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Cardinale Koch, “La missione della teologia, restaurare l’unità della Chiesa”

Il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani riceve una laurea honoris causa dalla facoltà di Teologia Cattolica di Lublino

Il Cardinale Koch a Lublino | Il Cardinale Koch riceve il dottorato honoris causa della Facoltà di Teologia cattolica dell'Università Giovanni Paolo II di Lublino, 16 ottobre 2020 | Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani Il Cardinale Koch a Lublino | Il Cardinale Koch riceve il dottorato honoris causa della Facoltà di Teologia cattolica dell'Università Giovanni Paolo II di Lublino, 16 ottobre 2020 | Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani

Come il diritto canonico delle Chiese Orientali ha un valore temporale, perché guarda già a quando la Chiesa sarà di nuovo unita, così la teologia “adempie alla sua responsabilità e missione ecclesiastica solo quando si comprende al servizio della restaurazione dell’unità della Chiesa e dà il suo inconfondibile contributo”. È questo il cuore del discorso di ringraziamento del Cardinale Kurt Koch all’Università di Lublino, dove lo scorso 16 ottobre è stato insignito della laurea honoris causa dalla Facoltà di Teologia Cattolica dell’università dedicata a San Giovanni Paolo II, che lì studiò.

Il Cardinale Koch è presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e dunque il suo discorso non poteva che guardare all’ecumenismo, partendo dall’impegno ecumenico di Giovanni Paolo II. Fu lui, in fondo, a considerare “temporale” il Codice di Diritto Canonico delle Chiese orientali.

“Giovanni Paolo II – ha detto il Cardinale Koch – era profondamente convinto che, dopo il primo millennio della storia cristiana, che era il tempo del cristianesimo indiviso, e dopo il secondo millennio, che ha portato a profonde divisioni nella Chiesa sia in Oriente che in Occidente, il grande compito con cui il terzo millennio avrebbe dovuto fare i conti era quello di riscoprire l’unità perduta della Chiesa”.

La teologia, ha poi spiegato il Cardinale, ha “un compito essenziale per adempiere questo compito”, e per questo si deve prima di tutto avere “una formazione ecumenica”, mentre “una speciale responsabilità ecumenica spetta a quei teologi ai quali la Chiesa affida l’ufficio di vescovo di una Chiesa locale”.

Lo sottolinea, nota il Cardinale Koch, anche il diritto canonico della Chiesa latina, che addirittura dedica “un capitolo a parte al mandato ecumenico”, che raccomanda ai pastori la partecipazione attiva alla responsabilità ecumenica.

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Ma come una facoltà teologica può esercitare una responsabilità ecumenica? Ci possono essere corsi sull’ecumenismo, e va bene, ma serve anche una “visione ecumenica” nell’insegnamento.

Ed ecco allora che il Cardinale Koch sottolinea che le discipline teologiche hanno una dimensione ecumenica, a partire dalle discipline esegetiche, “considerate a lungo necessarie per la cooperazione ecumenica”. Ma anche le discipline storiche hanno “dimensioni ecumeniche elementari”, perché “non si può comprendere la preoccupazione ecumenica senza la conoscenza storica delle varie divisioni ecclesiali e dei loro background culturali, politici e teologici da un lato ed ecumenico dall’altro”.

Altre discipline che hanno una dimensione ecumenica sono quelle “sistematico teologiche”, che trovano una convergenza ecumenica nei documenti, ma anche la scienza liturgica, perché “l’essenza più intima del dialogo ecumenico non è semplicemente uno scambio di idee, pensieri e teorie, ma un arricchente scambio di doni, e poiché le varie Chiese e comunità ecclesiali conservano nella loro vita liturgica e spirituale i loro doni preziosi e quelli grandi, soprattutto spirituali”.

Infine, anche il diritto canonico ha una dimensione ecumenica, e il Cardinale Koch lo spiega a partire dal Diritto Cattolico delle Chiese Orientali Cattoliche, i cui canoni, approvati da San Giovanni Paolo II, sono validi “fino a quando non sono sovrascritti o modificati dalla massima autorità della Chiesa per giusti motivi”.

La più importante di queste ragioni, spiega il Cardinale Koch, è quella “della piena comunione di tutte le Chiese d’Oriente con la Chiesa cattolica”, vale a dire che “quando sarà raggiunta la piena comunione tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodossa e ortodossa orientale, il compito del Codice di Diritto Canonico delle Chiese Orientali sarà adempiuto e una nuova legislazione dovrà essere affrontata”.

È questa “la visione di un diritto canonico ecumenico”, che non è ancora possibile oggi, ma che lo sarà quando tutti saranno uno.

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