Com’è tradizione, l’elezione del futuro Papa avverrà nella Cappella Sistina, centro della “zona di conclave”, quella parte del Palazzo Apostolico che va dalla Loggia del Maggiordomo all’ingresso della scala dei “morti”, dal cortile del Maresciallo alla sommità della scala Regia, a metà circa della “galleria lapidaria”. Tutto questo recinto sarà sbarrato da muri, da porte chiuse e sigillate, da tramezzi frettolosamente costruiti. Le uniche comunicazioni con l’esterno si avranno tramite tre conventuali ruote, sorvegliate attentamente dal “maresciallo del conclave”, principe Domenico Chigi, il quale controllerà che non passi altro se non i cibi. Financo le vetrate del Palazzo Apostolico, che danno nel cortile di San Damaso, saranno coperte di vernice bianca e spessa onde impedire la visibilità dall’esterno.Intorno al recinto, poi, stazioneranno giorno e notte svizzeri e gendarmi di servizio.
Ma il vero lavoro dei “florieri” riguarderà l’arredamento delle sale destinate al conclave, dalla Cappella Sistina alle “celle” dei cardinali (ogni cella è costituita da un appartamento di tre stanze, la prima per il porporato, la seconda per il suo segretario, e la terza per il cameriere), ricavata nelle sale attigue o nei piani superiori. Neanche l’appartamento del Papa sarà risparmiato. Anzi fu proprio in seguito ad un conclave, quello che portò all’elezione di Pio XI, che i Papi presero l’abitudine di vivere al terzo piano del Palazzo. In quelle stanze, infatti, capitò la “cella” del cardinale Sarto, il quale eletto sul trono di Pietro, non volle più mutare le camere che aveva occupato nei giorni di conclave e fece di quella e delle altre immediatamente vicine il privato appartamento dei pontefici. In sostanza i cerimonieri vaticani dovranno arredare oltre 500 stanze e preparare l’alloggio per circa quattrocento persone. Molte volte il letto di un porporato capita sotto un affresco di Raffaello o del Pinturicchio, avendo come sfondo un groviglio di membra che gesticolano, una adunata di cherubini, una musa del Parnaso. Naturalmente le cure maggiori degli organizzatori vanno alla Cappella Sistina, dove i porporati si riuniranno per eleggere il successore. Un palchettone di legno riduce ad un solo livello il presbiterio sul quale si issano i tronetti per i singoli cardinali. I tronetti hanno baldacchini mobili di colore violaceo carico, che risalgono nientemeno che al conclave di Leone XIII. Da allora questi antichi cimeli vengono conservati nei magazzini della Floreria e difesi dal tempo con gelosa cura. Davanti all’altare della Cappella, sotto il grande crocefisso annerito dagli anni ed ai piedi del celebre affresco michelangiolesco, viene posto il trono papale. Da un lato, nella parte sinistra della cappella, una stufa in ferro, verniciata di bianco, legata al tetto della Sistina con un lungo tubo che si può vedere anche all’esterno del Vaticano.
La stufa servirà a bruciare le schede dell’elezione, servirà ad avvisare con il colore della fumata se lo scrutinio ha dato o no un nuovo Papa alla Chiesa. Questo è l’unico segnale che rompe l’inviolabile segreto del conclave, del cui svolgimento s’ignora ogni cosa anche dopo la morte dei cardinali. È obbligo infatti del decano del Sacro Collegio recarsi od inviare persona di fiducia, non appena appresa la morte di un porporato, per bruciare qualsiasi memoria, diario od appunto che riguardi l’elezione del Pontefice. Altre precauzioni vengono prese durante gli scrutini i “conclavisti” (con questo nome si intende tutto il personale di servizio che per diversi motivi assiste i cardinali nel recinto) giurano solennemente di rispettare il segreto pena la scomunica, i fili del telefono vengono tagliati, tutto ciò che entra ed esce dalle “ruote” viene scrupolosamente esaminato. Del resto durante le votazioni, nella Cappella Sistina, vi sono solo i cardinali. Tra di essi vengono sorteggiati i tre scrutatori, gli incaricati di raccogliere i voti dei porporati infermi rimasti nelle loro “celle” o impossibilitati a muoveri dal tronetto; ed infine i revisori dei voti. Quando tutto è pronto gli elettori ricevono la scheda. Divisa in tre parti, essa contiene in alto lo spazio per il nome del votante, al centro per quello dell’eletto, in basso un motto latino che possa far identificare subito, in caso di contestazione, l’appartenenza della scheda. Il voto, infatti, è strettamente segreto (è prescritto che il nome dell’eletto deve essere vergato con calligrafia alterata) a meno che verificandosi una elezione con lo scarto di una sola scheda, i cardinali vogliano controllare se l’eletto ha infranto il divieto di votare per se stesso. Di solito si tiene uno scrutinio al mattino ed un altro nel pomeriggio, ma può anche accadere che il conclave si riunisca più volte al giorno quando la Chiesa ha urgente necessità di avere un capo.
A volte l’elezione non è facile, le varie correnti che si formano tra i cardinali subito dopo la morte del Pontefice non riescono a trovare un accordo che si traduca poi a seconda dei casi, nell’unanimità dei voti o nel raggiungimento dei due terzi più uno degli elettori, minimo richiesto per divenire successori di Pietro. Quando la votazione è nulla le schede vengono bruciate nella stufa insieme ad un po’ di paglia umida che produce fumo nero e denso. Vi è però la possibilità che un cardinale, il quale abbia avuto un’alta votazione “passi” i voti ricevuti al collega cui mancano poche schede per raggiungere il quorum. In questo caso la votazione si chiama “per accesso”, ma viene ugualmente ripetuta come controllo. Fin qui le costituzioni che regolano il Conclave, informazioni di natura puramente teorica, perché quel che accade realmente nella Cappella Sistina difficilmente trapela fuori dal recinto del Palazzo Apostolico. Ufficialmente viene dato solo l’annuncio dell’elezione, un’ora dopo che i fedeli raccolti in piazza San Pietro hanno visto uscire dal tetto della Sistina una fumata bianca. Durante quell’ora il cardinale eletto indossa una tunica pontificia (sono preparate di tre misure) e riceve la prima adorazione dei suoi ex colleghi. Poi un cardinale si affaccia dal balcone della Basilica e dice al popolo: “Annuntio vobis gaudium magnum: habemus papam”. L’eletto impartisce la sua prima benedizione “urbi et orbi”.
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