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Beatificazione Ulma, le reliquie nella loro chiesa a Markowa

Da oggi, le reliquie della famiglia Ulma sono a Markowa. La storia della loro parrocchia. L’esempio della loro vita

Reliquie Ulma | Don Roman, parroco di Santa Dorotea a Markowa, svela il luogo dove saranno poste le reliquie della famiglia Ulma | AG / ACI Group
Reliquie Ulma | Don Roman, parroco di Santa Dorotea a Markowa, svela il luogo dove saranno poste le reliquie della famiglia Ulma | AG / ACI Group
Beatificazione Ulma | La tomba degli Ulma nel cimitero di Markowa | AG / ACI Group
Beatificazione Ulma | La tomba degli Ulma nel cimitero di Markowa | AG / ACI Group
Santa Dorotea Markowa | La chiesa parrocchiale di Santa Dorotea a Markowa | AG / ACI Group
Santa Dorotea Markowa | La chiesa parrocchiale di Santa Dorotea a Markowa | AG / ACI Group
Santa Dorotea Markowa | Dettaglio della parte superiore della porta della chiesa parrocchiale di Santa Dorotea a Markowa, dove sono ritratti anche gli Ulma | AG / ACI Group
Santa Dorotea Markowa | Dettaglio della parte superiore della porta della chiesa parrocchiale di Santa Dorotea a Markowa, dove sono ritratti anche gli Ulma | AG / ACI Group
Beatificazione Ulma | Il Cardinale Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, davanti la tomba delle famiglie ebree uccise con gli Ulma | AG / ACI Group
Beatificazione Ulma | Il Cardinale Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, davanti la tomba delle famiglie ebree uccise con gli Ulma | AG / ACI Group
Beatificazione Ulma | Il presidente Duda davanti la tomba delle famiglie ebree uccise con gli Ulma, 10 settembre 2023 | AG / ACI Group
Beatificazione Ulma | Il presidente Duda davanti la tomba delle famiglie ebree uccise con gli Ulma, 10 settembre 2023 | AG / ACI Group

Le reliquie della famiglia Ulma, barbaramente uccisa dai nazisti nella notte tra il 23 e il 24 marzo 1944, sono state poste su un altare laterale della chiesa di Santa Dorotea a Markowa. Ma la famiglia, beatificata il 10 settembre, era già santa secondo il parroco che per primo ne divulgò la storia, Stanislaw Leja. Fu lui a fare aprire la causa di beatificazione nel 2003, e fu lui a volere la loro immagine in un formello del portone di bronzo installato nella chiesa, a fianco a quello di un altro santo polacco.

La chiesa di Santa Dorotea risale al primo decennio del 1900. Jozéf Ulma non fu battezzato lì, perché quando lui era nato c’era ancora la vecchia chiesa di legno. Ma i suoi sei figli sì. E in quella chiesa lui e Wiktoria si erano sposati. In quella chiesa prestavano servizio alla comunità. In quella chiesa vivevano la loro vita cristiana.

Dopo monsignor Leja, parroco è stato Stanislaw Ruszala, per un decennio. Fu lui a leggere il De Profundis ad Auschwitz, nel 2016, durante la visita di Papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia. In quei giorni, il Museo di Markowa, dedicato al rapporto con gli ebrei durante la guerra, era anche meta di pellegrinaggio dei giovani della GMG. Ruszala è morto di recente. Nel 2017, era andato in pensione e il suo post è stato preso da don Roman Chowaniec, l’attuale parroco. “Ho proposto – racconta – di aggiungere un titolo alla chiesa, e di farla diventare parrocchia di Santa Dorotea e della Famiglia Ulma”. Sarebbe la prima chiesa dedicata ai nuovi beati.

In questa chiesa, dunque, arriveranno le reliquie, poste in un sarcofago di marmo sul lato destro dell’altare. Sono pezzetti di ossa, non si sa precisamente cosa, raccolti dalle quattro bare in cui vennero sepolti Jozéf, Wiktoria e i loro sei bambini più il bambino che Wiktoria portava in grembo e che ha visto la luce per un momento nel momento del martirio della madre.

Oggi, la casa degli Ulma non c’è più. Era stata distrutta dai comunisti, durante i cinquanta anni di regime. Degli Ulma, tra l’altro, non si parlava se non in privato, almeno fino al 1993. Anche questa, una eredità comunista. Perché dopo la persecuzione antisemita del 1968, raccontare di chi aveva nascosto e salvato gli ebrei era pericoloso.

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A ripercorrere la storia degli Ulma ci ha pensato Mateusz Szpytma, uno storico che è anche un nipote di Wiktoria Ulma. Ha ripercorso la storia della famiglia che conosceva, ma anche quella di tutte le famiglie di Markowa, e le ha inserite nel volume “Il libro dei Giusti e il loro mondo”.

