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Papa in Ungheria, cosa fa la delegata per la cooperazione archivistica con la Santa Sede

Si chiama Krisztina Tóth, è secondo segretario dell’ambasciata di Ungheria presso la Santa Sede e il suo incarico

Krisztina Tóth | Krisztina Tóth al simposio Krisztina Tóth | Krisztina Tóth al simposio "Archivi e biblioteche come ponti", tenutosi nel Palazzo della Cancelleria il 4 ottobre 2022 | Orsolya Niklasz / Ambasciata di Ungheria presso la Santa Sede

Il segnale che l’Ungheria tiene in maniera particolare alla Santa Sede è venuto quando ha nominato un secondo segretario dell’ambasciata in Vaticano con l’incarico di “delegato speciale  per la cooperazione archivistica. Il suo nome è Krisztina Tóth, e un assaggio del suo lavoro lo ha dato coordinando un simposio su “Archivi e biblioteche come ponti” sulle fonti per la cooperazione archivistica tra Ungheria e Santa Sede, che si è tenuto il 4 ottobre 2022. È lei a raccontarci il senso e l’importanza diplomatica del suo lavoro.

Quale è il ruolo che svolge presso l’ambasciata dell’Ungheria presso la Santa Sede?

Sono secondo segretario e "delegata speciale per la cooperazione archivistica". Quest’ultima é un termine piuttosto difficile da descrivere/tradurre in italiano perché si tratta di un nuovo incarico all'ambasciata, non c'era nessun diplomatico in questo ruolo prima d'ora. Ci sono solo quattro delegati speciali per la cooperazione archivistica ungheresi simili nel mondo: a Vienna, Mosca, Istanbul e in Vaticano.

Lo Stato ungherese, inviando una delegata speciale per la cooperazione archivistica in Vaticano come diplomatica, desiderava elevare ad un livello superiore le relazioni con gli archivi vaticani, le istituzioni di conservazione delle fonti e i vari istituti di ricerca storica.

Quando parlo del mio incarico, spesso le persone pensano in un primo momento che il mio compito sia quello di sistemare gli archivi dell'ambasciata, ma questo non è nella mia descrizione del lavoro. Oppure pensano che mi occupi solo ed esclusivamente degli archivi della Santa Sede, ma il mio lavoro è più ampio.

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Di che tipo di lavoro si tratta?

Fondamentalmente, la mia attività professionale copre tre aree principali: fare un elenco del materiale ungherese negli archivi della Santa Sede e, su questa base digitalizzare; assistere i ricercatori ungheresi nel loro lavoro negli archivi della Santa Sede (ad esempio, se vengono a Roma per la prima volta per fare una ricerca e non sanno quali preparativi sono necessari); e, infine, il mio compito più importante: quello di costruire e rafforzare le relazioni tra le istituzioni (archivi, biblioteche, università, comitati storici, etc.) che conservano le fonti primarie della Santa Sede e quelle che si occupano di esse o dello studio della storia, e le loro controparti ungheresi, e di mantenere un dialogo professionale con loro. Ciò può essere fatto coordinando progetti, organizzando conferenze congiunte, tavole rotonde, pubblicando e presentando volumi, ecc.

Che compito ha nel suo ruolo presso l’ambasciata?

Fornisco un contributo professionale ai programmi storici e archivistici dell'Ambasciata, oppure coordino il lavoro professionale con diversi partner. È un po' come fosse un microistituto individuale all'interno dell'Ambasciata d'Ungheria nella Santa Sede, che lavora su un piano di lavoro e bilancio indipendente. Tuttavia, faccio tutto questo come diplomatico dell'Ambasciata d'Ungheria presso la Santa Sede, e sono in unità con essa. Questo si riflette, ad esempio, nel fatto che assisto anche, se necessario, nel lavoro specificamente legato agli affari esteri. Inoltre, c'è un altro aspetto: l'Ambasciata può anche sostenermi efficacemente nel raggiungimento degli obiettivi professionali. Si tratta quindi di una collaborazione reciprocamente vantaggiosa. Con il mio arrivo, ho anche arricchito il portafoglio dell'Ambasciata d'Ungheria presso la Santa Sede, poiché in futuro saranno organizzati più eventi professionali nel campo della storia e degli archivi.

