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Un servizio di EWTN News

Finanze vaticane, un nuovo membro allo IOR, in attesa del cambio della guardia

Una targa dello IOR

L’Istituto delle Opere di Religione, la cosiddetta “banca vaticana”, si avvia ad un cambio generazionale nei prossimi mesi. Nel frattempo, il Consiglio di Sovrintendenza, ovvero il board di laici dell’Istituto, ha nominato Elizabeth McCaul come nuovo membro, che sostituisce Lord Michale Hintze, il quale ha terminato il suo mandato.

McCaul ha un curriculum di tutto rispetto, arrivando nel 2019 ad assumere l’incarico di membro del Consiglio di Vigilanza della Banca Centrale Europea. Dopo, McCaul ha lavorato direttamente con la Banca Centrale Europea, mentre in precedenza aveva lavorato presso il Promontory Financial Group, dove ha ricoperto diversi ruoli tra cui Global Head of Strategy, Presidente e CEO di Promontory EMEA e Partner responsabile dell’ufficio di New York. In precedenza, ha lavorato presso Goldman Sachs ed è stata Sovrintendente alle banche e Presidente del Consiglio Bancario per il Dipartimento Bancario dello Stato di New York, dove ha guidato le sedi di New York, Londra e Tokyo dell’organizzazione.  

E qui, chi ricorda i fatti vaticani non può che avere un sussulto. Perché il Promontory Financial Group era la società di consulenza che lo IOR aveva assunto agli albori del pontificato di Papa Francesco per portare avanti uno screening dei conti correnti. Screening, tra l’altro, che era stato già avviato, e con successo, dalla direzione dello IOR, come certificava il primo rapporto MONEYVAL del 2012.

Ma la direzione si era dimessa per permettere all’Istituto di difendersi da una serie di accuse – tra cui il famoso processo al contabile dell’APSA Nunzio Scarano, conclusosi poi con una completa assoluzione – e la nuova gestione aveva improntato tutta la narrativa su un cambio di passo. Erano state le risultanze di Promontory a portare al processo vaticano contro gli ex dirigenti dello IOR Caloia e Liuzzo, conclusosi con una condanna dei due.

Insomma, McCaul sembra essere ancora legata al nuovo corso della banca vaticana, poi impersonato da Jean-Baptiste de Franssu, banchiere francese entrato in Vaticano prima come membro della COSEA (Commissione di Referenza per le questioni amministrative della Santa Sede) e poi da presidente del Consiglio di Sovrintendenza della cosiddetta “banca vaticana”, incarico che detiene da 12 anni, ovvero da ben due anni in più dei due mandati quinquennali previsti dagli statuti. Anche il direttore generale, Gianfranco Mammì, andrà a novembre 2026 in pensione, e dunque è in procinto di essere sostituito.

McCaul sembra così essere l’eredità che de Franssu lascerà all’Istituto nel momento in cui sarà chiamato a lasciare la presidenza. E già girano nomi di una possibile successione, con il manager italiano Emilio Franco, ex di Mediobanca, che sembra essere in pole position.

Il tutto mentre Leone XIV ha avviato già una ristrutturazione delle finanze vaticane, abrogando la decisione di Papa Francesco di concentrare nello IOR tutti quanti gli investimenti della Santa Sede. Si è tornati, insomma, all’antico, con lo IOR come possibile veicolo, ma non veicolo esclusivo, di investimenti e conti correnti.

Dopo le esperienze dell’outsourcing selvaggio e della centralizzazione imposta, sembra che si stia cercando un equilibrio nel comparto delle finanze vaticane. E tuttavia l’arrivo di un italiano alla guida dell’Istituto segnerebbe anche un passo indietro rispetto all’internazionalizzazione delle finanze vaticane, in un solco già tracciato da Papa Francesco. Perché Franco sarebbe, sì, un esterno, ma verrebbe dai ranghi italiani che, una volta, avevano il predominio nel mondo finanziario vaticano, ma che comunque rappresentavano una sorta di “ingombrante vicinato”. Nascevano in Italia, in fondo, casi come quello del primo Vatileaks, ma anche le fughe di notizie sul processo di trasparenza finanziaria della Santa Sede avviato nel 2011.

Benedetto XVI aveva sganciato la Santa Sede dalle dinamiche italiane, persino cambiando una legge antiriciclaggio troppo mutuata da quella dell’Italia e creando un team internazionale all’Autorità per l’Informazione Finanziaria.

Questo lavoro è stato pian piano eroso, prima con l’accordo fiscale con l’Italia – voluto tra l’altro tra Promontory – poi con l’arrivo come direttore generale dell’Istituto di Gianfranco Mammì, che v veniva appunto dalla vecchia guardia, e quindi dal processo vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, che ha spazzato via i vertici dell’AIF e ha riportato in auge l’iniziale relazione privilegiata con personale proveniente dalla Banca d’Italia.

