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100 anni fa la vittoria della Polonia sull'Armata Rossa nella Battaglia di Varsavia

Intervista all'Ambasciatore di Polonia presso la Santa Sede Janusz Kotański

Il Maresciallo Pilsudski, artefice della vittoria polacca |  | pubblico dominio Il Maresciallo Pilsudski, artefice della vittoria polacca | | pubblico dominio

“Sapete che sono nato nel 1920, a maggio, quando i bolscevichi decisero di conquistare Varsavia. Ecco perché, dalla mia nascita, porto dentro di me un grande debito verso coloro che intrapresero allora la lotta contro l'invasore e vinsero, a costo della propria vita”. Sono parole pronunciate da Giovanni Paolo II durante il settimo pellegrinaggio in Patria nel 1999, quando visitò il Cimitero Militare di Radzymin dove sono sepolti i soldati polacchi morti durante la battaglia di Varsavia nel 1920. Quest’anno allora festeggiamo il centesimo anniversario della nascita di Karol Wojtyła ma anche della battaglia che è passata alla storia come “Il miracolo sulla Vistola”.

Del significato di questo epico scontro abbiamo parlato con Janusz Kotański, Ambasciatore della Polonia preso la Santa Sede, storico specializzato nella storia contemporanea, autore di studi sulla legge marziale in Polonia, sulla figura del Primate polacco, il card. Stefan Wyszyński, e sul beato p. Jerzy Popiełuszko, e di molti articoli sulla storia della Polonia e dell'Italia. 

- Perché la battaglia di cui celebriamo quest’anno il centesimo anniversario fu così importante?

- La battaglia, che fu combattuta dal 13 al 25 agosto 1920 alle porte di Varsavia, sui fiumi Vistola e Narew, è lo scontro decisivo della guerra sovietico-polacca. Dagli storici è considerata una delle battaglie più importanti nella storia mondiale: occupa il 18° posto. Grazie a questa storica vittoria, la Polonia non soltanto riconfermò la propria indipendenza, riconquistata due anni prima dopo un lungo periodo di spartizioni, ma salvò tutta l’Europa e il mondo dall’invasione della rivoluzione comunista. Salvò la civiltà cristiana.

- Quali furono i piani dei bolscevichi e lo stesso Lenin?

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- Per spiegarlo basta citare le parole del comandante sovietico Michail Tuchačevskij: “La via della rivoluzione mondiale passa sul cadavere della Polonia Bianca. Sulle nostre baionette porteremo la felicità e la pace alle masse lavoratrici. Mettiamoci in marcia verso l’Occidente!” Una volta soffocata la Polonia, l’Armata Rossa avrebbe proseguito nella stessa direzione, verso la Germania, aprendo anche un secondo fronte: attraverso i Monti Carpazi, si sarebbe diretta verso la Cecoslovacchia, l’Ungheria e l’Italia.

- Perché della battaglia sulla Vistola si parla anche come di un miracolo?

- La battaglia di Varsavia viene presentata dai polacchi con il termine „Miracolo sulla Vistola” perché, quando ormai sembrava che niente fosse in grado di fermare l’offensiva bolscevica e l’armata polacca si trovava in ritirata, il Comandante in Capo dell’esercito polacco, Józef Piłsudski, con un’audace controffensiva nei pressi del fiume Wieprz, inflisse la sconfitta ai bolscevichi. Ed esattamente il 15 agosto, nel giorno di festa dell’Assunzione di Maria, l’offensiva sovietica venne fermata alle porte di Varsavia, nelle località di Ossów e Radzymin. Questa vittoria fu anche il risultato di un grande slancio patriottico: si arruolarono i volontari di tutti i ceti sociali: giovani, intellettuali, proprietari terrieri, contadini e operai (i bolscevichi contavano sull’aiuto della ‘classe operaia’ sottoposta alla propaganda comunista).

- La Polonia, in quei momenti difficili, non ricevette gli aiuti dagli altri Paesi europei (ad eccezione dell’Ungheria), anche se furono minacciate anche loro dall’Armata Rossa…

- Questo è vero. Ma va detto che accanto ai polacchi, nella lotta per la libertà dell’Europa, combatterono i soldati delle formazioni ucraine, bielorusse e russe e i volontari dagli Stati Uniti d’America e dalla Francia. Questa vittoria ebbe ancora un altro, spettacolare risultato: portò l’indipendenza ai Paesi baltici, all’Estonia, alla Lettonia e alla Lituania.

- Nell’estate 1920 a Varsavia si trovava il Nunzio Apostolico, mons. Achille Ratti, futuro Papa Pio XI. Quale ruolo svolse il rappresentante di Benedetto XV in quei drammatici momenti?

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- Il ruolo di mons. Ratti fu importantissimo. Il Nunzio, malgrado la grave minaccia, non lasciò Varsavia: partecipava alle preghiere organizzate durante la battaglia sulla Vistola e si recò sulla linea del fronte per mostrare la vicinanza ai combattenti. In questo modo guadagnò la grande stima dei polacchi.    

- Quest’anno festeggiamo due importanti ricorrenze: insieme al centenario della battaglia di Varsavia anche il centenario della nascita di Karol Wojtyła. Questa coincidenza è qualcosa di molto simbolico…

- Per Giovanni Paolo II il fatto di essere nato nell’anno della battaglia di Varsavia fu molto importante. Vorrei citare le sue parole pronunciate a Varsavia durante il suo viaggio in Patria nel 1999: “Oggi il nostro pensiero va a tutti coloro che, presso Radzymin e in molti altri luoghi di questa storica battaglia, diedero la loro vita in difesa della Patria e della sua libertà esposta al pericolo. Il nostro pensiero va ai soldati, agli ufficiali, al Comandante, a tutti coloro a cui dobbiamo la vittoria. Tra gli altri ricordiamo l'eroico sacerdote Ignacy Skorupka, che perse la vita poco lontano da qui, presso Ossów. Raccomandiamo alla Divina Misericordia le loro anime”. Quest’anno, mentre festeggiamo sia il centenario della battaglia di Varsavia, sia il centenario della nascita di Karol Wojtyła, queste parole del Papa assumono una grande valenza simbolica.