A cosa serviranno questi eventi?

Questi eventi non solo contribuiranno a creare contatti e cooperazione, ma faranno anche conoscere meglio la storia della Chiesa ungherese e la ricerca negli archivi della Santa Sede qui a Roma. Invece di ricerche sporadiche, la mia missione segna l'inizio di relazioni istituzionali con gli archivi, le istituzioni storiche e le università della Santa Sede.

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Su cosa si stanno concentrando ora le sue ricerche?

Oltre ad accettare inviti a presentare relazioni a conferenze e a scrivere articoli, non mi sto concentrando sulla mia ricerca personale, ma sulla rappresentanza degli interessi dei ricercatori ungheresi e sulla compilazione di un elenco per i ricercatori ungheresi per aiutarli ad iniziare la ricerca quando vengono a Roma. Ho iniziato a compilare l'elenco dei documenti ungheresi del XX secolo, poiché i documenti di Pio XII aperti più recente (e quelli di Pio XI aperti nel 2006) sono di interesse pubblico in Ungheria.

Invece le sue ricerche personali?

Le mie ricerche proprie/personali finora si sono concentrate soprattutto sulle relazioni tra l’Ungheria e la Santa Sede nell’età moderna e contemporanea, principalmente nel XX secolo. Mi sono occupata anche di storia della diplomazia, di economia ecclesiastica, di diritto di patronato regio, di storia delle diocesi ungheresi, dei francescani e dei premostratensi - sui primi ho pubblicato un saggio in italiano. Ho anche svolto ricerche sui padri conciliari ungheresi che parteciparono al Concilio Vaticano II.

Lei è stata coordinatore del progetto “Archivi dei padri del Concilio Vaticano II” e ha lavorato molto sulla presenza ungherese al Concilio. Quanto è stata importante la presenza ungherese durante il Concilio, considerando che era anche il tempo della dominazione sovietica?

La partecipazione dei padri conciliari dal Blocco Orientale al Concilio Vaticano II è stato un risultato significativo della diplomazia papale. Un totale di 12 vescovi provenienti da 10 diocesi ungheresi ha potuto partecipare alle quattro sessioni. Solo due nella prima, cinque nella seconda, dieci nella terza e nove nella quarta. Rispetto a un totale di più di 2.500 padri conciliari provenienti da tutto il mondo, questo può sembrare un numero esiguo, ma essi hanno partecipato attivamente con 13 interventi e 6 discorsi. Il loro impatto è dimostrato dal fatto che nel febbraio 1964 le osservazioni scritte di Endre Hamvas, presidente dell’Episcopato Ungherese, sul ruolo delle conferenze episcopali sono state riconosciute dall’Episcopato francese; o, ad esempio, che alcuni elementi delle proposte del vescovo di Szombathely, Sándor Kovács sono apparsi in Lumen Gentium.

Quale è in particolare il contributo dei padri conciliari ungheresi?

I padri conciliari hanno spesso firmato le proposte che essi stessi concordavano. Ad esempio, le osservazioni del vescovo ausiliare di Győr, József Bánk, sullo schema relativo alla formazione del clero sono stati sottoscritti da 33 padri conciliari, di cui 29 erano stranieri (soprattutto brasiliani). Oppure, ad esempio, il parere del vescovo titolare di Olbia Arcangelo Cerqua sull'attività missionaria della Chiesa era firmato da due vescovi ungheresi che non avevano studi redatti indipendenti (oppure: osservazioni mandati alla Segreteria Generale): il vescovo di Hajdúdorog e il vescovo ausiliare di Szombathely. È interessante notare che ho scoperto nell’Archivio del Concilio Vaticano II (si trova nell’AAV) che Endre Hamvas, il presidente dell’Episcopato ungherese, nella sua sintesi della presentazione sull'ecumenismo (inoltrata in iscritto con il testo delle sue osservazioni alla Segreteria Generale), aveva osservato che a causa del pericolo comune dell'ateismo e del materialismo i protestanti e i cattolici si stessero avvicinando. Nel suo discorso del 21 novembre 1963, questo non avrebbe potuto essere affermato così apertamente, ma lo ha scritto nella sua sintesi.

