Gerusalemme, 02 December, 2025 / 2:00 PM
Si può vivere in Terra Santa un educazione inclusiva che può superare gli ostacoli e difficoltà presenti nella terra dove "tutti siamo nati"? Abbiamo provato a parlarne con don Ibrahim Shomali, direttore delle scuole in Israele del Patriarcato Latino di Gerusalemme che ci ha aperto il cuore e ci ha mostrato i timori e le speranze di una realtà, quella degli Arabi Cristiani che vivono in Israele, di cui forse si parla poco, ma che invece si tratta di una testimonianza da far conoscere e che ci fa riflettere su quante problematiche sono presenti nella Terra di Gesù. La testimonianza di don Shomali aiuta a comprendere quanto possiamo imparare dalle pietre vive della Terra Santa, che sono i giovani che aiutati nella loro formazione attraverso le scuole del patriarcato rappresentano la speranza di una nuova epoca segnata dalla riconciliazione e dalla pace, proprio là nella terra del "principe della pace".
Questa speranza testimoniata dalla vivacità delle attività delle scuole del patriarcato si alimenta e cresce nella preghiera che è l'unica sorgente a cui attingere per superare i nostri conflitti interiori e con gli altri. Il Santo Padre nella lettera Apostolica " Disegnare nuove mappe di speranza" mette in primo posto proprio la vita spirituale del giovane, e scrive che " ... i giovani chiedono profondità; servono spazi di silenzio, discernimento, dialogo con la coscienza e con Dio".
Ma quale importanza ha la fede negli studenti delle scuole del patriarcato e che valore ha l'accompagnamento spirituale nella loro vita di studenti?
Don Ibrahim risponde che la domanda le lega alla Chiesa Universale e a quello che scrive il Papa, perché la fede ha certamente un ruolo centrale nella vita degli studenti, "perché noi offriamo radici spirituali , senso di appartenenza e strumenti anche per affrontare le sfide dove viviamo, e l’accompagnamento spirituale è fondamentale per guidare gli studenti nel discernimento ma anche di crescita della coscienza, crescita, interiore, personale, ma soprattutto una coscienza cristiana per essere consapevoli di quello che stiamo vivendo" e don Shomali insiste che" la fede dà identità in un posto dove abbiamo perso la nostra identità, non sappiamo chi siamo, perché siamo qui e cosa dobbiamo fare". La missione spirituale delle realtà educative in Terra Santa ha certamente un importanza proprio perché ha le sue radici nella storia dei luoghi santi e nonostante la presenza ridotta dei Cristiani in questi luoghi, si tratta però di un piccolo seme che può dare frutto se il terreno dove loro vivono viene "curato e preparato". E il terreno più produttivo è il cuore dei giovani che in Terra Santa necessitano di attenzioni particolari e che veramente hanno bisogno di un educazione" cuore a cuore".
" Si, afferma don Ibrahim l’educazione cristiana in Israele, svolge un ruolo fondamentale nel promuovere l’identità, il rispetto reciproco e il dialogo in un contesto molto pluralista, le scuole affrontano questa realtà in modo inclusivo e con programmi mirati alla convivenza", convivenza, afferma però, è una parola che non esprime molto, secondo lui, la realtà in cui vivono i Cristiani in Terra Santa, e ci dice che" non mi piace molto la parola convivenza ed io preferisco dire vivere insieme ma sicuramente un punto importante delle scuole è l’identità e le radici, e nelle nostre scuole proviamo ad educare i nostri studenti cristiani a rafforzare la propria identità perché si è capaci di dialogo con gli altri, soprattutto quando sappiamo chi siamo".
Nella lettera apostolica " Disegnare Mappe di Speranza ", il Santo Padre ha aggiunto tra le priorità educative quella di educare ad una pace disarmata e disarmante, in un contesto segnato da tensioni e conflitti, ma don Shomali ci ricorda che "per il Papa la pace non è solo un obiettivo ma un metodo educativo, e le beatitudini sono il cuore dell’insegnamento cristiano, bisogna trasformare questo “beati gli operatori di pace” in un’occasione per costruire ponti, che è quello di cui ha bisogno la Terra Santa. Nel contesto nostro, anche nei nostri programmi educativi significa anche il parlare con calma, anche con gli studenti e gli insegnanti, e soprattutto favorire la riconciliazione aiutando la gente anche a riconciliarsi con sé stessi e con il loro vicino educando al vivere insieme".
E dopo aver ricordato le difficoltà che la comunità cattolica in Israele deve affrontare, conclude la sua riflessione dicendo che "...dobbiamo superare quell'odio che sta creando questa guerra, un odio profondo e difficile.. la guerra prima o poi finirà con la vincita di uno e la perdita dell'altro o un accordo, ma l'odio rimarrà per anni e anni quindi il ruolo dello dei cristiani é quello di creare ponti per far sparire questo odio da dove viviamo.
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