Cristo con una preghiera di lode e di ringraziamento gioiosa e convinta ci svela il segreto che esiste tra Lui e Dio. Gesù non ha ancora detto a nessuno, in maniera esplicita, di essere il Figlio di Dio. Ora, invece, per ben cinque volte in pochissime righe si rivolge a Dio chiamandolo “Padre” e si mette a parlare con Lui davanti ai discepoli e alla folla, testimoniando la comunione e identità totale esistente tra loro. La nostra fede si radica su questa coscienza chiara che Cristo ha della sua divinità, di essere il Figlio di Dio.

Queste le parole di Gesù: “In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”. Poi rivolgendosi ai discepoli prosegue: “Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete”. Alla domanda: a chi il Padre rivela il Figlio? il Vangelo di oggi risponde: non ai  sapienti e agli intelligenti, ma ai piccoli. Gesù è vero Dio e vero Uomo, è il Figlio di Dio fatto carne, ma questo solo i piccoli, gli umili, i docili, sono in grado di capirlo. Arroganza, presunzione e orgoglio, al contrario, non permettono di apprendere e di comprendere la fede né la Parola di Dio. Storicamente è proprio accaduto questo. I primi discepoli di Cristo sono stati  pescatori, poveri, peccatori e malati emarginati. I sapienti come Nicodemo, e gli intelligenti come Saulo di Tarso, hanno dovuto fare un lungo cammino di discesa per arrivare a Dio, per lasciarsi da lui afferrare. Naturalmente, il cristianesimo non condanna la scienza e la sapienza, ma la superbia e la presunzione; non si appoggia sull'ignoranza, ma sull’umiltà dell’uomo. Il paradosso della fede, infatti, è: “chi si umilia sarà esaltato”.

Nel Salmo abbiamo acclamato: “Benedetto sei tu, Signore, umile re di gloria”. Cristo si presenta a noi come modello di umiltà e ci chiede di imparare dal suo Cuore il modo di amare delicato e indomito. Ma cosa dobbiamo fare per diventare “piccolo” per essere “umile”? Mettere il Signore al centro dei nostri interessi, delle nostre scelte, dei nostri pensieri. Così la vita diventa, man mano, più serena e noi comprendiamo che l’essenziale si trova lontano dai riflettori o dalla confusione del mondo. Significa accogliere l’invito di Cristo: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati ed oppressi, e io vi darò ristoro”. Il Signore non ci propone un nuovo sistema di pensiero, una morale migliore, ma ci invita ad accogliere la sua Persona che ci accompagna,  dona forza e consolazione, ci rincuora. La fede in Lui, infatti, non è una perdita, ma un guadagno. Il Signore arricchisce infinitamente la vita di coloro che lo accolgono perché rivela che ognuno di noi è voluto e amato da Dio per sempre e in quanto tale l’approdo della nostra esistenza sarà l’eternità.

Chiediamo allo Spirito Santo di deporci in cuore questa verità: umiltà profonda, che faceva pregare Francesco: Signore, tu sei umiltà e ci porta a confessare nel Credo della Santa Messa: “Discese dal cielo…e si fece carne”.