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Diplomazia pontificia, un nuovo osservatore della Santa Sede a Ginevra

Arriva alle organizzazioni internazionali con sede a Ginevra un esperto di multilaterale. L’Unione Europea pubblica una risoluzione sul Nicaragua. Il ruolo del Cardinale Zuppi in Russia

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Mentre arriva la notizia che ci sarà un nuovo osservatore permanente a Ginevra, filtrano dettagli sulla missione che il Cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, farà in Russia. Avverrà la prossima settimana, non prevedrà un incontro con il presidente russo Vladimir Putin, e sarà soprattutto una missione di tipo umanitario, per favorire uno scambio di prigionieri e la liberazione dei bambini ucraini. Sembra che Zuppi non incontrerà nemmeno il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov (andrà un ufficiale di livello inferiore), mentre ci dovrebbe essere un incontro con il Patriarca di Mosca Kirill o al limite con il metropolita Antonij, capo delle relazioni esterne del Patriarcato di Mosca. Un piccolo passo avanti, perlomeno.

La nomina di un nuovo osservatore permanente a Ginevra ha una certa importanza, considerando il sempre maggiore peso Ginevra avrà sullo scacchiere internazionale. Tra le altre questioni, anche la situazione del Nicaragua e la risoluzione europea che ha cercato di affrontarla.

                                               FOCUS NUNZIATURE

Un nuovo osservatore permanente della Santa Sede a Ginevra

È l’arcivescovo Ettore Balestrero il nuovo Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali a Ginevra. Il nunzio, già sottosegretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, è stato nunzio in Colombia dal 2013 al 2018, quando fu poi chiamato a rappresentare il Papa nella Repubblica Democratica del Congo. Papa Francesco ha visitato sia Colombia che Repubblica Democratica del Congo nel periodo in cui l’arcivescovo Balestrero era suo ambasciatore lì.

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La nomina del nuovo osservatore è stata pubblicata il 21 giugno. L’arcivescovo Balestrero prende il posto dell’arcivescovo Fortunatus Nwachukwu, che è stato nominato sottosegretario del Dicastero per l’Evangelizzazione in Vaticano.

Nei suoi cinque anni in Colombia, l’arcivescovo Balestrero aveva sostenuto l’accordo del governo con le FARC per il raggiungimento della pace siglato nel 2016, cui fu presente anche il Cardinale Pietro Parolin.

Entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 1996, monsignor Balestrero ha ricoperto incarichi in Corea, Mongolia e Paesi Bassi. A partire dal 2001 ha prestato servizio presso la Segreteria di Stato per essere poi nominato, il 17 agosto 2009, da Papa Benedetto XVI come sottosegretario per i Rapporti con gli Stati.

Come “viceministro degli Esteri” (incarico che ha svolto dal 2009 al 2013), Balestrero aveva lavorato anche al percorso della Santa Sede verso la piena trasparenza finanziaria: era stato lui a guidare la delegazione della Santa Sede all’assemblea plenaria di MONEYVAL del luglio 2013 – l’organismo del Consiglio d’Europa che valuta l’aderenza dei Paesi membri agli standard internazionali – ed era stato lui a spiegare personalmente gli esiti del rapporto di MONEYVAL ai giornalisti.

Nei suoi quattro anni da sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, l’arcivescovo Balestrero ha anche curato la trattativa con lo Stato d’Israele e ha “aperto” il Vietnam, dove presto ci sarà un rappresentante diplomatico residente della Santa Sede. Ma prima ancora aveva lavorato in Segreteria di Stato, e si era occupato delle relazioni con l’OSCE (l’Organizzazione Europea per la Sicurezza e la Cooperazione). I suoi temi sono stati quelli della pace e del disarmo e della libertà religiosa (è stato tra gli organizzatori del primo convegno che si sia mai tenuto sulla intolleranza e sulla discriminazione contro i cristiani). 

