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Tra le violenze del mondo, anche quella dei mass media. Lo spiega il vescovo Toso

Vescovo Mario Toso | Il vescovo Toso apre un incontro di Dottrina Sociale  | Dottrinasociale.it Vescovo Mario Toso | Il vescovo Toso apre un incontro di Dottrina Sociale | Dottrinasociale.it

Il messaggio della Giornata Mondiale della Pace 2017 è dedicato alla “Non Violenza: stile di una nuova politica per la pace”. E di questo messaggio fa un ampio commento il vescovo Mario Toso di Faenza-Modigliana, già segretario del Pontifico Consiglio Giustizia e Pace, in un agile volume uscito per i tipi della Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa. Un commento che ha il pregio, prima di tutto, di elencare quali sono le attitudini violente di oggi, facendo una disamina che va ben oltre quello che ci si potrebbe aspettare.

Perché il vescovo Toso non parla solo della violenza della guerra e del terrorismo. Tocca il tema della violenza culturale, di quella ecologica, e persino di quella dei mass media, estendendo il campo fino a comprendere tutti quei piccoli (ma non troppo) esercizi di violenza che impongono un pensiero, un modo di vivere, un modo di agire. La necessità di pace, in fondo, parte dal basso.

Il vescovo Toso spiega che “l’azione non violenta si distingue dall’azione politica e sociale”, perché questa “cerca di affrontare e risolvere le cause di conflitto prima che degenerino in violenza”, utilizzando “l’azione diplomatica, che negozia compromessi accettabili per evitare scontri violenti o per mettervi termine”, e poi la mediazione, l’azione umanitaria.

Ma in fondo, la non violenza può essere uno stile che si può associare alle azioni politiche. Si tratta di un et et, non di un aut aut.

Tra le forme di violenza, il vescovo Toso dedica un ampio paragrafo alla violenza dei mass media. “La comunicazione di massa – denuncia – è divenuta arbitro dello status sociale delle persone e che ha modificato la struttura familiare riducendone il ruolo tradizionale dell'autorità”. Non solo. “I mass media – prosegue il vescovo - possono manipolare e indottrinare, anche occultamente, il pubblico, compromettendone la libertà di giudizio e l'autonomia decisionale”.

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E così, “i mass media contribuiscono ad aumentare la violenza, sono violenti in proporzione alla cattiva comunicazione”, e l’unico antidoto è “un grande progetto culturale, sociale, tecnologico e industrial, supportato da adeguate misure legislative”.

Anche perché “la risposta naturale di fronte alla violenza sarebbe di difendersene. A colui il quale la violenza è comunicata, anzi inflitta, la possibilità di tale risposta è tolta. In tal modo, i media favoriscono l'accumularsi di frustrazioni e di aggressività, più o meno latenti, diventando, a questo titolo, generatori di violenza”. Il tutto aggravato dal fatto che “i mass-media difficilmente rappresentano la realtà tale e quale ma ne comunicano alcuni dettagli, ingrandendoli, e anche dal fatto che essi sono gestiti da una cerchia ristretta di persone, che restano più o meno anonime e la cui influenza non ha alcuna proporzione con la loro competenza e le loro responsabilità reali”.

Il tema meriterebbe ulteriori approfondimenti. Il vescovo Toso lo include nella questione delle violenze culturali, servite dai mass media “allorché siano impiegati a servizio della manipolazione e del dominio sull’opinione pubblica, dall’organizzazione tecnocratica del lavoro che ne stravolge il senso umano e sociale, provocando disoccupazione di massa senza la creazione di nuove aree di operosità”.

E queste violenze culturali sono rappresentate “dalle innumerevoli seduzioni della videocrazia che colonizza le coscienze e gli ethos dei popoli, di alcune applicazioni dell'informatica, che consente forme di persuasione occulta e di violazione della privacy; quali le violenze del sapere, della scienza e della tecnica, allorché vengono collocate al di sopra della realtà stessa, divenendo degli assoluti. Per alcuni tra le violenze culturali è da porre la forma della violenza simbolica, che viene diffusa attraverso segni e sistemi di segni e si manifesta nel razzismo, nella xenofobia, nell’etnocentrismo e nel fondamentalismo religioso”.

Il problema, chiosa il vescovo Toso, è che la violenza ormai è diventata sempre più globale, totale e radicale, anche a causa della crescente interdipendenza dei popoli.

È una violenza che ha molti volti. Quella culturale ne è solo un aspetto. Il vescovo Toso non manca di delineare le minacce del terrorismo, la violenza della tecnoscienza, persino la violenza data dal mancato rispetto della natura.

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L’approccio non violento, in fondo, rappresenta un antidoto alla violenza. Ma serve anche, e soprattutto, e costruire un nuovo modello culturale non violento, dove la cultura sia veramente libera dall’ideologia, e dove l’essere umano, più che a dominare, pensi a creare una comunità di persone orientate verso il bene comune.