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Papa Francesco raccomanda: “Create una cultura dei bambini e una cultura dell’adozione”

Udienza Sala del Concistoro  |  | Vatican Media / ACI Group Udienza Sala del Concistoro | | Vatican Media / ACI Group

“La cultura dei bambini. C’è una cultura della sorpresa nel vedere crescere, vedere come si sorprendono dalla vita, come entrano in contatto con la vita. E noi dobbiamo imparare a fare lo stesso”. Papa Francesco parla a braccio ai dirigenti, agli operatori e ai bambini dell’Istituto Ospedale degli Innocenti di Firenze, in occasione del 600.mo anniversario dalla nascita dell’Istituzioni italiana dedicata all’accoglienza e alla difesa dei bambini. Il Pontefice li ha ricevuti questa mattina, nella Sala del Concistoro.

La missione dell’Istituto, inoltre, adeguandosi alle nuove esigenze di bambini e famiglie, rimane un punto di riferimento in materia di tutela e promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza a livello nazionale e internazionale, basato sulla Convenzione Onu del 1989.

Dobbiamo in qualche modo tornare alla semplicità di un bambino e soprattutto alla capacità di sorprenderci. Le sorprese! Il nostro Dio è il Dio delle sorprese, e noi dobbiamo imparare questo”, aggiunge ancora a braccio il Papa.

Papa Francesco pensa ai tanti bambini soli nel mondo e si ricollega alle medagliette spezzate che l’Istituto rilasciava metà alla mamma e metà al bambino: “Le vittime delle guerre, le vittime delle migrazioni, i bambini non accompagnati, le vittime della fame. Bambini con metà medaglia. E chi ha l’altra metà? La Madre Chiesa. Noi abbiamo l’altra metà. Bisogna riflettere e far capire alla gente che noi siamo responsabili di quest’altra metà e aiutare a fare oggi un’altra casa degli innocenti, più mondiale, con l’atteggiamento dell’adozione”.

“Tante, tante famiglie che non hanno figli e avrebbero sicuramente il desiderio di averne uno con l’adozione – prosegue a braccio il Papa alludendo alla lunga burocrazia delle adozioni- andare avanti, creare una cultura di adozione perché i bambini abbandonati, soli, vittime di guerre e altro sono tanti; che la gente impari a guardare quella metà e dire: Anch’io ne ho un’altra. Vi chiedo di lavorare su questo”.

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