                                               FOCUS PAPA FRANCESCO

More in Mondo

Il Primo Ministro del Kosovo incontra Papa Francesco

Il 22 giugno 2023, Albin Kurti, primo ministro della Repubblica del Kosovo, è stato ricevuto da Papa Francesco. Era la sua prima visita in Vaticano. La Santa Sede non ha mai riconosciuto il Kosovo, pur guardando con attenzione alla situazione nel territorio, e dunque non c’è un comunicato vaticano sull’incontro, come succede per i bilaterali.

Tuttavia, l’ufficio del Prio Ministro mha fatto sapere che “in questo incontro cordiale, nella mattina del più lungo giorno dell’anno, come il Primo Ministro ha ricordato nell’incontro” Kurti ha “espresso gratitudine ed è stato molto contento per tale ospitalità” e ha detto che “la Repubblica del Kosovo è determinata alla pace, il dialogo e la cooperazione”.

Il comunicato rende anche noto che Kurti e Papa Francesco hanno parlato di giovani e futuro, e anche della figura, il lavoro e l’eredità di Madre Teresa, e riguardo la coesistenza multi-religiosa in Kosovo.

“Il Primo Ministro – si legge ancora – ha dunque informato il Papa del successo democratico ed economico della nazione, e riguardo gli sviluppi del governo, enfatizzando che siamo il primo governo che distribuisce contributi alle madri incinte e ai bambini fino a 16 anni, come politica di supporto”.

Nel 2016 e il 2017, il presidente Hashim Thaçi fece visita al Papa, nel 2018 fu la volta del Primo Ministro Ramush Haradinaj, e nel 2019 venne in Vaticano il ministro degli Esteri Behgjet Pacolli, mentre lo scorso 21 gennaio Vjosa Osmani, presidente del Paese, fu ricevuta dal Papa.

La Santa Sede non ha riconosciuto il Kosovo, il cui status è particolarmente controverso. La Santa Sede ha però nominato un delegato apostolico nella persona del nunzio in Slovenia.

La Santa Sede ha mostrato molta attenzione per la regione, tanto che il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha visitato il Kosovo nel giugno 2019.

L’inviato USA per il clima John Kerry incontra Papa Francesco

Il 19 giugno, l’inviato USA per il clima John Kerry è stato in udienza da Papa Francesco. I due si erano incontrati l’ultima volta il 15 maggio 2021. Parlando con la Reuters, Kerry ha detto di aver trovato il Papa “in grande spirito e grande forma”.

Secondo Kerry, il Papa è davvero “lo stesso Papa che ho avuto il privilegio di incontrare diverse volte negli ultimi anni. Era forte. È stato chiaro”.

Ricordando la Laudato Si, enciclica di dottrina sociale di Papa Francesco con un forte focus sull’ecologia integrale uscita nel 2015, Kerry ha detto che l’enciclica “si dimostra un grande e importante punto di svolta per molte persone”, e che ha avuto un “profondo impatto sul CoP di Pairgi del 2015 che ha stabilito gli obiettivi per limitare il riscaldamento globale”. Kerry ha anche ringraziato il Papa per aver continuato a lanciare l’allarme riguardo i pericolo e le sfide del cambiamento climatico.

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                                               FOCUS AMBASCIATE

Il Canada ha finalmente un ambasciatore presso la Santa Sede

Dopo due anni come "incaricato di affari" dell'ambasciata del Canada presso la Santa Sede, Paul Gibbard è stato promosso ambasciatore e ha presentato il 24 giugno le sue lettere credenziali a Papa Francesco. In questi due anni è stato comunque il più alto in grado dell'ambasciata, praticamente un ambasciatore senza averne il titolo formale, ed ha contribuito anche alla riuscita del viaggio del Papa in Canada nel luglio 2022. 

Classe 1960, nel ministero degli Affari Esteri di Ottawa dal 1992, ha avuto incarichi di pianificazione politica, nelle direzioni generali per i Caraibi ed il Messico e per questioni transfrontaliere statunitensi.

Gibbard è anche stato Direttore degli Affari Indigeni e dell’Artico. Ha lavorato in Costa Rica e Cuba e nel Ministero degli Affari del Messico nell'ambito di un programma di scambio, ed è stato poi incaricato di questioni politiche, economiche, affari pubblici e advocacy programs presso le Ambasciate in Italia, Albania, Malta e San Marino.  

