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Un servizio di EWTN News

Guerra in Ucraina, quali conseguenze ecumeniche?

Hilarion e il Cardinale Erdo nel loro incontro di qualche giorno fa

Si pensava anche all’Ungheria, come uno dei possibili luoghi di incontro tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill. E questo anche perché in Ungheria sarebbe dovuto andare Kirill, per la fine dei lavori della Cattedrale dell’Assunzione a Budapest, e ci sarebbe voluto andare anche Papa Francesco, che già aveva fatto sapere le sue intenzioni all’abate di Pannonhalma. E ora l’Ungheria torna ad essere un centro di dialogo ecumenico, complice la visita del Metropolita Hilarion a Budapest e l’incontro con il Cardinale Peter Erdo.

Hilarion è stato in Ungheria dall’1 al 3 giugno, e ha incluso un incontro con il primate di Ungheria nella sua agenda. Il momento era particolarmente importante, perché capitava proprio poco dopo che l’Unione Europea aveva escluso dal suo pacchetto di sanzioni anti-russe il Patriarca Kirill, su pressione fortissima dell’Ungheria.

E l’Ungheria, in merito al conflitto, ha preso una posizione precisa: si farà tutto per aiutare i rifugiati, non si farà niente che possa, anche indirettamente, colpire il popolo ungherese. Che, tradotto, significa che non si inviano armi, non si da sostegno militare all’Ucraina, e si mantengono gli accordi commerciali in essere, per tenere basso il prezzo della benzina e delle altre derrate alimentari.

Una posizione che subito è stata etichettata come “filo-russa”, ma che ha in realtà una sua logica nazionale. Così, l’Ungheria resta uno dei pochi posti in cui si può dialogare con la Russia, e la visita di Hilarion ne è la prova. Hilarion aveva già incontrato il Cardinale Erdo altre volte, era stato ospite del governo di Budapest nel 2019 ad un summit sulla libertà religiosa e poi era stato anche al Congresso Eucaristico Internazionale nel settembre 2021, unico evento che vedeva nella lista degli ospiti sia l’arcivescovo maggiore della Chiesa Greco Cattolica Ucraina Sviatoslav Shevchuk che il rappresentante del Patriarcato di Mosca e persino il Patriarca Ecumenico di Costantinpoli Bartolomeo.

Budapest, dunque, è il luogo da cui far ripartire il dialogo, che sembrava essersi fermato. Prima, Papa Francesco e il Patriarca Kirill avevano avuto una videoconferenza il 16 marzo, su iniziativa del Patriarcato di Mosca, aveva detto il Cardinale Parolin. Quindi, il Patriarcato si era risentito delle parole di Papa Francesco in una intervista in cui il Papa non solo delineava il colloquio riservato, ma anche di aver detto a Kirill: “Non siamo chierici di Stato, non dobbiamo utilizzare il linguaggio della politica ma quello di Gesù”.

Ora, si apre una nuova possibilità per un incontro tra Papa Francesco e Kirill, ovvero il Festival dei Leader Religiosi organizzato dal Kazakhstan. Era la prima ipotesi di location, poi un po’ messa in secondo piano anche perché, in genere, i Papi non danno risalto ad eventi non organizzati dalla Chiesa. Ma Kirill ci sarà (già confermato) e il Papa vuole andare (già detto ufficialmente) e forse lì c’è uno spiraglio per un incontro decisivo. Così, si è speculato che l’incontro di Hilarion con Erdo sia servito al metropolita russo per provare a recapitare messaggi alla Santa Sede, al Papa, alle Conferenze Episcopali Europee, che tra l’altro avevano intavolato un dialogo con il Patriarcato di Mosca. Il tutto per riprendere la preparazione dell’incontro tra il Papa e Kirill previsto a Gerusalemme questo giugno, e poi saltato.

