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Quando Giovanni Paolo II in Bulgaria parlava dell'ecumenismo del martirio

Giovanni Paolo II nella messa di beatificazione di  Padri Kamen Vitchev, Pavel Djidjov e Josaphat Chichkov  |  | Osservatore Romano Giovanni Paolo II nella messa di beatificazione di Padri Kamen Vitchev, Pavel Djidjov e Josaphat Chichkov | | Osservatore Romano

Quando Giovanni Paolo II arriva in Bulgaria è il 2002. Al suo arrivo a  Sofia  volle dedicare un omaggio speciale ai due santi Cirillo e Metodio. Nella piazza della Cattedrale si trova un monumento ai due apostoli  particolarmente significativo e il Papa depose dei fiori ai suoi piedi. Un cambio di cortesie perché ogni anno il 24 maggio, giorno della memoria liturgica dei due santi, una delegazione bulgara e macedone depone dei fiori sulla tomba di Cirillo custodita nella Basilica di San Clemente. 

A Velinko Tarnovo, cuore antico e città universitaria della Bulgaria, nella Chiesa dei Santi Quaranta Martiri è conservata una colonna sulla quale il Chan protobulgaro Omurtag ha scritto: "L'uomo, anche se vive bene, muore, e un altro nasce. Colui che nascerà più tardi, quando vedrà questa scritta, si ricordi di chi l'ha composta". Nel 2002 quando Giovanni Paolo II visitò la Bulgaria nei giorni della festa dei Santi Cirillo e Metodio andò a ricordare la necessità dell’unione dei cristiani e la forza dell’esempio della fede. Quasi 20 anni dopo la Bulgaria sembra ancora lontana dall’aver recuperato a livello popolare le forza della fede.

Eppure i martiri sono stati la forza della fede in Bulgaria come ricordava proprio Giovanni Paolo II al suo arrivo nel paese il 24 maggio, giorno della festa nazionale legata ai due grandi apostoli Cirillo e Metodio.

“La Bulgaria- disse allora il Papa polacco- ha accolto il Vangelo grazie alla predicazione dei Santi Cirillo e Metodio, e quel seme deposto in terra fertile ha prodotto nell'arco dei secoli copiosi frutti di testimonianza cristiana e di santità. Anche durante il lungo e rigido inverno del sistema totalitario, che ha segnato nella sofferenza il vostro, insieme a tanti altri Paesi d'Europa, la fedeltà al Vangelo non è venuta meno, e numerosi figli di questo popolo hanno vissuto eroicamente l'adesione a Cristo, giungendo in non pochi casi fino al sacrificio della propria vita.

Voglio qui rendere omaggio a questi coraggiosi testimoni della fede, appartenenti alle diverse Confessioni cristiane. Il loro sacrificio non sia vano, ma serva di esempio e renda fecondo l'impegno ecumenico in vista della piena unità dei cristiani. Guardino ad essi anche quanti lavorano per l'edificazione di una società basata sulla verità, sulla giustizia e sulla libertà!”

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Giovanni Paolo II inizia proprio dal cuore di Sofia, la Cattedrale Patriarcale di Sant'Alexander Nevski, ma la preghiera per i martiri è a Plovdiv dove il Papa proclama beati tre sacerdoti assunzionisti, martiri, delle Diocesi cattoliche della Bulgaria, fucilati negli anni del terrore del regime ateo di Stato. 

“Pensando ai tre nuovi Beati- disse il Papa nella omelia- sento il dovere di rendere omaggio alla memoria degli altri confessori della fede, figli della Chiesa Ortodossa, che sotto il medesimo regime comunista hanno subito il martirio. Questo tributo di fedeltà a Cristo ha accomunato le due comunità ecclesiali in Bulgaria fino alla testimonianza suprema. "Ciò non potrà non avere anche un respiro ed una eloquenza ecumenica. L'ecumenismo dei santi, dei martiri, è forse il più convincente. La communio sanctorum parla con voce più alta dei fattori di divisione" (Tertio millennio adveniente, 37).

Come potrebbe infatti non essere già perfetta la comunione che si realizza "in ciò che tutti noi consideriamo l'apice della vita di grazia, la martyria fino alla morte"? (Ut unum sint, 84). Non è forse questa "la comunione più vera che ci sia con Cristo che effonde il suo sangue e, in questo sacrificio, fa diventare vicini coloro che un tempo erano lontani (cfr Ef 2, 13)" (ibid.)?

Ecumenismo del sangue come direbbe oggi Papa Francesco.

E torna alla mente quello che disse Giovanni Paolo II nel Palazzo della Cultura a Sofia. Accanto all’ Europa della cultura, del lavoro “vi è purtroppo un'Europa dei regimi dittatoriali e delle guerre, un'Europa del sangue, delle lacrime e delle crudeltà più spaventose.” per questo forse cresce lo scetticismo e “l'indifferenza davanti allo sfaldarsi di fondamentali capisaldi morali del vivere personale e sociale. Occorre reagire. Nel preoccupante contesto contemporaneo è urgente affermare che, per ritrovare la propria identità profonda, l'Europa non può non fare ritorno alle sue radici cristiane.”

L’ultimo incontro del viaggio il Papa lo riservò ai giovani. E spigò perché parlando a braccio in polacco: “Perché l’incontro con i più giovani bulgari si svolge alla fine? Perché penso che i giovani orientano lo sguardo il più lontano nel futuro”.

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