Altri incarichi: quello al Privy Council Office per questioni transfrontaliere tra gli Stati Uniti e Messico, e poi il ruolo di  Ambasciatore in Venezuela e Iraq e Capo Missione in Nigeria. Fino all'arrivo in Vaticano. 

                                               FOCUS AMERICA LATINA

Nicaragua, una risoluzione del Parlamento europeo chiede una prova in vita del vescovo Álvarez

In una risoluzione approvata lo scorso 15 giugno, il Parlamento Europeo ha chiesto al governo di Daniel Ortega in Nicaragua una prova di vita del vescovo Rolando Álvarez di Matagalpa, in carcere dallo scorso febbraio dopo essere stato condannato a 26 anni e 4 mesi di prigione a seguito di un processo farsa in cui è stato accusato anche di attentare alla sicurezza nazionale.

È la settima risoluzione del Parlamento Europeo sul Nicaragua riguardo “la deriva totalitaria del regime guidato da Daniel Ortega e Rosario Murillo”, come si legge sul sito del Parlamento Europeo.

La risoluzione chiede al regime nicaraguense che “si dimostri che il vescovo Rolando Álvarez è vivo; ribadisce l’appello per la liberazione immediata e senza condizioni di lui e di tutti i prigionieri politici, attivisti dell’opposizione, difensori dei diritti umani e dell’ambiente, membri della Chiesa cattolica e giornalisti detenuti arbitrariamente”.

La risoluzione denuncia che da aprile 2018 “il regime nicaraguense ha soppresso più di 3300 organizzazioni e fondazioni senza scopo di lucro, incluse organizzazioni di donne e organizzazioni legate alla Chiesa cattolica, negando a un numero incalcolabile di persone l’accesso ai loro servizi e assistenza”.

Per questo, il Parlamento “condanna energicamente l’uso generalizzato di violazione sistematiche e deliberate dei diritti umani da parte del regime nicaraguense contro la sua popolazione per ragioni politiche”, e sottolinea che “queste violazioni costituiscono crimini contro l’umanità”.

Il Parlamento Europeo lamenta anche “la continua strumentalizzazione del sistema giudiziale e la complicità dei giudici con il regime”, e per questo chiede che la “lista dei sanzionati in Unione Europea si ampli giudici e procure, così come al presidente Ortega e al suo circolo più vicino”.

Secondo la risoluzione, Ortega, al potere dal 2007, deve rendere conto alla Corte Internazionale di Giustizia per i suoi crimini.

Bolivia, una lettera di Papa Francesco potrebbe portare a un cambiamento delle relazioni diplomatiche

Wilfredo Chàvez, procuratore generale di Bolivia, ha ritenuto la posizione assunta da Papa Francesco sulla questione degli abusi in una lettera al presidente come una opportunità per lavorare sulla revisione degli antecedenti dei sacerdoti e porre condizioni e definire controlli che permettano di evitare più casi di pederastia in collegi amministrati dalla Chiesa cattolica.

Si tratta, secondo il procuratore generale, di rilanciare le relazioni internazionali e di farlo anche con la Santa Sede. Così, l’obiettivo è di ritornare sul tema educativo sui e controlli che devono esistere nei collegi gestiti dalla Chiesa cattolica, siano essi direttamente o per convenzione della Chiesa.

Il Papa aveva risposto ad una lettera del presidente boliviano Luis Arce il 22 maggio. Arce aveva inviato la lettera al Papa dopo che erano venute alla luce una serie di denunce di pedofilia a seguito delle confessioni pubbliche del defunto gesuita Alfonso Pedrajas. Pedrajas aveva rivelato di aver abusato sessualmente di almeno 85 minori ed adolescenti, la maggioranza dei quali si trova nel Collegio Giovanni XXIII di Cochabamba.

Nella sua risposta, Papa Francesco aveva espresso la sua “vergogna e costernazione” per i casi di pedofilia commessi da sacerdoti della Chiesa cattolica, e manifestò al presidente il suo “fermo desiderio di rispondere con la promessa della totale disponibilità della Chiesa per lavorare insieme al governo del Paese”.

