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Il Sinodo. Da Apostolica Sollicitudo a Episcopalis Communio

Le norme che regolano il Sinodo volute da Paolo VI e da Papa Francesco

Una riunione del Sinodo - Daniel Ibanez CNA |  | Una riunione del Sinodo - Daniel Ibanez CNA Una riunione del Sinodo - Daniel Ibanez CNA | | Una riunione del Sinodo - Daniel Ibanez CNA

Il Sinodo dei Vescovi è una intuizione di Papa Paolo VI. Prima della conclusione del Concilio Vaticano II, nel dicembre 1965, il Pontefice decise di istituirlo per proseguire l’esperienza conciliare. Il 15 settembre 1965 Paolo VI firmò la lettera apostolica in forma di motu proprio Apostolica Sollicitudo che disponeva l’istituzione del Sinodo dei Vescovi.

“La sollecitudine apostolica – scriveva il Papa - ci induce a rafforzare con più stretti vincoli la Nostra unione con i Vescovi che lo Spirito Santo ha costituito per governare la Chiesa di Dio”.

“Il Concilio Ecumenico – proseguiva - è stato anche la causa che Ci ha fatto concepire l'idea di costituire uno speciale consiglio permanente di sacri Pastori, e ciò affinché anche dopo il Concilio continuasse a giungere al popolo cristiano quella larga abbondanza di benefici, che durante il Concilio felicemente si ebbe dalla viva unione Nostra con i Vescovi”.

“Dopo aver maturamente considerato ogni cosa – specificava il Papa - per la Nostra stima ed il Nostro rispetto nei riguardi di tutti i Vescovi cattolici, e per dare ai medesimi la possibilità di prendere parte in maniera più evidente e più efficace alla Nostra sollecitudine per la Chiesa universale, di nostra iniziativa e con la Nostra autorità apostolica erigiamo e costituiamo in questa alma Città un consiglio permanente di Vescovi per la Chiesa universale, soggetto direttamente ed immediatamente alla Nostra potestà e che con nome proprio chiamiamo Sinodo dei Vescovi. Questo Sinodo, che, come ogni istituzione umana, col passare del tempo potrà essere maggiormente perfezionato, è retto dalle seguenti norme generali”.

Il Sinodo dei Vescovi – precisava ancora Paolo VI – “viene costituito in maniera tale che sia una istituzione ecclesiastica centrale; rappresentante tutto l'Episcopato cattolico; perpetua per sua natura; quanto alla sua struttura, svolgente i suoi compiti in modo temporaneo ed occasionale. Al Sinodo dei Vescovi spetta per sua natura il compito di dare informazioni e consigli. Potrà anche godere di potestà deliberativa, quando questa gli sia stata conferita dal Romano Pontefice al quale spetta in tal caso ratificare le decisioni del Sinodo”.

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Il Sinodo secondo Paolo VI aveva il compito di “favorire una stretta unione e collaborazione fra il Sommo Pontefice ed i Vescovi di tutto il mondo; procurare una informazione diretta ed esatta circa i problemi e le situazioni che riguardano la vita interna della Chiesa e l'azione che essa deve condurre nel mondo attuale; rendere più facile l'accordo delle opinioni almeno circa i punti essenziali della dottrina e circa il modo d'agire nella vita della Chiesa”.

Il Sinodo è “sottomesso direttamente ed immediatamente all'autorità del Romano Pontefice, al quale inoltre spetterà 1. convocare il Sinodo, ogni volta che gli parrà opportuno, e fissare il luogo delle riunioni; ratificare l'elezione dei membri; fissare l'oggetto delle questioni da trattare; stabilire l'ordine del giorno e  presiedere il Sinodo di persona o per mezzo di altri”.

Papa Francesco nel settembre 2018 ha promulgato la Costituzione Apostolica Episcopalis communio, sulla struttura del Sinodo dei Vescovi. La decisione del Pontefice arriva a pochi giorni dalla apertura della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.

Il Papa - sulla scia del Codice di Diritto Canonico, della Costituzione Apostolica Sollicitudo di Paolo VI e delle modifiche di Benedetto XVI all'Ordo Synodi - ha modificato alcuni elementi del Sinodo.

La Costituzione Apostolica si compone di 27 articoli. La prima parte è dedicata alle Assemblee del Sinodo. E già all'articolo 2 il Papa specifica che "secondo il tema e le circostanze, possono essere chiamati all’Assemblea del Sinodo anche alcuni altri, che non siano insigniti del munus episcopale, il ruolo dei quali viene determinato di volta in volta dal Romano Pontefice". 

Nel testo il Papa istituzionalizza poi la fase preparatoria dell'Assemblea sinodale. Tale periodo "ha come scopo la consultazione del Popolo di Dio sul tema dell’Assemblea del Sinodo. La consultazione del Popolo di Dio si svolge nelle Chiese particolari, per mezzo dei Sinodi dei Vescovi delle Chiese patriarcali e arcivescovili maggiori, dei Consigli dei Gerarchi e delle Assemblee dei Gerarchi delle Chiese sui iuris e delle Conferenze Episcopali. In ciascuna Chiesa particolare i Vescovi svolgono la consultazione del Popolo di Dio avvalendosi degli Organismi di partecipazione previsti dal diritto, senza escludere ogni altra modalità che essi giudichino opportuna". Segue la trasmissione dei contributi preparatori alla Segreteria Generale del Sinodo, la convocazione di una Riunione presinodale e la costituzione di una Commissione preparatoria nominata e presieduta dal Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi.

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Papa Francesco dettaglia poi la fase celebrativa dell'Assemblea del Sinodo le cui conclusioni sono raccolte in un Documento finale, redatto da una apposita Commissione, "composta dal Relatore Generale, che la presiede, dal Segretario Generale, dal Segretario Speciale e da alcuni Membri eletti dall’Assemblea del Sinodo". Una volta approvato, il Documento viene consegnato al Papa. "Ricevuta l’approvazione dei Membri, il Documento finale dell’Assemblea è offerto al Romano Pontefice, che decide della sua pubblicazione. Se approvato espressamente dal Romano Pontefice, il Documento finale partecipa del Magistero ordinario del Successore di Pietro".

L'ultima parte della Costituzione Apostolica riguarda la fase attuativa. "La Segreteria Generale del Sinodo può avvalersi di una Commissione per l’attuazione, formata da esperti", sottoposta direttamente al Papa.