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Pontificia Commissione per i minori, finalmente gli Statuti

Statua di San Pietro | Statua di San Pietro in cima alla Basilica di San Pietro, marzo 2015 | Bohumil Petrik / ACI Group Statua di San Pietro | Statua di San Pietro in cima alla Basilica di San Pietro, marzo 2015 | Bohumil Petrik / ACI Group

Sono stati approvati lo scorso 21 aprile, e vengono resi noti oggi, gli Statuti della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori. La commissione, stabilita con un chirografo di Papa Francesco del 22 maggio del 2014, fu il primo risultato concreto delle riunioni del Consiglio dei Cardinali. Ha già cominciato a lavorare, ha integrato i suoi ranghi, ha cercato di avere una rappresentanza territoriale il quanto più possibile marcata. Ora si dota di un profilo legale-istituzionale. Tra le novità, il fatto che ogni gruppo di lavoro interno alla commissione può dotarsi di tre collaboratori, che non diventano parte della commissione. E il fatto che la Commissione ha anche una struttura amministrativa, con “alcuni officiali coordinati dal segretario,” tra cui uno con specifici compiti amministrativi.

Gli Statuti constano di 6 articoli, e sono il frutto di un lavoro portato avanti da mons. Robert W. Oliver, Segretario della commissione, che è arrivato all’incarico dopo che Benedetto XVI lo aveva scelto come Promotore di Giustizia della Congregazione della Dottrina della Fede. Oliver era stato colui che, nell’arcidiocesi di Boston, aveva affrontato lo scandalo degli abusi con piglio e determinazione, e che era stato poi a fianco del Cardinal Sean Patrick O’Malley nel portare a compimento l’operazione di pulizia. Lo stesso cardinale, presidente della Commissione e membro del Consiglio dei Cardinali, ha voluto Mons. Oliver a tempo pieno nella commissione, per portare il “modello Boston,” integrato con quello del Centro per la Protezione dei Minori avviato tra gli altri dalla Pontificia Università Gregoriana dopo il Simposio verso la Guarigione e il Rinnovamento, al centro della vita della Chiesa.

Attualmente, i membri della Commissione sono 17 (tra cui 2 ex vittime), ma possono arrivare sino a 18 secondo gli Statuti. Sono scelti “tra persone di buona e provata fama, nonché di riconosciuta competenza nei diversi settori che interessano l’attività affidata alla commissione.” E quali sia lo scopo della Commissione è spiegato all’articolo 1 par. 2 degli Statuti: “La protezione dei minori è di prioritaria importanza. Scopo della Commissione è proporre iniziative al Romano Pontefice, al fine di promuovere la responsabilità delle Chiese particolari nella protezione di tutti i minori e gli adulti vulnerabili.”

Spiega il Papa nel Chirografo di costituzione che "il Compito specifico della Commissione sarà quello di propormi le iniziative più opportune per la protezione dei minori e degli adulti vulnerabili, sì da realizzare tutto quanto è possibile per assicurare che crimini come quelli accaduti non abbiano più a ripetersi nella Chiesa." 

In pratica, la Commissione ha una funzione “consultiva” (art. 1) e tratta di implementare le linee guida delle diocesi, o fornirne quando non ci sono, in modo da migliorare la cosiddetta “accountability,” un termine inglese che sta a significare l’individuazione delle responsabilità, in casi di abuso. Come organo consultivo, non prende decisioni, ma avanza proposte al Papa. Queste, devono prima essere approvate dalla maggioranza dei due terzi dei membri (art. 1, par. 3). 

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Il presidente della Commissione viene nominato dal Papa, ed è un membro della commissione; il segretario anche è nominato dal Papa, ma non è membro della commissione. Entrambi vengono nominati per un periodo di tre anni, riconfermati. Due volte l’anno, la Commissione si riunisce in assemblea plenaria, mentre una plenaria straordinaria può avere luogo se la richiedono i due terzi dei membri. Viene privilegiata la collegialità. Si scrive (art. 3, par. 2) che “i membri agiscono collegialmente sotto la direzione del presidente,” e viene poi sottolineato che ogni plenaria la maggioranza assoluta dei membri eleggono due di loro che fanno parte del Comitato Agenda, il quale dà l’agenda della successiva assemblea plenaria.”

Anche il metodo di lavoro è collegiale. Ci si divide in gruppi di lavoro, “al fine di esaminare approfonditamente temi specifici e presentare in merito delle proposte all’assemblea plenaria” (art. 5, par. 1). Ma poi il lavoro dei gruppi termina quando le proposte vengono presentate all’assemblea. Si tratta dunque di una composizione fluida dei gruppi. È il presidente che sceglie il moderatore di ogni gruppo, ma “dopo aver sentito il parere dei membri della commissione” (art. 5, par.3) e questo moderatore presenta una lista di almeno tre persone come possibili collaboratori del gruppo, affiancando così i lavori della commissione a una consulenza esterna. Infatti, i collaboratori “non sono membri della Commissione, svolgono il compito loro affidato senza divenire membri della Commissione o acquisire alcun diritto o funzione all’interno di essa” Art. 5, par.5) .

Il segretario viene aiutato da alcuni “officiali,” di cui uno destinato alla “particolare responsabilità nell’amministrazione dei beni materiali, nella redazione del bilancio preventivo e consuntivo, e nella contabilità finanziaria della Commissione” (art. 4, par. 3).

Lingue ufficiali della Commissione sono italiano, spagnolo e inglese. Gli Statuti sono approvati, come di consueto, ad experimentum per tre anni. Poi si deciderà se il metodo ha funzionato, o se gli Statuti necessitano una messa a punto.