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Una Consulta “rosa” in Vaticano per leggere al femminile eventi storici e religiosi

Consulta femminile con il Cardinale Ravasi |  | VG; ACI STAMPA
Consulta femminile con il Cardinale Ravasi | | VG; ACI STAMPA
Consulta femminile con Cardinale Ravasi |  | VG; ACI STAMPA
Consulta femminile con Cardinale Ravasi | | VG; ACI STAMPA

E’ nella primavera del 2014 che il Pontificio Consiglio sceglie di dedicare l’Assemblea plenaria al tema “ Le culture femminili” e chiede ad alcune donne di accompagnarne i lavori preparatori. L’assemblea si svolge nel 2015 e ottiene un notevole successo. Fu così che il Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura decise di attribuire un carattere di permanenza alla presenza femminile. Nasce così nel 2015 la Consulta femminile del Pontificio Consiglio della Cultura. Tutt’ora sono membri della Consulta 37 donne attive nel mondo delle professioni, del giornalismo, del terzo settore e della Chiesa; sono ambasciatori, imprenditrici, suore, sportive, attrici, medici, accademiche, dirigenti dello Stato. E oggi si sono presentate tutte e 37 in Sala Stampa Vaticana, per presentare i loro lavori e i loro progetti.

La Consulta si riunisce formalmente tre volte l’anno e interviene con proposte sulle molteplici attività del Dicastero: l’intelligenza artificiale, le neuroscienze, lo sport, l’antropologia umana. “La Consulta – riporta un comunicato ufficiale del Pontificio Consiglio - non si riunisce per parlare di donne; porta, piuttosto, in un mondo maschile un singolare squarcio sulla società contemporanea, stimolando la riflessione degli uomini su temi universali”.

Il Cardinale Ravasi, interrotti gli esercizi spirituali per qualche ora, in Sala Stampa Vaticana presenta l’evento: “ Nell’interno del mio dicastero io non avevo nessuna donna, soprattutto in ambito dirigenziale, c’erano donne solo nel settore amministrativo e di segreteria. E mancava l’immagine di Dio. Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio li creò , maschio e femmina. Dunque l’immagine di Dio è maschio e femmina. Quindi era necessario che ci fosse anche una presenza femminile”.

Un numero speciale di Culture e fede esce in occasione dell’8 marzo 2017. “Esiste un tempo delle donne, uno sguardo femminile sulla realtà, una relazione speciale che si stabilisce tra persone umane: ad esempio tra donna e uomo, tra madre e figli”. Sono queste le idee di fondo che hanno portato alla nascita di una Consulta femminile dentro il Pontificio Consiglio della Cultura, come si legge nel comunicato ufficiale di presentazione del numero 2017. Perché dalle donne oggi si irradiano nuove energie, potere ed entusiasmo.

E’ importante ricalcare un aspetto, una sfumatura per “decifrare bene” gli obiettivi della Consulta: “La differenza femminile – dice il comunicato - non fornisce per la Consulta l’avvio di una discussione ideologica. Non parliamo a nome della donna, ma alimentiamo una discussione propositiva sull’evoluzione dei ruoli, tema sul quale le donne sono protagoniste da più di un secolo, mentre gli uomini sembrano averlo vissuto in modo passivo. Sosteniamo che l’impegno delle donne nell’ampliare i confini della propria libertà richieda un patto nuovo con gli uomini, irrigato dall’amore e dall’amicizia sia nella sfera pubblica, sia all’interno delle relazioni familiari a nutrimento della relazione materna e paterna”.

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Per celebrare l’8 marzo, sono stati scelti 4 temi in particolare. Andare incontro ai giovani, al loro peculiare linguaggio, alla loro esperienza, forza e fragilità. Superare le disparità di accesso al lavoro e di remunerazione, che ancora esistono persino nei paesi dove le ragazze hanno tassi di istruzione più elevati dei maschi. Sostenere la presenza positiva delle donne nelle religioni. Gettare un ponte verso le culture maschili.

Continua il Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura commentando l’iniziativa: “ La relazione di coppia è generativa ed è radice di amore, la definizione migliore di Dio. Finalmente abbiamo un’immagine di Dio nel dicastero. Perché ho voluto questa presenza femminile? Io non l’ho voluta sull’onda di discriminazioni o come elemento cosmetico, come un belvedere, neppure per concedere qualcosa “alla quota rosa”. Io l’ho voluta perché ci fosse su tutte le attività del Dicastero, uno sguardo femminile. Questo sguardo fornisce delle indicazioni che noi non avevamo nemmeno sospettato”.