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Francia, due anni dopo il rapporto CIASE continua il dibattito sugli abusi

Jean-Marc Sauvé, che presiedette la commissione sugli abusi della Chiesa, esprime i suoi dubbi riguardo la risposta che c’è stata al rapporto. Alimentando altre polemiche

Jean-Marc Sauvé | Jean-Marc Sauvé, presidente della Commissione CIASE | Wikimedia Commons Jean-Marc Sauvé | Jean-Marc Sauvé, presidente della Commissione CIASE | Wikimedia Commons

Due anni dopo la pubblicazione del rapporto CIASE (la Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa), il presidente della commissione, Jean-Marc Sauvé, si fa intervistare da Le Parisien per esprimere i suoi dubbi. Ma, alla fine, più che dubbi sul rapporto, Sauvé mostra dubbi sulla risposta della Chiesa, alimenta divisione, chiede ancora riforme strutturali e dottrinali nella Chiesa che di certo non sono competenza della CIASE, con colpi di scena come la richiesta di considerare l’abuso su minori non solo come peccato contro il Sesto Comandamento, ma anche contro il Quinto, perché “per la CIASE lo stupro di una minorenne è un’opera di morte”.

Se Sauvé ha parlato di nuovo è anche perché il rapporto è stato molto contestato, per metodologia e calcolo.

Si parla, infatti, di 300 mila vittime nella Chiesa cattolica, ma è anche vero che solo 3 mila persone hanno contattato le autorità di riparazione e richiedono assistenza. I numeri, insomma, non quadrano. Ma Sauvé lo spiega con il fatto che “siamo di fronte a due categorie di vittime: quelle che accettano il processo di riparazione e quelle che scelgono il silenzio. O perché non hanno sentito parlare della richiesta di testimonianze e dell'esistenza degli organismi di riparazione, o perché è troppo difficile parlarne”.

Sauvé rilancia: la Chiesa ha mostrato grande contrizione, su riconoscimento e riparazione individuale, ma ora c’è bisogno di misure preventive per il futuro, e i suggerimenti della CIASE – lamenta – “non sono stati ascoltati”.

Quali sono i suggerimenti? “Aprirla a più laici, più donne, per regolare le questioni di abuso di potere”. E ancora, dare maggiore responsabilità ai vescovi, che non sono nemmeno stati d’accordo a parificare l’abuso al quinto comandamento.

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Non è la prima volta che Sauvé prende la parola per rilanciare il lavoro della Commissione.  Secondo il rapporto, conosciuto con la sigla del CIASE, 330 mila minori sarebbero stai oggetto di violenze sessuali da parte di chierici, religiosi o laici in relazione con la Chiesa in un periodo di tempo che andava dal 1950 al 2020. Le cifre andavano contestualizzate, ci si doveva ricordare che si trattava di stime, di segnalazioni telefoniche o via email. Anche i numeri andavano letti bene: terribili, se si pensa alla Chiesa, ma in termini di paragone si poteva notare che si trattava del 4 per cento degli abusi sessuali commessi in Francia in quel periodo di tempo, che interessavano tra il 2,5 e il 2,8 per cento dei sacerdoti.

L’Accademia Cattolica di Francia – organismo ufficioso, nato nel 2008, che riunisce dai 200 ai 250 accademici -  aveva criticato i dati, sottolineava che la stima statistica di 330 mila vittime nasce sulla proiezione di 2.738 testimonianze ricevute,  ma  che questa era la proiezione dell’IFOP. La Scuola Pratica di studi superiori stimava 27.808 abusati.  E poi, veniva sottolineato che il rapporto Sauvé esige anche “cambiamenti pastorali e dottrinali della Chiesa cattolica”, senza però nemmeno considerare il Catechismo della Chiesa cattolica, rivelando “un’ecclesiologia imperfetta, un’esegesi debole, una teologia morale superata”.