Spesso le questioni velate si annidano nel linguaggio. E nei finanziamenti, soprattutto se massicci. E quella che sta per passare alle Nazioni Unite, da quanto dichiara una congressista al gruppo Aci, è una linea abortista su vasta scala mondiale che rischia di zittire sia le realtà che si oppongono al fenomeno.

A settembre all’Onu si voterà per i cosiddetti Obiettivi di sviluppo sostenibile, da adottare a partire dal 2016.
Tutto parte dal linguaggio. Secondo il rappresentante del New Jersey al Congresso americano, Chris Smith, co presidente del Pro-life Caucus, la risoluzione spiana la strada verso il “libero accesso all’aborto”.  

Perché tra gli obiettivi globali da perseguire entro il 2030 – oltre alla lotta alla povertà e alla fame, lo sviluppo di energia sostenibile e l’istruzione universale -, c’è quello di “garantire l’accesso universale ai servizi di assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva”, oltre a “garantire l’accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e i diritti riproduttivi, come concordato in conformità con il Programma di azione della Conferenza sulla popolazione e lo sviluppo e la piattaforma d’azione di Pechino e dei documenti finali delle loro conferenze  di revisione”.

Questioni interpretate in senso abortista. Che non solo rischiano di diventare l’obiettivo di molte agenzie dell’Onu, ma apriranno la strada verso la liberalizzazione dell’aborto anche nei paesi da sempre pro-life, che con la nuova agenda dovranno equipararsi agli obiettivi delle Nazioni Unite.

Ma poi il linguaggio si trasforma in concretezza e quindi in soldi. Secondo Smith gli obiettivi dell’Agenda avranno a disposizione finanziamenti per circa 5-7mila miliardi di dollari. Che vuol dire che anche l’aborto e la contraccezione faranno parte “di quello che hai bisogno se vuoi una crescita economica”, spiega il co-presidente.

La sostanza vera sarà evidente quando i Paesi poveri chiederanno l’accesso ai finanziamenti, rischiando di perderli senza adeguate politiche che favoriscono l’aborto. Nel documento “Il futuro che vogliamo”, successivo alla conferenza di Rio De Janeiro del 2012, non si parlava di “salute e diritti riproduttivi e sessuali”, ha osservato Smith, secondo cui la Federazione internazionale della pianificazione familiare ha spinto verso questo nuovo “cambio di rotta”.

Per l’International Planned Parenthood Federation, l’aborto è parte dei diritti riproduttivi menzionati. Nel suo manifesto Vision 2020 “salute e diritti sessuali e riproduttivi – un’agenda cruciale per il post-2015 framework”, la federazione afferma che “alcuni aspetti dell’agenda dei diritti e della salute sessuale e riproduttiva  hanno risorse inadeguate e dolorosamente trascurate, compreso l’accesso all’aborto sicuro e legale, l’accesso da parte degli adolescenti e l’accesso per i più poveri e i gruppi più emarginati”.

Inoltre, l’Organizzazione mondiale della Sanità ha già raccomandato l’aborto nei sistemi sanitari dei Paesi. “Per la piena portata della legge – dice l’Oms -, i servizi di aborto sicuro dovrebbero essere prontamente disponibili e accessibili a tutte le donne”.
 
Secondo Smith, questa è la prova che l'OMS vuole "integrare" l'aborto nella normale assistenza sanitaria in tutto il mondo, “con un conseguente aumento dei fenomeni abortivi nei prossimi 15 anni”.