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Un servizio di EWTN News

Vaticano, una conferenza sulle disparità sanitarie a novembre

L'arcivescovo Ivan Jurkovic, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'ONU di Ginevra

L’intervento della Santa Sede alla 70esima assemblea mondiale della Sanità si è concluso con l’invito alle autorità presenti a partecipare alla Conferenza Internazionale “Affrontare le disparità globali in materia di salute” che si svolgerà in Vaticano dal 16 al 18 novembre.

L’iniziativa della conferenza è di per sé una notizia. Da sempre la Santa Sede si impegna per un migliore accesso ai farmaci, e perché il diritto alla salute sia garantito a tutti. Tra i casi da ricordare, le frizioni con le case farmaceutiche perché rendano accessibili i farmaci anti-Aids, e perché la distribuzione dei farmaci non sia legata solo al profitto economico.

La conferenza internazionale servirà, dunque, a puntare i riflettori su un tema che da sempre sta a cuore alla Santa Sede. Secondo l’arcivescovo Ivan Jurkovic, Osservatore Permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite di Ginevra che ha letto il discorso a nome della Santa Sede, le “attuali sfide globali emergenti richiedono sistemi sanitari migliori”, che offrano “interventi efficaci e accessibili per la prevenzione e la cura per tutti, in particolare per le persone più bisognose, in estrema povertà e disagiate della nostra società, inclusi i migranti e rifugiati”.

“Nessuno verrà trascurato”: è questo il principio cardine da seguire, secondo la Santa Sede, che sottolinea come gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’agenda 2030 sono meglio raggiunti con “sistemi sanitari forti e resilienti”.

La Santa Sede riconosce il ruolo di coordinamento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, e chiede che i sistemi sanitari pongano “la persona umana e i suoi bisogni fisici, emotivi e spirituali al centro della cura fornita, nel pieno rispetto della sacralità della vita umana in tutte le sue fasi e della dignità di ogni persona”.

Ci vuole – ricorda la Santa Sede – un impegno delle istituzioni statali, chiamate a “non concentrarsi su sistemi direttamente coordinati o gestiti da loro”, ma ad avere un approccio inclusivo. Questo approccio deve considerare tutte le istituzioni in campo nella sfida sanitaria, e una menzione particolare è fatta per le “organizzazioni religiose” il cui “contributo alla fornitura di servizi sanitari è fondamentale”.

E qui andrebbe aperta una parentesi, perché le istituzioni religiose sono davvero in prima linea nel garantire accesso alla salute per tutti. In Africa – sono dati dell’Organizzazione Mondiale della Salute – il 70 per cento delle strutture sanitarie è cattolico, in Siria c’è l’operazione “Porte Aperte” che garantisce la riapertura di ospedali a Damasco, e in generale in tuto il mondo gli ospedali cattolici rappresentano una larga porzione del sistema sanitario. Una porzione a volte messa ai margini, perché non si accetta la loro natura confessionale, oppure messa sotto accusa perché pratica l’obiezione di coscienza su temi etici.

Ma è un impegno che c’è, e si vede. Rircorda l’arcivescovo Jurkovic che “in molti Paesi le organizzazioni religiose e le altre istituzioni basate sulla fede assumono una responsabilità significativa per i sistemi sanitari e devono pertanto essere incluse nella formulazione di politiche in materia”.

Le stesse organizzazioni devono anche avere accesso “a risorse adeguate”. Ma c’è bisogno anche di “una fornitura affidabile di medicinali e di tecnologie”.

La questione dell’accesso ai medicinali è dirimente. La Santa Sede chiede “azioni della comunità internazionale” perché “si registra che la disponibilità media di farmaci essenziali selezionati è solo il 56% nel settore pubblico dei Paesi a reddito medio-basso. Inoltre, l'innovazione per i nuovi prodotti rimane lontana dalle esigenze sanitarie di quanti vivono nei Paesi in via di sviluppo ... e appena l'1% di tutti i finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo sanitario è destinato a malattie che interessano prevalentemente i Paesi in via di sviluppo”.

Sono tutti temi che saranno al centro della Conferenza Internazionale in Vaticano del prossimo novembre. Una discussione non destinata ad esaurirsi presto.

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