Advertisement

Sacerdoti, fondi e soprattutto preghiera: queste le priorità dei cattolici in Russia

Vescovo Clemens Pickel | Il vescovo Clemens Pickel di Saratov, intervistato da ACI Stampa nella Domus Sanctae Marthae, 31 gennaio 2018 | AG / ACI Stampa Vescovo Clemens Pickel | Il vescovo Clemens Pickel di Saratov, intervistato da ACI Stampa nella Domus Sanctae Marthae, 31 gennaio 2018 | AG / ACI Stampa

La necessità di sacerdoti, per coprire un territorio vastissimo che pure è strutturato in sole 4 diocesi. Quella di fondi, per aiutare le diocesi a vivere e ai sacerdoti di raggiungere anche le parrocchie più remote. Ma, soprattutto, la preghiera, perché quella è il mezzo più potente che c’è. Il vescovo Clemens Pickel di Saratov, presidente della Conferenza Episcopale Russa, delinea così le priorità per la Chiesa Cattolica nel Paese.

I vescovi della Federazione Russa sono venuti in questi giorni per la consueta visita ad limina, e il vostro “tour” nei dicasteri vaticani è cominciato con un incontro con il Santo Padre. Come è stato l’incontro?

L’incontro con il Papa è stato molto lungo, è durato circa due ore. Il Papa si è preso il tempo per ascoltarci uno per uno, ed è stato un segno di interesse e amicizia che ci ha mostrato. Il Papa, come al solito, ha voluto instaurare un dialogo con noi, senza alcuna preparazione scritto. È stato un incontro che si è svolto in una atmosfera molto semplice.

Quali sono le sfide che avete presentato al Papa?

Abbiamo parlato sicuramente della situazione nell’immenso territorio russo, dove sperimentiamo una vera diaspora: siamo meno dell’1 per cento della popolazione e viviamo lontani l’uno dell’altro. Non parlo solo dei vescovi, anche le comunità cattoliche anche sono molto distanti le une dalle altre. Ci sono parrocchie che distano l’una dall’altra anche 500 chilometri. Noi organizziamo comunque incontri giovanili, e facciamo molte iniziative per far sentire le persone una comunità.

Advertisement

E poi, quali altre sfide?

Abbiamo presentato al Papa anche il problema delle vocazioni. I sacerdoti vengono quasi sempre dall’estero. Nella mia diocesi, per fare un esempio concreto, ci sono 45 sacerdoti che non sono russi, e non sono lì per sempre, e non sappiamo nemmeno per quanto tempo rimarranno. In genere restano 5 o 10 anni, abbiamo due sacerdoti nella diocesi che sono da noi da 20 anni, ma sono eccezioni.

Avete delle vocazioni?

Abbiamo tre sacerdoti con passaporto russo, che hanno studiato in Russia, nel seminario di San Pietroburgo. Altri due sono incardinati – un tedesco e un argentino – ma tutti gli altri ritorneranno a casa quando saranno richiamati dal loro vescovo. E abbiamo tre giovani che stanno ora studiando per diventare sacerdoti.

Da cosa dipende questa mancanza di vocazioni?

Il problema principale è dato dal passato: 70 anni senza Cristo, senza la Chiesa, senza nemmeno libri cristiani da poter leggere significano tre generazioni senza fede. Siamo la prima generazione che sperimenta di nuovo la ricerca di Dio, ma non hanno radici, perché i loro genitori e nonni non pensavano a Dio. So che in generale si dice che la Russia è una nazione cristiana, una nazione ortodossa. La maggior parte delle persone, molto più del 50 per cento, sono battezzate nella Chiesa Ortodossa, ma anche la Chiesa Ortodossa è una Chiesa rinata dopo il comunismo. La Chiesa era stata destrutturata, e solo alcune persone molto forti hanno avuto la forza di morire per Cristo. E noi sacerdoti arrivati qui dall’estero – io stesso non sono russo – siamo giunti all’ultimo minuto utile: dieci anni di più, e non ci sarebbe più stata fede in Russia.

More in Vaticano

Come sono le relazione con la Chiesa Ortodossa?

Al momento, le relazioni sono molto migliori del 2002, quando San Giovanni Paolo II stabilì le quattro diocesi in Russia. C’erano già delle strutture canoniche prima, ma fu lo stabilimento delle diocesi a causare un problema per i nostri fratelli della Chiesa ortodossa.

Perché?

Perché non volevano vedere strutture parallele alla Chiesa Ortodossa. Il problema ora è risolto, specialmente dopo che Benedetto XVI ha dato un chiaro segno di distinzione tra Chiesa Cattolica e Chiesa Ortodossa, e Papa Francesco ha portato avanti questo avvicinamento. L’incontro di Papa Francesco e il Patriarca Kirill a Cuba hanno rappresentato un impulso per il dialogo.

In che modo le cose sono cambiate dopo l’incontro di Cuba?

Perché in Russia le persone guardano alla gerarchia. Quindi, se c’è stato un incontro tra il Papa e il Patriarca, significa che questi incontri sono autorizzati a tutti i livelli, che non si deve avere paura degli incontri. E l’incontro fu costruttivo, il primo paragrafo della Dichiarazione dice chiaramente: “Siamo fratelli”. Questo aiuta anche per gli incontri: in ogni nostra parrocchia troviamo decine di chiese ortodosse, e ogni volta io chiedo un incontro con l’autorità ortodossa. Ora, è molto più facile incontrarsi.

E la traslazione delle reliquie di San Nicola ha aiutato allo stesso tempo?

Sì, è stato molto importante, è stato un dono della Chiesa occidente alla Chiesa di Oriente. Certo, questo può essere anche un problema, perché in Russia si crede che l’Oriente sia territorio canonico degli ortodossi e che l’Occidente sia territorio canonico dei cattolici. Questo non è un problema, ma il problema è che siamo cattolici in Russia, e questo può creare incomprensione.

Il Papa ha parlato del suo desiderio di un viaggio in Russia?

Non ne abbiamo parlato, ma abbiamo parlato del suo prossimo viaggio a settembre in Lettonia, Estonia e Lituania. Sono Paesi vicini, e organizzeremo molti pellegrinaggi per la visita del Papa, per stare vicini al Papa.

Il Papa vi ha dato qualche particolare consiglio?

Non ci ha dato chiare indicazione, ma ci ha dato un segno molto chiaro di amicizia, ci ha fatto davvero sentire a casa.

Advertisement

Cosa vede per il futuro della Chiesa in Russia? Quali sono le sue esigenze?

Abbiamo parlato dell’esigenza di avere sacerdoti, ed è molto importante. E poi, le risorse economiche, che non sono mai abbastanza: dobbiamo pagare il riscaldamento, le automobili per visitare le diocesi, e non riusciamo autosostenerci solo con le offerte dei nostri fedeli, non sono abbastanza. Ma, soprattutto, io credo che abbiamo bisogno delle preghiere delle persone. La preghiera è potente, in senso spirituale. Se le persone sanno che ci sono fratelli e sorelle fuori dalla Russia che pregano per noi, questo è davvero un aiuto: significa che non siamo dimenticati.