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La Santa Sede al Consiglio d'Europa: quale è l'incontro citato dal Papa?

Consiglio d'Europa | L'insegna del Consiglio d'Europa a Strasburgo | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa Consiglio d'Europa | L'insegna del Consiglio d'Europa a Strasburgo | Andrea Gagliarducci / ACI Stampa

Nel suo discorso di inizio anno al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, Papa Francesco ha anche plaudito ad una iniziativa del Consiglio d’Europa sulla dimensione religiosa del dialogo interculturale. Questa iniziativa – che ha luogo ogni anno – si chiama Exchanges, e la Santa Sede vi prende parte da sempre. Lo scorso anno, l’incontro si è tenuto a Sarajevo, mentre quest'anno ha avuto luogo a Strasburgo, sede del Consiglio d’Europa, dal 9 al 10 novembre. Ma cosa ha detto la Santa Sede durante l’incontro?

Intanto, c’è da fare una premessa. L’incontro è strutturato come un vero e proprio “scambio”. In generale, la spontaneità degli interventi è incoraggiata, anche se tutti preparano qualcosa. Dopo un discorso introduttivo, tutti possono prenotarsi per prendere la parola. Ognuno ha cinque minuti di tempo. Il tutto per rendere lo scambio veloce e “interattivo”.

Il tema di Exchange 2016 era “il Ruolo dell’educazione nella prevenzione della radicalizzazione che porta al terrorismo e all’estremismo violento”. Includeva due sotto-temi: l’educazione per una cittadinanza democratica nel contest della diversità religiosa e culturale; e il rafforzamento delle donne e il ruolo della famiglia nel contrastare la radicalizzazione e il violento estremismo.

La delegazione della Santa Sede era guidata dall’arcivescovo Miguel Ayuso Guixot, segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, che è intervenuto nella prima parte del dibattito. Centro dell’intervento della Santa Sede è stato rappresentato da due sfide: la multipolarità globalizzante e la trasversalità.

La prima – ha spiegato l’arcivescovo Ayuso – chiede di creare “una armonia costruttiva, libera da tutte quelle tensioni verso il potere che, mentre pragmaticamente sembrano rendere le cose facili, finiscono con il distruggere la distinzione culturale e religiosa dei popoli”.

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La trasversalità invece è rappresentata da “una Europa in dialogo, che mette una trasversalità di opinioni e riflessioni al servizio di una armoniosa unione di popoli”, l’esatto opposto di quello che avviene nella “situazione politica europea presente”, il cui dibattito tra le sigle di appartenenza di essere improduttivo.

Due sfide che si superano proprio attraverso l’educazione, ha spiegato il numero 2 del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, sottolineando che il tema è anche alla base della Carta sull’educazione per la cittadinanza democratica e l’educazione dei diritti umani, un document che “può essere di fondamento per tutti quelli che sono coinvolti in attività riguardanti l’educazione per una cittadinanza democratica e l’educazione dei diritti umani”.

“L’educazione – ha sottolineato l’arcivescovo Ayuso – è diventata sempre più vitale come uno dei mezzi per combattere la crescita di violenza, razzismo, estremismo, xenophobia, discriminazione e intolleranza”.

Insomma, è l’educazione la chiave nella “ambivalente relazione” che vede protagonist “cultura e religion”, o più precisamente “identità culturale ed identità religiosa”. Ed è per questo che I leader religiosi “sono chiamati ad essere agenti educative” per costruire una “cittadinanza democratica” che rispetta “sia i valori comuni che le differenti identità culturali”.

Insomma, “ogni tradizione culturale si deve aprire alla più ampia comunità dei cittadini”, e l’adozione “della democrazia e dei diritti umani è un aspetto vitale di questo processo di aperture”.

In tempi di crisi, c’è bisogno di mettere in luce i valori comuni inclusi anche “nelle pratiche religiose” e in “festival e cerimonie”, per identificare più chiaramente tutte le posizioni e così “acquisire un senso di sicurezza, mentre allo stesso tempo ci si sente orgogliosi di essere parte dello stesso gruppo”. E così, “il rispetto per la diversità culturale deve essere strettamente combinato con il rispetto per la diversità religiosa”, mentre gli Stati sono chiamati a rispettare “l’espressione della diversità culturale per quanto possibile nelle varie aree della vita nella società, inclusa l’educazione”, ma allo stesso tempo si devono fare garanti del rispetto “delle libertà fondamentali e dell’eguaglianza di fronte la legge di tutti gli individui, senza alcuna distinzione dei loro credo e convinzioni”.

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Ecco che il tema dell’educazione diventa cruciale. L’arcivescovo Ayuso ha chiesto un approccio educativo che include anche la trasmissione dei valori, e che coinvolga studenti, professori, genitori, ma anche responsabili della società civile.

Alla fine, quello che la Santa Sede voleva sottolineare è che il ruolo delle religioni è vitale nella società, e nei processi di educazione. E che le religioni sono un fattore chiave nel facilitare “l’educazione ad una cittadinanza democratica capace di affrontare la complessità del mondo di oggi”.