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Portogallo, verso un nuovo organismo per il monitoraggio degli abusi?

Lo scorso 13 febbraio, pubblicati i dati di una inchiesta sugli abusi da parte di persone della Chiesa. Il suggerimento di un organismo per tenere il monitoraggio

Presentazione sul rapporto sugli abusi in Portogallo | La presentazione del rapporto sugli abusi in Portogallo il 13 febbraio 2023 | Twitter @HansZollner Presentazione sul rapporto sugli abusi in Portogallo | La presentazione del rapporto sugli abusi in Portogallo il 13 febbraio 2023 | Twitter @HansZollner

Da 512 vittime identificate e verificate a un numero potenziale di 4300 vittime. Sono le cifre a cui arriva una Commissione Indipendente stabilita per lo studio degli abusi sessuali sui minori della Chiesa in Portogallo, i cui risultati sono stati resi noti lo scorso 13 febbraio.

I lavori della commissione, composta da una maggioranza di membri esterni e membri interni, sono cominciati nel 2022. Il suo compito era quello di ricevere dati, convalidarli e trasmetterli, a seconda dei casi, al Pubblico Ministero o al giudizio della Chiesa stessa secondo le norme del diritto canonico.

Il rapporto sottolinea che l’abuso esiste ancora nel presente, afferma che ci sono 512 vittime dirette, le cui testimonianze sono state convalidate, ma si può arrivare ad almeno 4300, e denuncia che alcuni abusatori restano ancora nell’attività ecclesiastica.

Gli abusi – si legge nel rapporto – erano in alcuni contesti “di natura sistemica, cioè erano ancorati nella struttura di funzionamento di alcune istituzioni della Chiesa stessa. Un atteggiamento clericale, l'ignoranza o la sottovalutazione dei diritti dei bambini, la chiusura agli occhi esterni, tutto ha dettato la perpetuazione degli abusi e rafforzato il silenzio delle vittime”.

"Non è possibile quantificare il numero totale di reati – ha detto il neuropsichiatra Pedro Strecht, coordinaore della commissione - dato che alcune vittime sono state abusate più volte. L'età media attuale delle vittime è di 52 anni, e il 20,2% ha meno di 40 anni. Le testimonianze provengono da residenti in Portogallo e da emigrati, con una preponderanza di vittime di sesso maschile (52%). Registrati casi in tutti i distretti, in particolare in quelli di Lisbona, Porto, Braga, Santarém e Leiria”

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Strecht ha parlato di "vere e proprie zone nere", con particolare impatto sui decenni dal 1960 al 1990.

Quasi il 25% delle testimonianze riguarda casi avvenuti dal 1991 a oggi, e circa metà delle persone ha confidato la propria condizione per la prima volta.

I casi segnalati si sono verificati soprattutto in "seminari, collegi e istituzioni di accoglienza, confessionali, sacrestie e case dei sacerdoti", compresi, più recentemente, campi e attività all'aperto. Il numero totale degli abusatori non è stato reso noto, ma la Commissione ha rivelato che non si tratta di un numero elevato e che il 96% sono maschi e il 77% erano preti al momento degli atti.

Dominante l'abuso "continuato" (nel 27% dei casi è durato più di un anno l'abuso), a partire, in media, da un'età della vittima di 11 anni. Le vittime - il 25,8% si ritiene cattolico praticante - raccontano di essersi allontanate dalla Chiesa come istituzione e dalla pratica religiosa, aspettandosi delle "scuse". Sette i casi accertati di suicidio tra le vittime.

Non c’è un numero preciso, ma solo stime, perché a volte le vittime non sono identificate. Di certo, il rapporto commissionato dalla Conferenza Episcopale Portoghese sembra equilibrato anche nel definire la sistematicità delle cause, considerando invece il balletto di numeri portati avanti da altri rapporti.

Il prossimo 3 marzo, la Conferenza Episcopale Portoghese terrà una assemblea plenaria straordinaria per analizzare il rapporto. E chissà se accoglierà il suggerimento di stabilire un nuovo organismo per il monitoraggio dei casi di abuso.

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