La richiesta di definire la posizione di monsignor Albero Perlasca. L’ordine di depositare tutti gli atti, incluse le intercttazioni. La parziale restituzione degli atti all’Ufficio del Promotore di Giustizia perché vengano rifatte le indagini, come richiesto dallo stesso promotore. Nella terza udienza sul processo della gestione dei fondi della Santa Sede, il presidente del Tribunale, Giuseppe Pignatone, decide di fare una parziale marcia indietro. Non c’è dichiarazione di nullità per la citazione in giudizio, come richiesto ieri dagli avvocati, né c’è un “reset” totale con restituzione degli atti all’accusa, come chiesto dal promotore di Giustizia. Ma c’è la considerazione della fondatezza di alcune eccezioni presentate dagli avvocati, con la decisione di ricominciare da zero per sanare eventuali posizioni.
Domani mattina, Giuseppe Pignatone, presidente del Tribunale Vaticano, risponderà a tutte le eccezioni sollevate dagli avvocati difensori dei dieci imputati del processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, e valuterà se accettare o meno la proposta del promotore di giustizia. Gli avvocati notano vari vizi procedurali, e chiedono la nullità della citazione in giudizio. Il promotore di Giustizia, invece, propone addirittura che gli atti siano restituiti al suo ufficio, per ripartire da zero e procedere di nuovo agli interrogatori.
Il 5 febbraio 2021, veniva annunciata da parte di Papa Francesco la nomina di un promotore di Giustizia per la Corte d’Appello vaticana, il magistrato italiano Catia Summaria, a coprire un incarico rimasto vacante dal 2020. Contestualmente, venivano nominati anche altri due giudici di corte d’appello. Ma appena tre giorni dopo, l’8 febbraio, Papa Francesco firmava un motu proprio recante “modifiche in materia di giustizia” che, di fatto, ridimensionava molto il ruolo della Corte d’Appello vaticana. Anzi, de facto sembrava eliminare del tutto il ruolo del promotore di Giustizia.