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Letture. Ulisse, l'eroe eternamente in viaggio

Che Ulisse e il racconto delle sue avventure abbiano un fascino inossidabile lo dimostra anche il fatto che proprio in queste ultime settimane se ne è discusso molto anche grazie alla pubblicazione di due volumi

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Perché, ci si chiede, perché proviamo sempre, in qualunque tempo e condizione, un’irresistibile attrazione per lui, per quell’ "uomo versatile e scaltro", ma anche capace di suscitare compassione e immedesimazione anche in noi, disillusi e anaspirituali uomini e donne del ventesimo secolo… Il soggetto in questione è ovviamente Ulisse, l’eroe eternamente in viaggio, eternamente perduto ed eternamente trionfante, su tutto e su tutti, persino sui suoi stessi limiti e sue disgrazie.

Che Ulisse e il racconto delle sue avventure abbiano un fascino inossidabile lo dimostra anche il fatto che proprio in queste ultime settimane se ne è discusso molto anche grazie alla pubblicazione di due volumi: un saggio-memoire di Alessandro D’Avenia, dal titolo Resisti, cuore, in cui lo scrittore ripercorre i ventiquattro canti del poema non solo con il piacere che provoca come capolavoro, ma come una sorta di breviario per imparare a vivere.

Del resto, D’Avenia è uno studioso di Lettere classiche e un insegnante, che da anni propone ai suoi studenti la lettura dell’opera anche ad alta voce. Nel raccontare le peripezie di Ulisse percorre la propria esperienza personale e quello di ogni uomo verso il proprio originale compimento esistenziale. Può capitare di perdere la gioia di vivere la nostra personale odissea, perciò rileggere il poema omerico potrebbe essere una buona occasione per "fare ritorno".

Del resto, l’autore ha più volte sottolineato che rileggere il poema gli ha fatto pensare e concepire il suo nuovo libro proprio come un viaggio alla scoperta di alcune verità fondamentali su se stesso e sulla sua vita, perché in fondo "la letteratura ha questo compito: smascherarci, farci venire alla luce, farci vivi a noi stessi".

Questo potrebbe essere il filo conduttore per cominciare ad andare in giro per il mondo – e nel tempo - insieme ad Ulisse. Soprattutto ritrovare noi stessi quando tutto sembra perduto, quando ci ritroviamo spogliati di tutto, abbandonati, esuli, senza nessuno che ci riconosca, che sia pronto a offrirci aiuto. Allora ecco che prendiamo le sembianze dell’Ulisse che approda nella sua Itaca come un mendicante, uno straniero male in arnese che nessuno riconosce (tranne il cane Argo, simbolo di una fedeltà senza limiti e del tutto gratuita), messo alla prova fino all’ultimo respiro. Ed è in questo che consiste la nostra umanità più profonda, essere mendicanti, mendicare l’amore. In definitiva, come diceva don Giussani, essere mendicanti è la vera condizione umana e del vero cristiano, "il mendicante è il vero protagonista della storia". Così diventa Ulisse, il re, il condottiero, l’astuto orditore di inganni, l’affascinante avventuriero che riesce a far innamorare di se’ principesse, maghe, dee..sì. è tutto questo, ma alla fine è come mendicante che riesce a tornare a casa.

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Insieme a tutto questo rimane lo stupore e l’incanto dell’avventura. Inossidabile, se si avverte ancora la necessità di tornare a tradurre l’Odissea. Così come ha fatto Daniele Ventre, dottore di ricerca in Filologia classica e docente di Lingue classiche nei licei, ha ritradotto l’Odissea di Omero. Una fatica che ha affrontato spinto da solide convinzioni, come la constatazione che "musica e canto sono le tecniche con cui l’uomo antico è in sintonia col mondo e con le forze (gli dèi) che lo governano, forze (dèi) che coincidono con la stessa natura visibile del reale. La visione che ne deriva non è consolatoria, quanto piuttosto portatrice di serenità nonostante il suo carico di tragedia" ha spiegato lo studioso.

Così è nata la necessità di una traduzione che cerchi di ricostruire o almeno di suggerire proprio quel ritmo arcaico e senza tempo nato dalla fusione di musica e canto, e che faccia comprendere, soprattutto ai giovani, che esiste ben altro dalle letture usa e getta, dettate dalle mode del momento, dagli nfluencer da social, che, come ha spiegato Ventre stesso, "al di là dell’efficienza e del puro consumo, esiste un’altra dimensione dell’esistenza, più profonda, duratura e sensata".

La fascinazione di Ulisse non ha mai smesso di esercitare il suo influsso sulla letteratura di ogni tempo. A cominciare dal più grande di tutti, Dante, che ne tratteggia il ritratto straordinario scolpito sullo sfondo delle fiamme dell’Inferno. Dante sceglie di Ulisse un aspetto diverso, racconta di quel che successo dopo il ritorno a Itaca, segue una tradizione secondo la quale l’eroe omerico a cui è stato predetto che sarebbe costretto a fare un ultimo viaggio, per liberarsi totalmente dalla maledizione che lo perseguita. Ma con notevoli cambiamenti: l’Ulisse dantesco è un uomo anziano, che non segue solo il proprio destino di viaggiatore senza tregua, m lo sceglie e alla fine decide di varcare l’ultima soglia, quella proibita, le colonne d’Ercole. Dante lo spedisce all’Inferno per via di questo desiderio smodato di conoscere, di andare oltre, ma nello stesso tempo lo trasforma in un simbolo eterno di quanto di più alto – umanamente parlando – ci sia nell’animo umano. Perché, dice Ulisse ai suoi compagni stanchi e trascinati fin quasi sull’orlo dell’abisso, “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”.

Alessandro D’Avenia, Resisti, cuore, Edizioni Mondadori, pp.420, euro 20

Omero, Odissea, Edizioni Ponte alle Grazie, a cura di Daniele Ventre, euro 49,
pp1312

 

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