Ma il Patriarcato di Mosca ha bisogno di questo incontro anche per riprendere un posto nell’ortodossia gravemente compromesso dalla guerra. In Ucraina, come si sa, ha avuto luogo lo “scisma ortodosso” dopo la concessione dell’autocefalia alla Chiesa Ortodossa Ucraina, che ha sospeso di fatto il “controllo” del Patriarcato di Mosca sul territorio ucraino stabilito da Costantinopoli nel XVI secolo. Mosca ha smesso di partecipare agli incontri ortodossi multilaterali co-presieduti da Costantinopoli, ed è sempre stata sostenuta in queste scelte da diverse Chiese sorelle, in primis la Chiesa Ortodossa Ucraina del Patriarcato di Mosca.

Ma questa, che fa capo al metropolita Onufry, ha prima aspramente criticato il sostegno del Patriarcato di Mosca alla “operazione militare speciale in Ucraina”, e ora, la scorsa settimana, è arrivata a dichiarare “la propria piena indipendenza e autonomia”, separandosi dal Patriarcato di Mosca, in una risoluzione che sottolinea che i membri della Chiesa Ortodossa Ucraina legata al patriarcato di Mosca non sono “d’accordo con la posizione del Patriarca Kirill di Mosca e di tutte le Russie sulla guerra in Ucraina”.

Il Pariarcato di Mosca ancora non ha risposto, sottolineando di non aver ricevuto “alcuna comunicazione della Chiesa ortodossa ucraina”, mentre il metropolita Hilarion ha parlato di “difficoltà temporanee”, e ha detto di confidare in una “soluzione pan-ortodossa o inter-ortodossa che permetterà di guarire le ferite inferte al corpo dell’ortodossia mondiale e ripristinerà la piena comunione”.

Ma la decisione di Onufry è venuta dopo che diversi metropoliti, vescovi e sacerdoti ortodossi hanno smesso di menzionare nelle celebrazioni il Patriarca Kirill.

All’inizio della guerra, poi, un altro alleato storico del Patriarcato di Mosca aveva dato un segnale: il Patriarca Porfirije di Serbia aveva inviato aiuti direttamente a Onufry, e non al Patriarcato di Mosca. Ma Porfirije sta giocando anche un’altra partita, perché ha deciso di concedere l’autocefalia all’arcivescovado di Ohrid, il nome “di dialogo” dato dalla Chiesa Ortodossa della Macedonia del Nord, la cui autocefalia non era mai stata riconosciuta.

Ohrid era una diocesi ortodossa bulgara, ma il nome preso per il dialogo non è una continuità con l’antica diocesi. Il fatto che Porfirije abbia deciso di concedere l’autocefalia mette in discussione l’unica autorità di Costantinopoli, come primus inter pares nella sinassi delle Chiese ortodosse, di concedere autocefalie.

Era uno sviluppo atteso, tanto che il Patriarca Ecumenico Bartolomeo aveva già riconosciuto e accettato nella Comunione Eucaristica l’Arcidiocesi di Ohrid” accettando “la gerarchia, il clero e il popolo di questa chiesa sotto l’arcivescovo Stefano”.

L’annuncio chiaramente evitava ogni parola che ricorda, anche in maniera derivativa, la Macedonia. Ma tanto era bastato al presidente macedone Stevo Pendarowski per scrivere una lettera al Patriarca Bartolomeo per ringraziarlo della decisione, e sottolineando che il riconoscimento dell’autocefalia della Chiesa Ortodossa di Macedonia era in cima alle priorità politiche.

Un mondo ecumenico così diviso rappresenta una sfida di dialogo. Il Cardinale Kurt Koch sta lavorando incessantemente sul terreno del dialogo, e sarà da vedere quali saranno gli interlocutori. Uno potrebbe essere proprio il Cardinale Erdo, che ha raggiunto diversa autorevolezza nel mondo russo. In fondo, il Papa non ha fatto sapere a più riprese che vuole dialogare con tutti?

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