L’arrivo di McCaul serve anche a confermare la continuità di quell’operazione. Il comunicato stampa dell’IOR relativo all’avvicendamento nel Consiglio di Sovrintendenza, in effetti, sottolinea con forza i risultati conseguiti negli ultimi dodici anni, in particolare con l’apporto del membro uscente Lord Hintze.

Il quale, si legge nel bollettino, “è entrato a far parte del Consiglio nel settembre 2014, quando ebbe inizio il processo di trasformazione dello IOR”.  

Ancora il comunicato sottolinea che “la dedizione e la lunga esperienza” di Hintze hanno potuto “accompagnare l’Istituto in un periodo di crescita e consolidamento, contribuendo alla sua progressiva professionalizzazione”.

Dalla costruzione delle funzioni di controllo, allo sviluppo di un processo di investimento solido e trasparente fondato sui valori etici cattolici, fino alla risoluzione delle criticità e degli abusi ai quali l’Istituto era stato esposto prima del 2013”.

In una dichiarazione, de Frassu si è detto grato a Lord Hintze per “l’inestimabile contributo offerto nel corso degli anni”, durante i quali “è stato un esempio di servizio alla Chiesa e il Consiglio sentirà profondamente la mancanza della sua competenza e del suo impegno”.

Con la nomina di McCaul, termina il cambio generazionale avviato nel 2024, quando, tra l’altro, il cardinale Christoph Schoenborn era stato nominato presidente della Commissione Cardinalizi che guida l’Istituto.

Sempre nel 2024, erano arrivati due nuovi membri. Usciti di scena Mauricio Larrain,entrato nel 2014, e Scott Malpass, che è parte del board dal 2016, erano entrati Bernard Brenninkmeijer e François Pauly. Il primo è membro di una famiglia fiamminga molto ricca, che ha una fondazione, Porticus, che finanzia molti progetti collegati alla Chiesa. Lo IOR comunica che Brenninkmejier “ha studiato negli Stati Uniti e maturato una vasta competenza in ambito finanziario, operando nel settore dell’asset management negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Svizzera”. 

Nel febbraio 2025, poi, era arrivata dalle Filippine l’avvocato d’affari Sheila Uriarte Tan.

Per quanto riguarda, le performance finanziarie, sappiamo che lo IOR ha una politica di investimenti delineate dal documento Mensuram Bonam, e non segue i criteri di inversione etica più conosciuti, i cosiddetti ESG (ambientali, sociali e governance), perché, come sottolineato da de Franssu in una conferenza del Foro Omnes nel giugno 2024, questi criteri “in realtà si sono convertiti in un mezzo politico per la trasformazione della società in questioni come il gender o altre relazioni. Da questo punto di vista, non sono coerenti con i principi cristiani, e lo IOR si distanzia da loro”.

L’ultimo rapporto dell’Autorità di Informazione e Supervisione Finanziaria, che riguarda l’anno 2024, mette in luce nello IOR, si è affinato il “Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale” (SREP) e si è introdotto "l’obbligo per l’Istituto di pubblicare informazioni sui rischi ambientali, sociali e di governo societario", considerando "l’importanza crescente" di questi fattori. Le due affermazioni sembrano in contraddizione.

Il tutto mentre l’Istituto è coinvolto in una serie di questioni giudiziarie di non poco conto. Oltre al processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, il cosiddetto “processo Becciu”, partito proprio da una denuncia dell’Istituto contro la Segreteria di Stato vaticana, è anche un dossier sui bond cinematografici, eredità degli investimenti del fondo Centurion, da cui la Santa Sede dovrebbe ancora incassare due milioni di euro.

MilanoFinanza, in un’inchiesta pubblicata il 23 ottobre, nota che c’è un altro fronte giudiziario, ovvero l’investimento di oltre 12 anni fa nell’ex palazzo della Borsa di Budapest che - secondo quanto dichiarato a febbraio da De Franssu al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung - avrebbe fatto perdere all’istituto tra 17 e 46 milioni. Una vicenda intricatissima, per la quale lo Ior nel 2017 ha citato in giudizio Futura Funds Sicav e il gestore lussemburghese Optimum Asset Management, guidato da Alberto Matta. Lo Ior aveva ottenuto il sequestro, ma poi l’immobile è stato svincolato da un giudice ungherese. Lo scorso dicembre il palazzo è stato venduto dal fondo a Utvân Tibocrz, il genero del presidente ungherese Viktor Orbán, a un prezzo che in Vaticano considerano “vile”.

MilanoFinanza ha ricostruito che il promotore di giustizia vaticano ha ottenuto in Svizzera il sequestro di 11,2 milioni del comparto Alpha Plus di Futura Funds, in cui ha investito la Cassa di previdenza dei ragioneri italiani (Cnpr), con una decisione che il presidente Cnpr Luigi Pagliuca ha definito “uno spiacevole equivoco”, perché ritiene che “il provvedimento sia stato adottato su iniziativa impropria dello Ior, coinvolto in un distinto contenzioso civile e commerciale relativo a un diverso comparto, totalmente estraneo alla Cnpr e all’Alpha Plus Fund”.

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