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Lo sguardo a Oriente di Benedetto XV: Efrem il Siro dottore della Chiesa

Il Papa che ha fondato in Pontificio Istituto Orientale, il Russicum, la Congregazione delle Chiese Orientali, guarda ad Est, secondo una prospettiva nuova

Sant'Efrem | Una icona di Sant'Efrem il Siro, dottore della Chiesa | pd Sant'Efrem | Una icona di Sant'Efrem il Siro, dottore della Chiesa | pd

In pochi lo ricordano, ma c’è una decisione di Benedetto XV, presa un secolo fa, che è un segno concreto dell’anello di congiunzione tra Oriente e Occidente. È una scelta che rafforza l’idea di Benedetto XV di guardare a Est della Chiesa, e anche alle Chiese di Rito Orientale, ma che in fondo è anche un passaggio necessario perché le missioni di Oriente cambino definitivamente: la decisione di proclamare Sant’Efrem dottore della Chiesa.

Benedetto XV lo fa con una enciclica, la Principi Apostolorum Petro, che viene firmata il 5 ottobre 1920. Nato nel 306 a Nisibi, città della Mesopotomia governata da Roma, Sant’Efrem viene battezzato verso i 18 anni, e guida insieme al vescovo della città, Giacomo, una scuola di teologia. Ordinato diacono nel 338, rimase a Nisibi fino alla conquista persiana, e poi si ritirò negli ultimi anni ad Edessa, dove alternò vita e ascetica e insegnamento e dove morì nel 373. Prolifico scrittore, teologo raffinato che non prese parte alle dispute del IV secolo, ma ne fu influenzato, comprese l’importanza della musica e della poesia per diffondere la fede.

La vita di Sant’Efrem è ampiamente spiegata nell’enciclica di Benedetto XV. Ma è nelle ragioni della scelta di proclamarlo dottore della Chiesa che si trova un affresco storico importante per comprendere i tempi.

Prima di tutto, c’è la riaffermazione del primato petrino. Benedetto XV ricorda che “i primi Padri, specialmente quelli che occupavano le cattedre più celebri dell’Oriente, ogni qual volta erano travagliati da ondate di eresie o da discordie intestine erano soliti ricorrere a questa sede apostolica, la sola capace di assicurare la salvezza in situazioni estremamente critiche”.

Tra quelli che hanno agito così, continua Benedetto XV, ci sono Basilio Magno, Atanasio e Giovanni Crisostomo. Dunque, lo sguardo ad Oriente per Benedetto XV è una missione della Chiesa universale, ed ha una reciprocità nello sguardo dell’Oriente su Roma.

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Benedetto XV poi guarda “ai popoli orientali”, abbracciati “con non minore sollecitudine e affetto dei predecessori” e si rallegra che “non pochi di essi, dopo una guerra spaventosa, abbiano recuperato la libertà e sottratto la religione al potere dei laici”. È un tema importantissimo, che è anche al centro della Maximum Illud, la lettera apostolica del 1919 che ridefinisce la missione cattolica e la libera dai protettorati stranieri.

L’enciclica, dunque, guarda ai popoli orientali che “cercano di riorganizzare la loro vita politica, ciascuno secondo le proprie caratteristiche nazionali e secondo le istituzioni tradizionali”. Non è un caso che Benedetto XV avesse avviato una politica di riconoscimento degli Stati, anche con l’obiettivo di proteggere le comunità cristiane.

Benedetto XV guarda a Oriente con prospettive di evangelizzazione: fonda nel 1918 il Pontificio Istituto Orientale e la Congregazione delle Chiese Orientali, fonda nel 1919 il Russicum con l’obiettivo di andare ad evangelizzare la Russia.

Ed è in questa serie di iniziative che si inserisce quello che l’enciclica definisce “un gesto molto adatto al momento e alla situazione” dei popoli orientale, proponendo “alla loro attenta imitazione al loro fervente culto uno splendido esempio di santità, di dottrina e di amore patrio”.

Da lì, Benedetto XV ripercorre la vita di Sant’Efrem, il suo eremitaggio interrotto solo per insegnare e poi per soccorrere i poveri durante le Eucarestie, la sapienza che lo portò a fondare una accademia mista ad una umiltà che lo portò a non essere mai ordinato sacerdote.

Benedetto XV chiosa: “Mentre ripensavamo nel Nostro intimo tutte queste cose, pregavamo con lacrime Iddio infinitamente buono affinché riconduca al seno e all’abbraccio della Chiesa Romana gli Orientali che una separazione ormai troppo lunga, contro la dottrina dei loro stessi antichi Padri che abbiamo ricordati, tiene miseramente lontani da questa Sede del beato Pietro”.

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Questa enciclica non dice solamente la spinta ecumenica di Benedetto XV. Ne racconta lo slancio evangelizzatore, e la sua consapevolezza che è necessario slegare la Chiesa da ogni logica di tipo secolare. Era un linea già indicata con la Maximum Illud.

Un solco che porterà a guardare alla Cina, tanto che Pio XI, dopo la morte di Benedetto XV, nominerà Celso Costantini come delegato in Cina, e questi si farà promotore di un cattolicesimo dal volto cinese che condurrà poi alle nomine dei primi vescovi nati in Cina.

La figura di Sant’Efrem non è solo il ponte tra Oriente e Occidente gettato da Benedetto XV. È anche il segnale di una metodologia che il Papa intende sviluppare per superare le divisioni del mondo, e non solo della Chiesa, riportando al centro Cristo.