Quale è stata, dunque, la “lezione del Concilio” per i padri conciliari ungheresi?

Nel complesso, il lavoro del Concilio si è basato sul pensiero comune e sul dialogo, e credo che i padri conciliari ungheresi abbiano trovato il loro posto in questo. Inoltre, sono molto interessanti le riflessioni dell'esperto conciliare Sándor Károly Klempa O.Praem. (a quel tempo amministratore apostolico della diocesi di Veszprém) nel suo ricordo della terza sessione, che doveva essere particolarmente importante per il cattolicesimo ungherese, che viveva in una situazione di opportunità limitate a causa del comunismo, e che era chiuso alle esperienze e ai prodotti spirituali occidentali o aveva un accesso limitato ad essi: "Per un arciprete, la prima lezione utile del concilio è stata quella di imparare a pensare in termini ecclesiastici in una prospettiva mondiale".

 

Quale è la storia dei rapporti diplomatici tra Ungheria e Santa Sede?

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Le relazioni tra l'Ungheria e la Santa Sede risalgono a più di mille anni fa. Il nostro primo re, Stefano I (1000-1038), decise di aderire alla Chiesa cattolica e costruì le fondamenta della Chiesa in Ungheria. Nel Medioevo, il Papa inviò legati per questioni importanti, come il conflitto tra i papi riformatori e gli imperatori del Sacro Romano Impero, per conquistare il favore dei sovrani ungheresi e ottenere l'attuazione delle riforme ecclesiastiche in Ungheria, o al fine di risolvere i conflitti dinastici. Poi, anche i re ungheresi inviarono degli agenti a Roma. Al posto degli legati occasionali si affermò il sistema dell'invio di ambasciatori permanenti, come la nunziatura viennese, che si occupò anche degli affari ungheresi a partire dal secondo metà del XVI secolo.

Più tardi, nell'era moderna, quando l'Ungheria fu divisa in tre parti e gran parte di essa fu occupata dall'Impero Ottomano nel 1541, il papato fornì innumerevoli aiuti nella lotta contro i turchi. Dopo 150 anni, ha anche avuto un ruolo nella loro espulsione.

Come sono cambiate le cose nell’Impero Asburgico=

Nell’Impero Absburgico e poi nella Monarchia Austro-ungarica, i sovrani asburgici di solito professavano con convinzione la loro fede cattolica e sostenevano le istituzioni cattoliche. Nel 1920, dopo che l'Ungheria divenne un Paese indipendente in seguito al Trattato di Trianon, un nunzio apostolico giunse in Ungheria e un'ambasciata ungherese iniziò ad operare presso la Santa Sede. Purtroppo, le relazioni ufficiali furono sospese alla fine della Seconda Guerra Mondiale: l'ambasciatore ungherese presso la Santa Sede si rifiutò di obbedire al governo Sztójay già nel 1944 e il nunzio apostolico a Budapest fu espulso dall'Ungheria nel 1945. Seguirono quasi 40 anni di comunismo, con molte sofferenze.

Come furono le relazioni in quel periodo?

Anche allora le relazioni non furono completamente interrotte, ad esempio diversi inviati papali visitarono l'Ungheria nell'ambito dell’Ostpolitik. Tuttavia, le relazioni diplomatiche permanenti sono state ristabilite dopo il cambio di regime nel 1989, quando la Santa Sede ha nuovamente inviato un nunzio in Ungheria e l'Ungheria un ambasciatore presso la Santa Sede.

Quale è stato il rapporto dei Papi con l’Ungheria?

