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Papa Francesco, Urbi et Orbi di Natale: “Immense tragedie passano sotto silenzio”

Siria, Israele, Myanmar, Etiopia, Ucraina, continente americano: le crisi del mondo viste con la lente della Santa Sede. Papa Francesco e la via del dialogo

Papa Francesco, Urbi et Orbi Natale 2021 | Papa Francesco durante l'Urbi et Orbi di Natale 2021 | Daniel Ibanez / ACI Group Papa Francesco, Urbi et Orbi Natale 2021 | Papa Francesco durante l'Urbi et Orbi di Natale 2021 | Daniel Ibanez / ACI Group

A livello internazionale, c’è il rischio “di non voler dialogare”, e il rischio che “la crisi complessa induca a scegliere scorciatoie piuttosto che le strade più lunghe del dialogo”. Ma sono le strade del dialogo che conducono “alla soluzione dei conflitti e a benefici condivisi e duraturi”. Dopo che per tre volte (due Pasque e un Natale) era rimasto nella basilica, da solo contro la pandemia, Papa Francesco torna ad affacciarsi dalla loggia centrale della Basilica Vaticana per il tradizionale messaggio urbi et orbi, alla città al mondo.

Il messaggio è l’occasione per fare una panoramica della situazione del mondo, guardare a crisi e conflitti che sono prioritari per il Papa. Ma anche e soprattutto un modo per leggere tutto alla luce della speranza del Natale, specialmente in questo “tempo di pandemia” in cui “la nostra capacità di relazioni sociali è messa a dura prova”, tanto che “si rafforza la tendenza a chiudersi, a fare da sé, a rinunciare ad uscire, a incontrarsi, a fare le cose insieme”.

Per il Papa, l’unico antidoto è il dialogo. Perché – dice il Papa – “mentre risuona intorno a noi e nel mondo intero l’annuncio della nascita del Salvatore, sorgente della vera pace, vediamo ancora tanti conflitti, crisi e contraddizioni”. Conflitti che “sembrano non finire mai e quasi non ce ne accorgiamo più”, abituati a tal punto che “immense tragedie passano ormai sotto silenzio” e che “rischiamo di non sentire il grido di dolore e di disperazione di tanti nostri fratelli e sorelle”.

Lo sguardo internazionale del Papa comincia dal Medio Oriente. Prima il pensiero per il popolo siriano, “che vive da oltre un decennio una guerra che ha provocato molte vittime e un numero incalcolabile di profughi”. Quindi lo sguardo all’Iraq, che “fatica ancora a rialzarsi per un lungo conflitto”, e poi il pensiero alla guerra nello Yemen, “una immane tragedia, dimenticata da tutti”, che “da anni si sta consumando in silenzio provocando morti ogni giorno”, con un pensiero particolare per i bambini, le prime vittime.

Immancabile la citazione delle “continue tensioni tra israeliani e palestinesi, che si trascinano senza soluzione, con sempre maggiori conseguenze sociali e politiche”. E il Papa prende posizione anche con le Chiese cristiane di Terrasanta, che avevano lamentato come le restrizioni per la pandemia discriminassero i pellegrini nel loro percorso verso la Terrasanta. “Non dimentichiamoci – dice il Papa - di Betlemme, il luogo in cui Gesù ha visto la luce e che vive tempi difficili anche per i disagi economici dovuti alla pandemia, che impedisce ai pellegrini di raggiungere la Terra Santa, con effetti negativi sulla vita della popolazione”.

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Sempre in quella Regione, c’è il Libano, che – ricorda Papa Francesco – “soffre una crisi senza precedenti e condizioni economiche e sociali molto preoccupanti”.

Eppure, proprio da quella Terra è venuto il Signore, Dio che si fa carne e “nel freddo della notte protende le sue piccole braccia verso di noi: ha bisogno di tutto ma viene a donarci tutto”.