Parlando con ACI Stampa, Szpytma racconta anche la sua ricerca riguardo gli esecutori materiali dell’eccidio, Eilert Dieken, che aveva dato l’ordine di sparare anche ai bambini, e Jòzef Kokott, che aveva eseguito la sentenza.

Kokott, gendarme della polizia di Łańcut, fu processato nel 1958 a Rszeszow e condannato a 25 anni di prigione per l’eccidio della famiglia Ulma e di decine di altre persone, e morì in custodia nel 1980. Fu condannato a morte Włodzimierz Leś, ricattatore e poliziotto blu, che fu colui che aveva tradito gli Ulma, e che fu ucciso sulla base di una sentenza emessa dallo Stato clandestino polacco il 10 settembre 1944.

Kokott, nella sua testimonianza, aveva detto chiaramente che fu Dieken, l’allora comandante della postazione, ad aver dato l’ordine di compiere l’eccidio degli Ulma.

Eppure, Dieken continuò la sua carriera nella polizia, e nessuno si pose dubbi sul suo passato. Aveva attraversato per tre volte il cosiddetto “processo di denazificazione”, lo aveva superato senza problemi. Non aveva mai nascosto di aver prestato servizio in Polonia durante la Seconda Guerra Mondiale e di aver diretto una stazione di gendarmeria, ma non ha detto niente dei suoi crimini. Fu anche promosso, e morì nel 1960. Una indagine era stata successivamente avviata, ma non portò a nulla.

Szpytma racconta di aver ricevuto un giorno un messaggio via Facebook che gli indicava un concorso di polizia in Germania, ad Esens, ed è stato allora che ha visto per la prima volta la carriera che aveva fatto Dieken.

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“Ho rintracciato – continua lo storico - sua figlia, le ho detto del Museo, e lei ha detto che era contenta che suo padre fosse ricordato nel Museo, perché sa che aveva fatto tanto bene quando era soldato in Polonia. La andai a trovare, ci parlai, ma era molto anziana, non me la sentii di dirle la verità di persona. Gliela lasciai in una busta, in caso avesse voluto sapere. Lei disse che non aveva bisogno di sapere, perché sapeva già quello di cui aveva bisogno”.

Tra le altre cose, si sa che Dieken aveva abiurato la fede cristiana, mentre Kokott era parte dei gruppi himmleriani di matrice satanista ed esoterica, come scritto nella postulazione. Gli Ulma non furono solo uccisi per aver dato ospitalità a due famiglie di ebrei, ma anche per le ragioni evangeliche di quella ospitalità. E lo dimostra la decisione di uccidere anche i bambini, così come il fatto che il massacro fu festeggiato – scrive il dicastero delle Cause dei Santi – “con sghignazzi e bevute di vodka, come in un macabro rituale”.

Quella degli Ulma non è la sola storia raccolta di Szpytma. A Markowa c’erano diverse famiglie di ebrei. Di loro, solo 120 sopravvivono dopo la guerra, e 21 sono state salvate dagli abitanti, in condizioni proibitive.

La casa degli Ulma è stata ricostruita nel Museo di Markowa, che raccoglie le storie di questi giusti e degli ebrei del villaggio. Era piccolissima, in due stanze, e un attico, dove dovevano vivere in otto, e in sedici quando furono nascoste le due famiglie ebree. C’era un tavolino in una stanza, ed è lì dove Wiktoria insegna ai bambini a leggere e scrivere. Ma ci sono anche due macchine fotografiche. Le aveva costruite Jozéf, che ama fotografare e che documenta la vita del Paese, la sua famiglia, le persone a lui care, in ritratti a volte di primo piano altre volte più ampi. Si hanno le foto dei bambini Ulma, così come si sa molto della vita di Markowa, proprio perché Jozéf osservava, raccontava, fotografava.

Da oggi, le reliquie degli Ulma sono tornate nella parrocchia che ha visto la loro famiglia crescere. La loro tomba nel cimitero, però, rimane dove era, vuota, segno comunque di devozione e luogo di pellegrinaggio.

Markowa diventa così un momento fondante per la storia polacca: è la cesura con il passato, con le accuse di antisemitismo, con la campagna e il periodo comunista, con l’occupazione nazista.

È il momento di guarire le ferite, e la presenza del Rabbino Capo di Polonia alla beatificazione ne è una prova. Come è un segno forte che il presidente polacco, Andrzej Duda, sia stato presente sia alla beatificazione che ad un momento toccante di preghiera nel cimitero ecumenico dove sono sepolti gli otto ebrei nascosti dagli Ulma e uccisi con loro e ricordati dal Cardinale Semeraro per nome nell’omelia della celebrazione. È stato un momento di preghiera ecumenico intenso. Gli Ulma sono stati martiri. Con la loro testimonianza, hanno aperto un capitolo nuovo della storia.