Arce aveva chiesto la “revisione congiunta dei precedenti dei sacerdoti cattolici stranieri che si trovano attualmente nello Stato plurinazionale di Bolivia”, per impedire che sacerdoti con precedenti di abuso sessuale con bambini e adolescenti entrino in Bolivia. Il presidente aveva anche proposto di revisionare gli accordi e le convenzioni vigenti, finalizzando l’Accordo tra lo Stato Plurinazionale di Bolivia e la Santa Sede che dovrebbe includere delle precauzioni affinché non si ripetano casi di pedofilia”.

Maria Nela Preda, ministro della presidenza, ha fatto sapere che il “Ministero delle Relazioni Estere prenderà contatto con il Vaticano per stabilire i meccanismi di lavoro congiunto sulla revisione dei precedenti dei sacerdoti della Chiesa cattolica che sono nel paese”. Secondo il procuratore Chàvez, gli atti di pedofilia sono stati “qualcosa di eventuale, se non sistematico”, e coperto dalle gerarchia della Chiesa cattolica in Bolivia che merita per questo “sanzioni penali”.

Il governo ha elaborato anche un progetto di legge che prevede lo stabilimento di una Commissione della Verità, con la partecipazione di rappresentanti di tre organi di Stato, con l’obiettivo di conoscere le denunce delle vittime in tutto il Paese, “garantendo la loro cura, giustizia e riparazione”. La proposta è ora in esame alla Camera dei Deputati a La Paz.

Il ministro degli Esteri del Paraguay incontra l’arcivescovo Gallagher

Il 17 giugno, Julio César Arriola, ministro delle relazioni estere della Repubblica del Paraguay, è stato ricevuto dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i rapporti con gli Stati.

Secondo un comunicato del ministero degli Esteri paraguayano, i due hanno riaffermato le buone relazioni bilaterali e hanno fatto una panoramica dell’attuale agenda internazionale, le sfide che si devono affrontare per arrivare alla pace e trovare una soluzione alla guerra in Ucraina in breve tempo.

Il ministero comunica anche che i due hanno conversato su temi comuni di agenda internazionale, come la difesa dei valori familiari, dei diritti umani e dell’ambiente, nonché della necessità di appoggiare le posizioni l’uno dell’altro nei fori internazionali per raggiungere soluzioni condivise.

Il “ministro degli Esteri” vaticano ha sottolineato da parte sua, l’importanza che il Papa dà al Paraguay, alla sua popolazione cattolica, alla figura della donna paraguayana, nonché alle relazioni storiche iniziate già nel XVIII secolo con l’arrivo delle missioni gesuite e la sua eredità artistica.

Il ministro Arriola ha anche portato a Francesco i saluti del popolo paraguayano, del presidente della Repubblica e della sua famiglia, e gli auguri.

                                                           FOCUS EUROPA

Macron lancia un fondo per la costruzione chiese

In un discorso per il millesimo anniversario della fondazione monastero di Mont St. Michel in Normandia, il presidente Emmanuel Macron ha annunciato un nuovo fondo per proteggere le chiese più piccole e gli edifici religiosi in tutta la Francia. Si tratterebbe di un fondo aperto alle sottoscrizioni nazionali private, simili ad uno degli schemi finanziari utilizzati per finanziare la ricostruzione della cattedrale di Notre Dame a Parigi. Il fondo avrebbe lo scopo di aiutare le città più piccole che non hanno risorse per mantenere gli edifici storici, i quali per la maggior parte appartengono allo Stato.

Ci sono circa 50 mila edifici religiosi in Francia, e 42 mila di questi sono cattolici. Ma solo 10.500 di questi edifici sono considerati eredità nazionale e hanno dunque accesso a fondi speciali. Ogni riparazione degli altri edifici è una spesa che ricade principalmente sulle amministrazioni locali.

Il discorso di Macron ha avuto reazioni diverse, tanto che alcuni hanno contestato il presidente di aver reso più sfumata la distinzione tra Chiesa e Stato, considerando che anche la sottoscrizione per Notre Dame aveva incluso un taglio delle tasse del 75 per cento per i donatori e il nuovo fondo dovrebbe avere caratteristiche simili.

