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Filoni su Iraq: Papa ha preoccupazione "vivissima". "I Cristiani nuovi poveri"

Cardinale Fernando Filoni | Cardinale Fernando Filoni | Daniel Ibáñez / ACI Group Cardinale Fernando Filoni | Cardinale Fernando Filoni | Daniel Ibáñez / ACI Group

Nel dramma iracheno, “i cristiani in questo momento insieme alle altre piccole minoranze sono i poveri, veramente i poveri di questa situazione perché hanno dovuto abbandonare tutto, non solo le proprie case ma anche i propri averi e anche quel poco, rimanendo con quel poco che avevano addosso”.

Il cardinale Fernando Filoni parla della “sua” Iraq, la nazione in cui è stato Nunzio Apostolico per molti anni, anche mentre era in corso la Guerra del Golfo. Nel Paese, dice il Prefetto di Propaganda Fide, si può andare avanti solo “grazie alla solidarietà internazionale”. Indispensabile è stato l’“appello del Papa, quando mi inviava un anno fa in Iraq, soprattutto nel Kurdistan, a visitare i nostri cristiani e le minoranze, che erano state cacciate via da Isis…”.

Ai microfoni di Radio Vaticana il Porporato spiega come il Papa abbia in questo momento una preoccupazione “vivissima” per la situazione irachena. Spiega, Filoni: il Santo Padre ha “focalizzato l’attenzione internazionale sulla situazione di guerra e comunque dei nostri cristiani, che sono stati cacciati”. C’è una grande “attenzione per una situazione politica che purtroppo pesa come sempre sulla popolazione e su coloro che sono i più fragili”.

Ma come ripristinare una convivenza pacifica? “Bisogna – dice Filoni - allora uscire da una logica in cui ci si identifica solamente con i confini ed entrare nella logica di convivenza nel profondo rispetto gli uni degli altri. E questa non è tolleranza, ma è rispetto dei diritti”.

Perché “la tolleranza è una concessione”, ma “se noi passiamo ad una nuova logica, che è quella del diritto di ciascuno di vivere in quanto cittadino, i diritti umani, i diritti sociali, i diritti politici, che tutti devono avere, è chiaro che questo può permettere una convivenza”.

“Ma –aggiunge - bisogna anche uscire dalla logica di chi è maggioranza che usa il potere come se fosse poi una dittatura”. “E’ una prospettiva nella quale lavorare – spiega il cardinale - ma se non c’è la pace, se non c’è questa buona volontà, ovviamente anche l’Iraq e il Medio Oriente rimarranno terre difficili dove vivere”.

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