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Un servizio di EWTN News

Re Baldovino del Belgio raccontato dal giornalista Fulvi

“Il re è stato coraggioso perché, davanti a una legge di morte, lui non ha firmato e si è dimesso. Ci vuole coraggio! Ci vuole un politico ‘con pantaloni’ per fare questo, ci vuole coraggio. Questa è una situazione speciale e lui con questo ha dato anche un messaggio. E lui lo ha fatto anche perché era un santo. Quell’uomo è santo e il processo di beatificazione andrà avanti, perché mi ha dato prova di questo”: in questo modo papa Francesco aveva risposto ai giornalisti sul re Baldovino nel viaggio di ritorno in Lussemburgo ed in Belgio nello scorso settembre con l’auspicio che la sua causa di beatificazione continui.

Ed al funerale reale, avvenuto il 7 agosto 1993, il primate del Belgio, card. Godfried Danneels aveva tratteggiato nell’omelia  il suo ‘profilo’: “Non si limitano a regnare, amano, fino a dare la propria vita. Tale è stato Re Baldovino. Egli amava. La sua intelligenza politica affondava le proprie radici profonde nel cuore, il suo savoir-faire gli derivava dalla sua forza d’amare. Il segreto del suo regno era il suo cuore. E’ stato un Re secondo il cuore degli uomini. Ci amava, noi l’amavamo. Quest’uomo discreto, silenzioso, sempre sorridente, infinitamente delicato, aveva un cuore largo come le spiagge lungo il mare. Vi nascondeva tutte le gioie e tutte le sofferenze del suo Paese e del suo popolo. Quest’uomo portava in sé un calore, una capacità di ascolto ed empatia difficilmente immaginabili”.

Prendendo spunto da queste ‘testimonianze’ il giornalista di Avvenire, Fulvio Fulvi, gli ha dedicato una biografia, ‘Baldovino, il re del gran rifiuto’, ripercorrendo le pagine salienti di una vita: il racconto dell’infanzia infelice, con la perdita della madre in un incidente stradale, la prigionia e la deportazione con la famiglia reale durante il nazismo, gli anni del collegio svizzero. Salito al trono poco più che ventenne, il re dovette affrontare la grave crisi in cui versava la sua nazione dopo la Seconda guerra mondiale e cercò di rimediare agli esiti nefasti del colonialismo nel Congo, voluto dallo zio Leopoldo II. In seguito, si adoperò con convinzione e da protagonista per l’ingresso del Belgio nell’Ue e nell’Alleanza Atlantica.

Figura indelebile della vita di re Baldovino è quella della regina Fabiola. Compagna inseparabile di vita e di fede e sua prima confidente, ebbe un ruolo di primo piano anche nello snodo più drammatico del regno, quando, nel 1990, il re decise di sospendere il suo incarico piuttosto che firmare la legge favorevole all’aborto votata dal Governo.

Perché un libro sul re Baldovino?

“Baldovino ha segnato la storia del suo Paese e ha contribuito al processo di unificazione dell’Europa. Oggi c’è bisogno di fare memoria anche di questo. Ma le ragioni principali del libro sono due: innanzitutto il forte richiamo di papa Francesco, durante la sua visita pastorale a Bruxelles nel settembre del 2024, a considerare la figura del re del Belgio come un politico e un capo di Stato coraggioso ‘che scelse di lasciare il suo posto da Re per non firmare una legge omicida’, quella che introduceva l’interruzione della gravidanza fino a 12 settimane di gestazione.

Fu un richiamo forte, quello di Bergoglio, davanti alla tomba del sovrano, ripetuto nella conferenza stampa sull’aereo al rientro in Vaticano.

La seconda motivazione sta nelle rivelazioni che mi fece un ex sindacalista maceratese, Giovanni Santachiara, nipote di un frate cappuccino marchigiano che è stato rettore della Basilica di Loreto: due mesi prima del ‘gran rifiuto’ di Baldovino, lo zio incontrò il Re in visita segreta alla Santa Casa con l’amata regina Fabiola per celebrare il loro anniversario di matrimonio. Fu, probabilmente, un incontro decisivo, anche se non si sa esattamente cosa i due si siano detti. Ma vista la caratura teologica e culturale del religioso e la grande sensibilità del sovrano cattolico, qualcosa di sicuro successe. Nel libro, un capitolo ricostruisce la vicenda”. 

Cosa ti ha colpito di questo re?

“Il suo senso religioso, coniugato anche all’azione politica, e l’attenzione verso gli altri, i poveri, i bisognosi, i cittadini più fragili. Era sempre presente nei momenti più difficili del suo Paese e non faceva mai mancare la sua personale solidarietà. Anche con opere di beneficenza. E poi l’amore che ha dimostrato verso la moglie, fino all’ultimo giorno della sua vita”.

Come maturò la scelta di non firmare per la legge sull’aborto? 

“Oltre all’incontro con padre Santachiara, Baldovino si consultò con il suo amico cardinale Suenens, con autorevoli medici, teologi e filosofi: voleva rafforzare la sua coscienza di cristiano anche con ragioni scientifiche. Ma fu determinante il fatto che, non avendo potuto avere figli (Fabiola ebbe cinque aborti spontanei) maturò una spiccata sensibilità, anche politica, verso la tutela della vita. E da piccolo fu sconvolto dalla morte della madre in un incidente stradale e perse anche il bimbo che aveva in grembo”.

Però la sua abdicazione era consentito dalla legge: può essere comunque considerato come ‘gran gesto’?

“In realtà, più che di una vera e propria abdicazione (che di per sé significa rinuncia perpetua ade essere re) si trattò di… dimissioni temporanee dalle funzioni di sovrano. Perché il decreto fu firmato dal premier e, 72 ore dopo, Baldivino ritornò ad essere Re. Fu trovato un escamotage costituzionale, d’accordo con il capo del governo Martens e i presidenti dei due rami del Parlamento. Il popolo amava Baldovino e non voleva che lui lasciasse. Inoltre, c’era un diffuso sentimento cattolico nel Paese, e la legge sull’aborto avrebbe creato, in quel momento, una grave spaccatura a livello politico-sociale. Il Belgio era anche fortemente diviso tra fiamminghi che volevano la secessione e valloni che sostenevano l’unità nazionale. Quindi un gran gesto, sì. Che sin rivelò opportuno politicamente”.

Quale ruolo ebbe la regina Fabiola, sua moglie?

“Come detto, Fabiola e Baldovino soffrirono molto per non aver potuto avere figli. E quindi anche eredi diretti al trono. I due consorti erano legatissimi tra loro, come ho potuto constatare studiandone le vite”.

Perché papa Francesco nella visita in Belgio aveva chiesto di proseguire la causa di beatificazione?

“Il primo pontefice a chiedere l’apertura del processo di beatificazione di Baldovino fu san Giovanni Paolo II nel 1995. Ma non accadde nulla. C’erano (e forse ci sono ancora oggi), resistenze nell’ambito della Chiesa belga. Ma un altro elemento ‘deterrente’ potrebbe essere stata la presunta posizione di Baldovino rispetto all’ex colonia del Congo. C’è ancora chi lo rimprovera di non aver mai condannato apertamente il comportamento del prozio Leopoldo II che, quando era il governatore del Paese africano fece massacrare il popolo per ottenere i suoi personali interessi. Però Baldovino, salito al trono, favorì in concreto l’indipendenza del Congo cercando di rimediare, per quanto possibile, alle nefandezze compiute da Leopoldo II con ‘accordi riparatori’”.      

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