Papa Giovanni Paolo II ha visitato l'Ungheria nel 1991 e nel 1996, il primo per un viaggio pastorale di diversi giorni in sette città, offrendo incoraggiamento, speranza e guida ai cattolici ungheresi dopo quasi mezzo secolo di oppressione, e il secondo per soli due giorni, visitando Pannonhalma (visita privata) e Győr, e celebrando con il clero e i fedeli il 1100° anniversario della conquista ungherese del bacino dei Carpazi e il 1000° anniversario della fondazione dell'Abbazia di Pannonhalma. Due anni fa, Papa Francesco ha celebrato la Messa di chiusura del 52° Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest, indimenticabile per molti fedeli ungheresi, e siamo lieti di accoglierlo nuovamente in Ungheria alla fine di aprile di quest'anno. Per me personalmente è particolarmente caro che il Papa visiti la mia alma mater, l'Università Cattolica Pázmány Péter, e che incontri gli insegnanti e i giovani che portano con sé nella vita adulta non solo le conoscenze professionali ma anche i valori appresi all'università, diventando così lievito vivo della società.

Perché la ricerca di archivio può essere un mezzo diplomatico e in quale modo?

Devo ammettere che la diplomazia e la storiografia o la ricerca archivistica sono un binomio insolito, ma posso dire per esperienza che è una buona combinazione / sono compagni ideali. Il ruolo della diplomazia è, tra le altre cose, quello di costruire relazioni, rappresentare interessi e diffondere la conoscenza del proprio Paese, e la ricerca archivistica è uno strumento eccellente per questo.

Il miglior esempio di ciò è la nostra conferenza accademica dell’anno scorso, che si è svolta il 4 ottobre presso il Palazzo della Cancelleria con il titolo Archivi e biblioteche come ponti. Fonti per la cooperazione archivistica tra la Santa Sede e l'Ungheria. Il titolo è stato scelto volutamente, rispecchiando la costruzione di ponti auspicata da Papa Francesco, solo che in questo caso si trattava di costruire ponti di dialogo professionale, ascoltando con attenzione l'altro. L’invito è stato accolto dai direttori degli archivi della Santa Sede e quelli di Ungheria. Hanno relazionato: Monsignor Sergio Pagano (Archivio Apostolico Vaticano), Johan Ickx (Archivio della Sezione dei Rapporti con gli Stati) e Ugo Taraborrelli (Archivio Storico della Penitenzieria Apostolica), Csaba Szabó (che in qualità di direttore generale del Archivio Nazionale Ungherese poteva parlare a nome di tutti gli archivi ungheresi di Stato), e András Koltai (direttore del Associazione degli Archivisti Ecclesiastici Ungheresi, che poteva parlare a nome di tutti gli archivi ecclesiastici ungheresi). Anche András Németh, che lavora da diversi anni presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, ed io, la delegata speciale per la cooperazione archivistica abbiamo tenuto presentazione.

Di cosa ha parlato in quell’occasione?

Ho parlato del mio ruolo nella costruzione di ponti e del modo di rappresentare interessi, le possibilità e le prospettive di costruire cooperazione accademica. Dalle relazioni il pubblico ha potuto anche apprendere come la nostra storia nazionale e i nostri valori culturali siano legati alla storia e ai valori universali della Chiesa universale. Complessivamente sono state realizzate tramite questo convegno i scopi sopramenzionati della diplomazia.

Cosa spera di mettere in luce con le sue ricerche?

Vorrei incoraggiare i miei connazionali a venire ad esplorare il passato ungherese negli archivi della Santa Sede - e fornirò assistenza professionale per loro. Nel caso dell'Ungheria, le cui relazioni con la Santa Sede risalgono a più di mille anni fa, l'esplorazione degli archivi vaticani è particolarmente importante. Inoltre, vorrei anche incoraggiare i ricercatori degli archivi della Santa Sede, sia ungheresi che di altre nazionalità, così come i responsabili delle istituzioni ungheresi e della Santa Sede (archivi, biblioteche, istituti di ricerca, gruppi di ricerca, università, ecc.) a trovare un terreno comune e a costruire ponti di cooperazione professionale. Come ha detto Papa Francesco: costruite ponti, non muri! Ascoltando attentamente i punti di vista degli altri, unendo le forze, possiamo esplorare e comprendere il nostro passato comune in modo più ampio. Sono convinto che una nazione che conosce il proprio passato ed è disposta ad investire per conoscerlo di più, e un ricercatore/istituzione che è disposto ed aperto alla cooperazione e al dialogo professionale, saranno in grado di costruire meglio il proprio futuro.