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Rio Sole, un viaggio a San Rafael dove il Papa è andato a visitare i moribondi

Il Papa visita San Rafael accolto da padre Aldo Trento |  | @osservatore romano
Il Papa visita San Rafael accolto da padre Aldo Trento | | @osservatore romano
Il Papa a San Rafael |  | @osservatore romano
Il Papa a San Rafael | | @osservatore romano
Il Papa visita San Rafael accolto da padre Aldo Trento |  | San Rafael
Il Papa visita San Rafael accolto da padre Aldo Trento | | San Rafael
Il Papa a San Rafael |  | @osservatore romano
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La copertina del libro Rio Sole |  | Edizioni Ares
La copertina del libro Rio Sole | | Edizioni Ares

La visita in effetti era attesa, ma nessuno era certo che si riuscisse a realizzare. Così quando Papa Francesco ha fatto sapere un paio di ore prima di arrivare che sarebbe stato all’Istituto San Rafael ad Asunción, in Paraguay la gioia è stata incontenibile. Soprattutto per padre Aldo Trento, missionario della Fraternità di San Carlo che vive in Paraguay da 23 anni e che lo ha voluto come rifugio accogliente e sicuro per le persone più povere, abbandonate e sole della popolazione. Un ospedale per malati terminali, una scuola per trecento ragazzi, una casa di accoglienza per ragazze madri e una per gli anziani .“Grazie” ha detto il Papa a padre Aldo “grazie per ciò che state facendo qui. Andate avanti così!”

Padre Aldo fa parte della grande famiglia di don Luigi Giussani, è un missionario che ha saputo recuperare le “reducciónes” e applicarle all’oggi. Ed è tutto raccontato in un libro: “Rio sole. Cronache di «santi» dal Paraguay” (Edizioni Ares).

la forza di questo racconto e di questa esperienza sta nel fatto che questo indomito missionario – che chi conosce da vicino non esita ad associare per carità e dedizione alla figura dolcissima e generosa di Madre Teresa – facendosi carico ogni giorno degli ultimi delle favelas di Asunción, con particolare attenzione ai malati terminali, guarda ogni giorno la morte in faccia, ma sempre con la speranza che genera l’amore di chi svolge questo tipo di servizio.

Raccontando della morte in presa diretta, svelandone il lato naturale e umano, si fa qui «cultura della vita», con ragionamenti essenziali, ma efficaci, e puntuali rimandi alle riflessioni filosofiche e ai fondamenti della fede, con grande ricchezza di esempi evangelici.

E il lettore, pagina dopo pagina, assisterà a un continuo miracolo, che non sta nella guarigione fisica dei malati assistiti nella Clinica della Provvidenza, ma nella Pace con cui queste persone, anche quelle che per tutta la vita sono state lontane da Dio e dai Sacramenti, affrontano il passaggio alla vita ultraterrena, veramente nell’abbraccio e nella certezza di Gesù Risorto.

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 Il vero parroco della parrocchia di San Rafael e il direttore della Clinica per malati terminali è, infatti, Lui, Cristo, il RIO SOLE, la luce divina che splende su questa terra ancestrale e benedetta dove il popolo guaraní aveva trovato la sua tierra sin mal nelle reducciones fondate dai padri gesuiti (note al grande pubblico per il film Mission, on Robert De Niro). Oggi quel popolo vive in condizioni di schiavitù morale e fisica, ma ha trovato nell’opera di padre Aldo una nuova esperienza di vita comunitaria e cristiana sull’esempio di quegli antichi e splendenti insediamenti dei gesuiti. E il sole che splende sul Chaco, un tempo il loro territorio di caccia, si trasforma nell’Altro Sole, l’ostia dell’Eucaristia che splende nell’ostensorio con cui padre Aldo benedice tre volte al giorno i suoi malati. Le cure mediche ad alto livello, le attenzioni umane, l’ordine e la pulizia fanno il resto; così la Clinica per malati terminali si trasforma per tanti nell’anticamera del Paradiso, mentre nel cortile gli oltre 300 bambini salvati dalla strada giocano, studiano, imparano un lavoro che darà speranza al loro futuro.