Lo schema di Macron utilizzerebbe un inventario di edifici religiosi che copre l’intera Francia, richiesto lo scorso anno dal Senato, perché senza quest’inventario sarebbe difficile per Parigi di identificare e aiutare le chiese rurali in distruzione e difficoltà finanziaria.

In cambio degli aiuti, le Chiese locali dovrebbero essere più aperte ad attività non religiose, come mostre e concerti.

                                                           FOCUS MEDIO ORIENTE

Libano, il Cardinale Rai prende posizione sulle elezioni

Nella consueta omelia domenicale, il Cardinale Bechara Rai, patriarca dei Maroniti, ha criticato con fermezza la sessione elettorale presidenziale che ha avuto luogo in Libano il 14 giugno. Il Cardinale si è chiesto come si può “accettare la farsa di ciò che è successo nella sessione dell’elezione presidenziale, quando la costituzione è stata violata a sangue freddo? È così che sradichiamo dal libano delle sue caratteristiche e lo priviamo del suo messaggio tra i vicini Arabi?”

Il Cardinale ha chiesto che tutti gli officiali si mettano in preghiera e alla presenza di Dio con uno spirito di umiltà, per ammettere i propri errori e tornare alla logica dello Stato.

                                                           FOCUS MULTILATERALE

Gallagher interviene alla seconda edizione della Conferenza Ukraine Recovery

Intervenendo alla seconda edizione della Conferenza Ukraine Recovery, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, ha lodato la resilienza del popolo ucraino nel tragico scenario di 16 mesi di guerra, descritto come “eroico” chi è tornato per ricostruire il Paese,” e ribadito che “il bene, pur soffocato dal male, non può mai essere totalmente distrutto e rimane pronto a rinascere”.

La conferenza è stata ospitata dal Regno Unito e dal governo ucraino. Il cardinale ha descritto le distruzioni materiali che ha vissuto l’Ucraina, cui si aggiungono “le profonde ferite del tessuto familiare, sociale e religioso”, e ha sottolineato che “è necessario ricostruire le infrastrutture, rivitalizzare le economie locali, i progetti educativi e l’assistenza sanitaria, tutti elementi cruciali per ripristinare la stabilità, promuovere la resilienza e consentire alle persone di ricostruire la propria vita”.

C’è però anche bisogno di “curare le ferite spirituali, facilitare la comprensione reciproca e promuovere il dialogo”, perché altrimenti si sarebbe sempre in pericolo di recrudescenza della guerra.

Gallagher ha anche richiamato affinché tutti si facciano “artigiani di pace”, anche “la società civile e gli individui di buona volontà con le loro competenze, risorse e solidarietà”.

L’arcivescovo Gallagher sulla diplomazia della Santa Sede

Parlando ad un convegno promosso da Carità Politica il 19 giugno, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, ha sottolineato le caratteristiche della diplomazia della Santa Sede, sottolineando come uno dei primi impegni deve essere quello di “sviluppare una cultura dell’incontro”, in quanto la diplomazia rappresenta “veicolo di dialogo, di cooperazione e di riconciliazione”.

“La cultura dell’incontro — ha affermato l’arcivescovo Gallagher — sottende la vocazione missionaria che i rappresentanti pontifici, assieme ai collaboratori di ruolo, vivono nel loro ministero nei vari Paesi del mondo”.

Il “ministro degli Esteri” vaticani ha ricordato alcuni episodi biblici che possono essere da esempio per la diplomazia pontificia, dall’incontro tra Abramo e il sacerdote Melchisedek a quello del profeta Eliseo e Nàaman, fino a Dario, re dei persiani, e il profeta Daniele. E poi, ci sono i vari incontri con gli stranieri dei Vangeli, incontri che hanno come protagonista Gesù e che hanno sempre un carattere personale.

Allo stesso modo, anche gli incontri dei diplomatici della Santa Sede devono avere caratteristiche personali, fedeli alla prima vocazione di pastori, perché “come arcivescovi e sacerdoti parlano al cuore delle persone che ricevono”.

