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Voci del silenzio Santi e mistici hanno descritto il silenzio

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Il silenzio, fermo; un non suono nel quale vibra soltanto il battito sommesso del cuore. Il silenzio è statico perché immobile, eppure è in movimento perché muove e commuove l’animo, chiamandolo alla preghiera. Il Cristo che prima era sulla Croce ora è deposto nel sepolcro: è il Sabato Santo, il giorno in cui la Chiesa si ferma e si interroga su quell’Uomo crocifisso; attorno, solo il silenzio dell’attesa nella certezza della Risurrezione. Il silenzio è sinonimo di preghiera, di raccoglimento, di interiorità. E dove vive l’interiorità, lì vive Dio. Lo scrive bene uno dei teologi più importanti del Novecento, Romano Guardini: “Qui è il luogo per Dio. Quando mi rendo quieto: io sono qui; pienamente presente  - allora si affaccia spontaneo il pensiero: è qui Dio; il Dio vivente”. Inoltre, uno dei testi più importanti della letteratura cristiana, il più diffuso al mondo dopo il Vangelo, L’imitazione di Cristo, redatto da un anonimo scrittore del Medio Evo, dava questo suggerimento: “Procurati un luogo appartato, ama di stare solo con te stesso, non andar cercando di chiacchierare con nessuno; effondi, invece, la tua devota preghiera a Dio per conservare compunzione d’animo e purezza di coscienza”.

Da sempre, dunque, il tema del silenzio è stato al centro di molti scritti di santi e di mistici, di pontefici, di grandi teologi e di asceti, a cominciare da quegli uomini che sono stati definiti i Padri del deserto che rappresentano, senza dubbio, veri e propri maestri di preghiera e di silenzio; erano monaci, eremiti e anacoreti che nel IV secolo abbandonarono le città per vivere in solitudine - nei deserti dell'Egitto, della Palestina e della Siria - sull'esempio di Gesù che trascorse quaranta giorni nel deserto per vincere le tentazioni. I Padri del deserto trasformarono il silenzio in cultura, in un modo di vivere teso unicamente all’ascolto della Parola, all’ascolto di Dio. Il monaco e asceta cristiano Evagrio, ad esempio, vedeva necessario il silenzio per la preghiera: “Che la tua lingua non pronunci parola quando ti metti a pregare”. Sant’Arsenio il Grande designava il silenzio come luogo indispensabile per il raggiungimento della maturità di ogni persona e inoltre asseriva: “Se veramente osserverai il silenzio, quale che sia il luogo dove ti trovi, troverai pace”. Inoltre rimane famoso un tratto biografico di Agatone d’Egitto, monaco cristiano egiziano, che volle tenere dei sassi in bocca per tre anni per imparare l’arte del silenzio. Inoltre, sempre per i Padri del deserto, molteplici sono i frutti del silenzio. Per San Poemen, ad esempio, riesce a donare “la quiete” e “la pace”. Secondo il libro-simbolo di questa importante “famiglia di preghiera”, I Detti o Apoftegmi dei padri del deserto - sono parole trascritte, dopo lunga tradizione orale, in risposta a domande poste da giovani discepoli che desideravano abbracciare una vita di fede e di preghiera - il silenzio rimane unico grande scudo contro gli empi. Necessario precisare che la letteratura a riguardo sarebbe ancor più vasta e comprenderebbe innumerevoli citazioni.

Altri Padri, questa volta della Chiesa: San Girolamo arriva a dire che il monaco si riconosce dal suo silenzio, non dalla sua parola; per Sant’Ambrogio il silenzio è indispensabile se vogliamo “custodire il segreto del Re Eterno”; per il suo discepolo Sant’Agostino la vera preghiera è quella del cuore, fatta nel silenzio. Il santo d’Ippona, infatti, scriverà: “Nella misura in cui cresce in noi la Parola - il Verbo fatto uomo - diminuiscono le parole”.

E se si parla del tacere, dell’essere in solitudine per poter dialogare con Dio, non può che venire in mente Santa Teresa d’Avila, maestra insuperabile di preghiera e Dottore della Chiesa, che definisce l’orazione, nata appunto dal silenzio, con queste illuminanti parole: “Non è altro che un intimo rapporto di amicizia, nel quale ci si trattiene spesso da solo a solo con quel Dio da cui ci si sa amati”. E per poter arrivare a simile intimità, la santa spagnola raccomanderà la solitudine per raccogliersi in sé stessi e disporsi all'incontro con Dio. In una delle sue opere più famose, Cammino di perfezione, troviamo: “Sua Maestà ci insegna a pregare in solitudine”; e, ancora più avanti: “Non si può parlare con Dio e nel medesimo tempo con il mondo”.

Altra figura dell’ordine carmelitano è San Giovanni della Croce, mistico e sublime scrittore, che al silenzio dedica un componimento poetico dalla bellezza straordinaria. Il santo spagnolo riesce, in questi versi, a offrire una sorta di “scheda anagrafica” del silenzio che “è mitezza/ quando non rispondi alle offese/ quando non reclami i tuoi diritti, quando lasci a Dio la difesa del tuo onore./ Il silenzio è misericordia/ quando non riveli le colpe dei fratelli,/ quando perdoni senza indagare il passato,/ quando non condanni, ma intercedi nell'intimo./ Il silenzio è pazienza/ quando soffri senza lamentarti”. San Giovanni della Croce, una delle voci più autorevoli del misticismo cristiano, conosceva bene il valore del silenzio, la cella interiore e fisica nella quale sostava per poter parlare con Dio e parlare di Dio: testimonianza di questo proficuo dialogo rimangano le sue opere come Salita del Monte Carmelo, o Notte Oscura, o ancora Cantico Spirituale, testi che risentono di quella che potrebbe definirsi una sorta di “filosofia del silenzio”. Le stesse opere del santo spagnolo sono frutto proprio di questo: nel momento mistico le potenze dell’anima devono essere in silenzio affinché solo Dio possa parlare e agire in essa, questo in estrema sintesi il suo pensiero filosofico.

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Anche il secolo scorso, il Novecento, ha avuto i suoi “santi del silenzio”. Come non far riferimento allora a uno dei più bei discorsi di Papa Paolo VI? “Oh se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile e indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo”, così sentenziava San Paolo VI, nel 1964, durante il suo pellegrinaggio in Terrasanta: si riferiva, in quella speciale occasione, al silenzio della casa di Nazareth. E Benedetto XVI, nel commentare - a distanza di quasi mezzo secolo - queste parole di Papa Montini, nel 2011 spiegherà che “il silenzio è la condizione ambientale che meglio favorisce il raccoglimento, l'ascolto di Dio, la meditazione. Già il fatto stesso di gustare il silenzio, di lasciarsi, per così dire, “riempire” dal silenzio, ci predispone alla preghiera”.