 A proposito del titolo scelto per il volume così annota il curatore – il giornalista Alfredo Tradigo – nella sua Prefazione: “Nelle favelas padre Aldo è di casa e viene spesso a visitare i suoi “santi”, a tenere d’occhio quei bambini abbandonati che prima o poi adotterà, strappandoli alla miseria. Da questi luoghi nascono le storie “estreme” raccontate in questo libro, storie di speranza che si riaccende come la luce di un accendino nel nero baratro dell'abbandono e della disperazione. E come tanti ex-voto le storie si allineano e fioriscono in queste pagine: dietro ciascuna volti, teneri germogli, fiori raccolti prima di appassire, corpi lavati, curati e resi belli. Volti che ormai fanno parte della vita di padre Aldo, sono la sua casa, la sua famiglia. Un famiglia di santi dove “santo” appunto significa “salvato”. Uomini e donne e bambini che nella Clinica Divina Provvidenza hanno scoperto l’anticamera del Paradiso. Per questo sono “santi”. Perché il santo non è chi è senza peccato, ma chi, riconoscendo il proprio peccato, si lascia salvare da un Altro”.

 A curare il libro con padre Aldo, Alfredo Tradigo, giornalista, già caporedattore di Famiglia cristiana, che si occupa di arte, cultura e volontariato e Nino Leto  uno dei più affermati fotoreporter italiani. Ha lavorato nello staff di Epoca e poi come inviato speciale di Famiglia cristiana documentando le tragedie degli ultimi anni, dall’Iran alla ex Jugoslavia, dal Ruanda all’Irak e all’Afghanistan.  Sono sue le foto che rendono il libro una vera avventura da vivere. 

Sfogliando qualche pagina sembra di essere proprio lì, ad Asunción. Vicino a Celeste la bimba distrutta dalla leucemia, si mette a gridare durante la Messa : “Arrivato alla consacrazione, mentre pronunciavo le parole di Gesù «Fate questo in memoria di me», Celeste scoppiò in un grido fortissimo e lacerante che pervase tutta la clinica. Il medico di turno e le infermiere accorsero, l’ennesima dose di morfina... Ma le urla continuavano. Ecco, mi sentivo come la Madonna ai piedi della croce, con Gesù che, come dice il Vangelo, «emesso un forte grido, spirò». Quel «grido» di Gesù lo vedevo in quel calice che alzavo e in quell’urlo pieno di dolore di Celeste. In quel momento era un’unica scena, quella del Calvario, quella di Celeste, quella della Messa. Questo è il «centuplo quaggiù» di cui parla il Vangelo, perché il centuplo è l’uomo che grida, che riconosce, cosciente o no, il Mistero. Dico cosciente o no perché anche i miei piccoli figli ammalati non ne hanno coscienza, ma appartengono al corpo mistico di Dio, Cristo.”

In un ospedale dove la gente va a morire la tentazione più forte è quella della “morte dignitosa” dell’eutanasia. Ma, scrive don Aldo “l’eutanasia, così com’è intesa oggi, non è morire con dignità ma nella prometeica e disperata situazione di chi, non riconoscendo Dio come unico creatore e autore della vita pretende di essere, come Lucifero, quel che nessun uomo potrà mai essere: il giudice ultimo della propria esistenza. La dignità della morte, il morire con dignità coincide con l’ultimo sì, da parte della libertà umana, che riafferma il sì dell’inizio della vita: «Sono qui, Signore, per fare la Tua volontà». In questa consegna a Lui sta tutta la dignità di chi vive e di chi muore. Ringrazio tutti coloro che ci accompagnano in questo cammino, augurandomi che siano sempre più coscienti della grazia che abbiamo: preparare dei santi che dal cielo proteggano questa nostra terra.”

E se qualcuno chiede al missionario: “Padre Aldo, da dove si parte per attuare una riforma sanitaria seria? Lui ti risponde:  È il Papa a ripetercelo: «Nessuno potrà curare in modo adeguato un ammalato se non gli si permette di incontrare l’amore di Dio».”

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