Spiega Gallagher: “Per promuovere la cultura dell’incontro, infatti, il diplomatico della Santa Sede dovrà anche essere un autentico testimone del Vangelo, un operatore di pace infaticabile e un apostolo appassionato della riconciliazione”.

Per l’Associazione Carità Politica il convegno è stato l’occasione per lanciare, in vista del prossimo Giubileo, la costituzione del Polo delle Religioni in Roma, che si pone in continuità con la diplomazia con un comune obiettivo: rendere le religioni da fonti di conflitto a strumenti di pace, condivisione di vita e solidarietà, al fine di favorire un incontro nella fratellanza umana.

La Santa Sede a Ginevra, il rapporto dell’Alto Commissario per i Diritti Umani

Il 20 giugno, la Santa Sede è intervenuta durante il dialogo con l’Alto Commissario per i Diritti Umani riguardo il suo rapporto annuale a Ginevra.

La Santa Sede ha in particolare apprezzato la richiesta dell’Alto Commissario di superare i divari che si sono creati con la pandemia del COVID 19 e ha ribadito la necessità di azioni internazionali per affrontare il cambiamento climatico.

Secondo la Santa Sede, il “sempre crescente numero di conflitti protratti e violazioni dei diritti umani nel mondo sono allarmanti e richiedono una risposta consolidata e coordinata da parte della comunità internazionale”.

La Santa Sede ha messo in luce che “solo attraverso sforzi concertati, focalizzati sulla promozione della fraternità umana e del bene comune, sarà possibile affrontare adeguatamente queste sfide di preoccupazione globale”. Per questo, la Santa Sede ha ribadito l’obbligo di rispettare ogni vita umana dal momento del concepimento alla morte naturale, e ha reiterato la necessità di “evitare iniziative ideologiche in questo consiglio, incluso l’uso di espressioni ambigue che minano il lavoro del Consiglio stesso e non contribuiscono alla promozione e protezione dei diritti umani”.

Il riferimento, nemmeno troppo nascosto, è all’uso delle categorie dell’ideologia “gender”, non riconosciute a livello internazionale, e utilizzate per promuovere nuovi diritti.

Secondo la Santa Sede, si potrà evitare la critica ai vari meccanismi del Consiglio dei diritti umani solo se “ci si concentrerà su specifici obiettivi”.

La Santa Sede ha ricordato che “i milioni di persone che soffrono per la povertà estrema, la schiavitù, i disastri climatici e la guerra stanno chiedendo aiuto e la comunità internazionale non deve rimanere neutrale”, e ha reiterato la volontà di “contribuire al lavoro di questo Consiglio nella autentica promozione dei diritti umani fondamentali e del bene comune, e il pieno apprezzamento della dignità inerente di ogni essere umano”.

La Santa Sede a Ginevra, la questione delle vittime dalle mine

Lo scorso 20 giugno, si è tenuto a Ginevra un incontro intersessione riguardo la Convenzione delle Mine Anti-persona, e in particolare sulla questione di fornire supporto di salute mentale e psicologico.

Nel suo intervento, la Santa Sede ha notato che “in un tempo in cui la pace sembra sempre più lontana per dare strada alla guerra, i conflitti crescono e la stabilità è sempre più posta a rischio, le mine anti-persona continuano a rappresentare un approccio dubbio ed artificiale alla sicurezza”, e le vittime delle mine rappresentano un segnale della crudeltà e tragedia dei conflitti”.

Per questo, “l’attenzione speciale data alle vittime delle mine è di grande importanza, perché continua anche dopo la distruzione degli stoccaggi”, in quanto “un mondo libero dalle mine non è un mondo libero dalle vittime”:

La Santa Sede apprezza che si dia sempre maggiore attenzione alla salute mentale e al supporto psicosociale delle vittime, spesso trascurate alla pari del loro accompagnamento spirituale, e sottolinea che “è fondamentale continuare a piazzare la persona umana al centro e così garantire una forma di assistenza che sia integrale e prenda in considerazione i diversi bisogni delle vittime”, al punto che “la cura spirituale dovrebbe accompagnare l’assistenza medica, psicologica ed economico sociale”.

