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Leone XIV, Messa di Natale: “La pace di Dio nasce tra rovine che invocano nuove solidarietà”

Leone XIV durante la Messa del giorno di Natale, Basilica di San Pietro, 25 dicembre 2025

La “fragile tenda” del Verbo, che è poi come le tende di Gaza, dei senzatetto, delle persone inermi. La necessità di superare i monologhi, di entrare in dialogo con la carne dell’altro, per comprendere l’insensatezza dei conflitti. La rimotivazione di una Chiesa missionaria. Perché “ci sarà pace quando i nostri monologhi si interromperanno e, fecondati dall’ascolto, cadremo in ginocchio davanti alla nuda carne altrui”. Leone XIV celebra la Messa del giorno di Natale nella Basilica di San Pietro, come non avveniva dal 1996. E nella sua omelia ribadisce il rovesciamento delle prospettive già delineato nella Messa della notte di Natale, dando anche linee programmatiche di ciò che sarà il suo pontificato.

Il Papa che ha scelto la notte di Natale per portare per la prima volta la fascia con il suo stemma mostra anche, alla vigilia del passaggio dalla fine dell’Anno Santo (oggi si chiude la Porta Santa di Santa Maria Maggiore) al concistoro che marcherà il nuovo inizio del suo pontificato, che deve essere il volto della sua Chiesa. Una Chiesa di pace, una Chiesa missionaria, rimotivata nella missione proprio dalla presenza di Cristo tra gli uomini. Una Chiesa cristocentrica e dedita agli altri.

La pace esiste ed è già in mezzo a noi”, sottolinea Leone XIV, riferendosi proprio all’arrivo di Cristo, per cui gioire, considerando che il prologo del Vangelo di Giovanni è un inno che ha al centro il logos, il verbo, Parola di Dio che “non è mai effetto, ma agisce”.

Eppure, Dio, che è Parola, diventa bambino, appare e non sa parlare, e lascia parlare solo la sua “fragile presenza”, la carne che “è la radicale nudità cui a Betlemme e sul Calvario manca anche la parola”, come “parola non hanno tanti fratelli e sorelle spogliati della loro dignità e ridotti al silenzio”.

Nota Leone XIV: “La carne umana chiede cura, invoca accoglienza e riconoscimento, cerca mani capaci di tenerezza e menti disposte all’attenzione, desidera parole buone”. Ed è così che la pace è fra noi “in modo paradossale”, perché “il dono di Dio è coinvolgente, cerca accoglienza e attiva la dedizione”,  e “ci sorprende perché si espone al rifiuto, ci incanta perché ci strappa all’indifferenza”.

Leone XIV sottolinea che “è un vero potere quello di diventare figli di Dio”, un potere che però “resta sepolto” se non si guarda all’uomo, se rimaniamo “distaccati dal pianto dei bambini e dalla fragilità degli anziani, dal silenzio impotente delle vittime e dalla rassegnata malinconia di chi fa il male che non vuole”.

Ma – aggiunge il Papa – “poiché il Verbo si fece carne, ora la carne parla, grida il desiderio divino di incontrarci. Il Verbo ha stabilito fra noi la sua fragile tenda”.

Leone XIV guarda “alle tende di Gaza, da settimane esposte alle piogge, al vento e al freddo, e a quelle di tanti altri profughi e rifugiati in ogni continente, o ai ripari di fortuna di migliaia di persone senza dimora, dentro le nostre città”, ma anche alla fragile carne “delle popolazioni inermi, provate da tante guerre in corso o concluse lasciando macerie e ferite aperte”, così come lo sono “le menti e le vite dei giovani costretti alle armi, che proprio al fronte avvertono l’insensatezza di ciò che è loro richiesto e la menzogna di cui sono intrisi i roboanti discorsi di chi li manda a morire”.

Guardare all’uomo, per guardare a Dio, perché Dio si è fatto uomo. Perché – dice il Papa – “quando la fragilità altrui ci penetra il cuore, quando il dolore altrui manda in frantumi le nostre certezze granitiche, allora già inizia la pace. La pace di Dio nasce da un vagito accolto, da un pianto ascoltato: nasce fra rovine che invocano nuove solidarietà, nasce da sogni e visioni che, come profezie, invertono il corso della storia”.

Leone XIV ricorda che “il Vangelo non nasconde la resistenza delle tenebre alla luce”, rimarca che la via della luce è una via di ostacoli, portata avanti dagli autentici messaggeri di pace, che il Verbo tocca i cuori “inquieti, che spesso desiderano proprio ciò a cui resistono”.

Il Natale – argomenta il Papa – “rimotiva una Chiesa missionaria, sospingendola sui sentieri che la Parola di Dio le ha tracciato. Non serviamo una parola prepotente – ne risuonano già dappertutto – ma una presenza che suscita il bene, ne conosce l’efficacia, non se ne arroga il monopolio. Ecco la strada della missione: una strada verso l’altro”.

La Parola di Dio è “sempre conversazione”, si fiorisce “solo camminando insieme all’umanità, mai separandocene”, perché “mondano è il contrario: avere per centro sé stessi. Il movimento dell’Incarnazione è un dinamismo di conversazione. Ci sarà pace quando i nostri monologhi si interromperanno e, fecondati dall’ascolto, cadremo in ginocchio davanti alla nuda carne altrui”.

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