cardinale ha detto bene - invecchia. Un’altra cosa ha detto il Cardinale: si indebolisce. E anch’io ne aggiungo due: si ammala e muore”. Perché “ci sono due modi, due maniere di morire: o morire chiusi in sé stessi o morire dando la vita in testimonianza. E una Chiesa che ha il coraggio – la parresia – per portare avanti la Parola di Dio e non si vergogna è sulla strada del martirio”.

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Ricordando la prima lettura della messa il Papa dice che se San Paolo “fosse rimasto lì, in una delle chiese – come quella di Corinto – e solo in quella, non avrebbe sofferto tutto quello che dice. Perché? Perché era un uomo in uscita. Quando vedeva che le cose andavano bene, imponeva le mani ad un altro e se ne andava. E’ un modello”.

Francesco cita ancora la Lettera ai Corinti e ricorda il “vantarsi della debolezza” , quindi cita la Lettera ai Galati, “La mia gloria è la croce di Gesù”. “Questa è la sua forza. E questa è una Chiesa in uscita, una Chiesa “martiriale”. E’ una Chiesa che va per strada, che va in cammino”.

Nonostante tutto. “E succede quello che può succedere ad ogni persona che va per strada: un incidente… Ma io preferisco una Chiesa ferita in un incidente, che una Chiesa ammalata, nella chiusura di sé stessa. Con quella parresia e quella hypomone; quella pazienza che è portare sulle spalle le situazioni, ma anche la tenerezza di portare sulle spalle i fedeli feriti, che le sono stati consegnati. Una Chiesa pastorale”.

Perché “soltanto la Parola di Dio e, accanto alla Parola, l’Eucaristia. I fratelli che si riuniscono per lodare il Signore proprio con la debolezza del pane e del vino, del Corpo del Signore, del Sangue del Signore”.

“La Parola di Dio – aggiunge il Papa sempre a braccio - non è una cosa che ci rende la vita facile. No, no. Ci mette sempre in difficoltà! Se uno la porta con sincerità, essa lo mette in difficoltà, lo mette in imbarazzo tante volte. Ma bisogna dire la verità, con tenerezza, con quel portare sulle spalle le situazioni, le persone. Lo si può intendere come un rispetto fraterno che sa ‘accarezzare’”.

Da qui l’attenzione alle omelie, con “una delle cose che mi preoccupano tanto”, cioè “l’annuncio funzionale della Parola di Dio nelle omelie. Per favore, fate di tutto per aiutare i vostri fratelli - diaconi, sacerdoti e vescovi – a dare la Parola di Dio nelle omelie, che arrivi al cuore”

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“Tanti sono capaci, ma sbagliano e fanno una bella conferenza, una bella dissertazione, una bella scuola di teologia… La Parola di Dio è un sacramentale!”, ricorda ancora Francesco.