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Stasera da Papa Francesco, 60 mila ministranti "costruttori di ponti”

Papa Francesco e i ministranti | Papa Francesco durante l'incontro con i ministranti del 2015  | Bohumil Petrik / ACI Group Papa Francesco e i ministranti | Papa Francesco durante l'incontro con i ministranti del 2015 | Bohumil Petrik / ACI Group

“Costruiamo ponti intorno alle nostre differenze, e le portiamo nel’armonia della coesistenza cristiana”. Il vescovo Ladislav Nemet, di Zrenjanin (Serbia) spiega così il movimento dei ministranti di cui lui è presidente. Sono arrivati a Roma ieri sera, e in 60 mila ci saranno stasera, in piazza San Pietro, per incontrare Papa Francesco.

Si tratta di un appuntamento ormai tradizionale, nato ai tempi di Benedetto XVI, e non senza un motivo: il movimento dei ministranti è forte soprattutto in Germania, dove quelli che un tempo venivano chiamati “chierichetti” si formano e vivono la loro vita cristiana, come parte di un percorso che non di rado li porta ad avere incarichi di responsabilità nelle loro parrocchie.

Non si tratta di uno dei tanti movimenti ecclesiali nato dopo il Concilio Vaticano II. I ministranti sono legati alle parrocchie, e vivono al loro servizio. “I ministranti sono coloro che si avvicinano alla liturgia, e che attraverso la liturgia imparano a conoscere Cristo”, sottolinea il vescovo Stefan Olster di Passau, presidente dela Commissione per il Ministero Giovanile della Conferenza Episcopale Tedesca.

Se è stata la Germania il luogo dove la formazione dei ministranti si è più sviluppata, ormai il Coetus Internationalis Ministrantium (CIM, il nome ufficiale dell’Associazione Internazionale Ministranti) è ormai una realtà sviluppata in tutto il mondo. I 60 mila partecipanti di quest’anno provengono da 19 nazioni diverse, e per la prima volta c’è una piccolissima delegazione dagli Stati Uniti, mentre altrettanto piccola è la delegazione italiana, rappresentata dalla parrocchia di Genazzano.

“Diciamo 19 nazionalità – sottolinea il vescovo Nemet – ma in realtà ci sono anche più nazionalità. Basti pensare che gli Stati Uniti sono rappresentati da una parrocchia vietnamita”.

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Ma non solo. Il vescovo Nemet sottolinea che “parlare di nazionalità è una scelta coraggiosa, una conseguenza del fatto che noi cristiani, e tra questi i cattolici, possiamo stare insieme e dare una testimonianza della nostra comunità vissuta nella Chiesa e fuori”, specialmente in un tempo in cui i confini “anche in Europa, vengono chiusi”.

Un tema ben rappresentato dal motto del pellegrinaggio di quest’anno, “Cerca la pace e conseguila!

Sarà un pellegrinaggio colorato, perché ogni nazionalità sarà caratterizzata da una bandana di un colore particolare, e a Papa Francesco sarà consegnata l’unica bandana bianca.

“Sono certo - afferma il vescovo Olster – che il carattere internazionale di questo pellegrinaggio sarà un importante segno di comprensione tra i giovani cristiani in tutto il mondo. Spero che molti di loro siano come lievito per la pace e la comprensione contro la divisione e la xenofobia nelle loro nazioni e nei posti dove riesiedono”.

Il CIM fu fondato nel 1960, e da allora – ha spiegato Klara Csizar, vicepresidente del CIM – ha “rafforzato il ruolo dei ministranti in Europa in molti modi con l’obiettivo di svilupparlo in modo da aiutare a sostenere il potere dell’amore di Dio in grado di cambiare il mondo”.

Molte le attività di questi giorni. I pellegrini a Roma potranno visitare e pregare in chiese aperte appositamente per loro, in alcuni casi legate al loro paese di origine, mentre alle 6 del pomeriggio dell’1 agosto tre gruppi di pellegrini riuniti casualmente si incontreranno in 300 diversi posti a Roma per spettacoli, preghiere di benedizione e scambio.

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