Per la Santa Sede, l’assistenza alle vittime non può essere “limitata alla sola destinazione di aiuto finanziario”, ma deve piuttosto permettere alle persone di prendersi in carico il loro intero sviluppo umano”.

La Santa Sede chiede, alla fine, di considerare l’assistenza “dalla prospettiva delle vittime stesse”.

La Santa Sede all’Organizzazione degli Stati Americani

Il 21 giugno si è tenuta la 53esima sessione regolare dell’Assemblea Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani, sul tema “Rafforzare una cultura di responsabilità democratica con la promozione dei diritti umani, la protezione e l’eguaglianza nelle Americhe”.

La Santa Sede vi ha partecipata con una delegazione guidata da monsignor Miroslaw Wachowski, sottosegretario per le relazioni con gli Stati.

Nata nel 1948, l’OAS è la più antica delle organizzazioni regionali, ed ha un peso tale che viene spesso descritta come “una piccola ONU”. L’OAS comprende i 35 Stati indipendenti delle Americhe (la Guyana francese non vi partecipa perché, appunto, dipartimento d’Oltremare francese) e funziona come forum politico multilaterale per la soluzione di problemi politici.

La sede principale dell’Organizzazione è appunto a Washington, e vi partecipano, in qualità di osservatori, oltre 70 tra Stati e organizzazioni. La Santa Sede è uno di questi.

Fino al 2012, il ruolo di Osservatore Permanente presso l’Organizzazione degli Stati Americani era stato ricoperto dal nunzio negli Stati Uniti. Nell’agosto 2012, invece, fu deciso che il posto sarebbe stato ricoperto dall’Osservatore Permanente presso le Nazioni Unite. Nel 2019, poi, la Santa Sede ha aperto un ufficio con un Osservatore Permanente dedicato proprio all’Organizzazione.

Nel suo intervento, monsignor Wachowski ha lodato la scelta del tema, e ha sottolineato come una “azione politica autentica, basata sulla legge e sul dialogo e radicata in un mutuo impegno per il bene comune, si rinvigorisce dalle energie relazionali, intellettuali, culturali e spirituali rilasciate dall’impegno politico di ogni uomo e donna”.

La missione della governance, ha aggiunto, implica anche il “riconoscimento della dignità inerente di ogni persona, così come la ricerca del bene comune, il rispetto e la promozione dei diritti umani fondamentali, inclusa la libertà di religione e credo e la libertà di espressione, l’inclusione di minoranze etniche e la cura responsabile per la nostra casa comune”.

Oggi più che mai – ha detto il rappresentante della Santa Sede – “la nostra società ha bisogno di promotori del bene comune, di artigiani di pace, di forgiatori di fraternità”.

Il “viceministro degli Esteri” vaticano ha poi sottolineato che la crisi in Nicaragua è fonte di “particolare preoccupazione” per la Santa Sede, perché colpisce “persone e istituzioni, inclusi i cattolici e la Chiesa cattolica”, come dimostra “l’ingiusta incarcerazione del vescovo Rolando Álvarez”.

La Santa Sede chiede di “superare la logica partigiana” e di lavorare “costantemente per il bene comune”, cosa che include “la concreta ricerca della pace, che è fondata sulla verità, la giustizia, la libertà e l’amore, e raggiunta attraverso il paziente esercizio del dialogo”.

Sottolineando che la Santa Sede guarda con attenzione a tutte le crisi nel continente americano, Wachowski menziona anche la situazione ad Haiti, la cui “attuale crisi politica e sociale rovina le speranze delle persone”, e mostra apprezzamento per gli sforzi dell’OAS per affrontare la situazione ad Haiti con un Gruppo di Lavoro dedicato cui partecipa anche la Missione permanente.

Infine, la Santa Sede rinnova il suo impegno a continuare a stabilire “ponti di dialogo e comprensione, per il beneficio dei più deboli e di quanti vivono in una situazione marginale, e di dare voce a quanti non ne hanno o sono silenziati, così che tutti possano sentirsi membri di una sola famiglia umana, di cui siamo tutti parte”.