Papa Francesco implora Gesù “di suscitare nei cuori di tutti aneliti di riconciliazione e di fraternità”; prega di donare “pace e concordia al Medio Oriente e al mondo intero”; supplica di sostenere “quanti sono impegnati a dare assistenza umanitaria alle popolazioni costrette a fuggire dalla loro patria”.

L’occasione della preghiera è per il Papa l’occasione di guardare ad altri scenari. Il Papa chiede al Bambino Gesù di confortare “il popolo afgano, che da oltre quarant’anni è messo a dura prova da conflitti che hanno spinto molti a lasciare il Paese”, ma anche di sostenere “il popolo del Myanmar, dove intolleranza e violenza colpiscono non di rado anche la comunità cristiana e i luoghi di culto, e oscurano il volto pacifico di quella popolazione”.

E ancora, Papa Francesco prega di “non permettere che dilaghino in Ucraina le metastasi di un conflitto incancrenito”; di assistere “l’Etiopia nel ritrovare la via della riconciliazione e della pace attraverso un confronto sincero che metta al primo posto le esigenze della popolazione.”; di ascoltare “il grido delle popolazioni della regione del Sahel, che sperimentano la violenza del terrorismo internazionale”.

Quindi, la panoramica del Papa arriva a toccare i Paesi del Nord Africa che “sono afflitti dalle divisioni, dalla disoccupazione e dalla disparità economica”, con la preghiera che siano alleviate “le sofferenze dei tanti fratelli e sorelle che soffrono per i conflitti interni in Sudan e Sud Sudan”.

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Sguardo all’America, dove la richiesta del Papa è che “prevalgano nei cuori dei popoli del continente americano i valori della solidarietà, della riconciliazione e della pacifica convivenza, attraverso il dialogo, il rispetto reciproco e il riconoscimento dei diritti e dei valori culturali di tutti gli esseri umani”.

Nell’Urbi et Orbi, Papa Francesco non fa solo una disamina geopolitica, ma si sofferma anche su alcune piaghe del nostro tempo: la violenza delle donne, che “dilaga in questo tempo di pandemia”; il bullismo e gli abusi; la solitudine degli anziani; la necessità di mantenere unità nelle famiglie, “luogo primario dell’educazione e pace del tessuto sociale”; i malati, specialmente in tempo di crisi sanitaria, perché ne vengano superate le conseguenze.

Al Dio-con-noi, Papa Francesco chiede di rendere “i cuori generosi, per far giungere le cure necessarie, specialmente i vaccini, alle popolazioni più bisognose” e di “ricompensare tutti coloro che mostrano attenzione e dedizione nel prendersi cura dei familiari, degli ammalati e dei più deboli”.

Nell’urbi et orbi, anche la preghiera perché facciano ritorno “a casa ai tanti prigionieri di guerra, civili e militari, dei recenti conflitti, e a quanti sono incarcerati per ragioni politiche”. Il Papa invita il Dio Bambino a non lasciarci “indifferenti di fronte al dramma dei migranti, dei profughi e dei rifugiati”, i quali “ci chiedono di non girarci dall’altra parte, di non rinnegare l’umanità che ci accomuna, di fare nostre le loro storie e di non dimenticare i loro drammi”.

E poi, il Papa invita ad “accordi efficaci” per la cura della casa comune, affinché “le prossime generazioni possano vivere in un ambiente rispettoso della vita”.

Insomma, conclude Papa Francesco, “tante sono le difficoltà del nostro tempo, ma più forte è la speranza”, perché la Parola di Dio si è fatta infante, “capace solo di vagire e bisognoso di tutto”.

E così, conclude Papa Francesco, “ha voluto imparare a parlare, come ogni bambino, perché noi imparassimo ad ascoltare Dio, nostro Padre, ad ascoltarci tra noi e a dialogare come fratelli e sorelle. O Cristo, nato per noi, insegnaci a camminare con Te sui sentieri della pace”.