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Pompili: "Ad uccidere sono le opere dell'uomo, non il terremoto"

il Vescovo Pompili presiede le esequie delle vittime del sisma ad Amatrice |  | Rai
il Vescovo Pompili presiede le esequie delle vittime del sisma ad Amatrice | | Rai
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il Vescovo Pompili presiede le esequie delle vittime del sisma ad Amatrice | | Rai

28 bare hanno rappresentato i 240 morti di Amatrice nel corso dei solenni funerali tributati alle vittime del terremoto che il 24 agosto scorso ha devastato Amatrice. Il Vescovo di Rieti Domenico Pompili ha letto tutti i nomi dei morti, in uno straziante silenzio e sotto una pioggia fitta e battente.

Al rito hanno preso parte il Presidente della Repubblica Mattarella, il Presidente del Consiglio dei Ministri Renzi, il Presidente del Senato Grasso e la Presidente della Camera dei Deputati Boldrini.
Concelebrano il rito Monsignor Giovanni D'Ercole, Vescovo di Ascoli Piceno, Monsignor Giuseppe Molinari, Arcivescovo Emerito de L'Aquila e Monsignor Konrad Krajewski, Elemosiniere di Sua Santità in rappresentanza - appunto - di Papa Francesco.

"Il terremoto non uccide. Uccidono le opere dell’uomo!" - ha detto Monsignor Pompili, nell’omelia - "Dio non può essere utilizzato come il capro espiatorio. Al contrario, si invita a guardare in quell’unica direzione come possibile salvezza. In realà , la domanda dov’è Dio? non va posta dopo, ma va posta prima e comunque sempre per interpretare la vita e la morte, Va evitato di accontentarsi di risposte patetiche e al limite della superstizione. Come quando si invoca il destino, la sfortuna, la coincidenza impressionante delle circostanze. A dire il vero il terremoto ha altrove la sua genesi! I terremoti esistono da quando esiste la terra e l’uomo non era neppure un agglomerato di cellule. I paesaggi che vediamo e che ci stupiscono per la loro bellezza sono dovuti alla sequenza dei terremoti. Le montagne si sono originate da questi eventi e racchiudono in loro l’elemento essenziale per la vita dell’uomo: l’acqua dolce. Senza terremoti non esisterebbero dunque le montagne e forse neppure l’uomo e le altre forme di vita".

Il prelato guarda al futuro invitando la politica a impegnarsi nella ricostruzione che non deve diventare "una querelle politica o una forma di sciacallaggio di varia natura, ma quel che deve: far rivivere una bellezza di cui siamo custodi. Non basteranno giorni, ci vorranno anni. Sopra a tutto è richiesta una qualià di cui Gesù si fa interprete: la mitezza. Che è una forza distante sia dalla muscolare ingenuità di chi promette tutto all’istante, sia dall’inerzia rassegnata di chi già si volge altrove. La mitezza dice, invece, di un coinvolgimento tenero e tenace, di un abbraccio forte e discreto, di un impegno a breve, medio e lungo periodo".

Il territorio ferito dal sisma - aggiunge Monsignor Pompili - non deve in alcun modo essere abbandonato poichè "disertare questi luoghi sarebbe ucciderli una seconda volta". "Abitiamo - prosegue il Vescovo di Rieti - una terra verde, terra di pastori. Dobbiamo inventarci una forma nuova di presenza che salvaguardi la forza amorevole e tenace del pastore".

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"Come si ricava da un messaggio in forma poetica - ha concluso Pompili - che mi è giunto oltre alle preghiere: Di Geremia, il profeta, rimbomba la voce: Rachele piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata, perchè non sono più. Non ti abbandoneremo uomo dell’Appennino: l’ombra della tua casa tornerà a giocare sulla natia terra. Dell’alba ancor ti stupirai".