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San Giosafat, un santo dell’unità da riscoprire

Il Cardinale Claudio Gugerotti e Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk aprono una conferenza al Pontificio Istituto Orientale sulla figura di San Giosafat

Gugerotti, Shevchuk | Il cardinale Gugerotti e Sua Beatitudine Shevchuk all'apertura della conferenza internazionale su San Giosafat al Pontificio Istituto Orientale, 13 novembre 2023 | Pontificio Istituto Orientale Gugerotti, Shevchuk | Il cardinale Gugerotti e Sua Beatitudine Shevchuk all'apertura della conferenza internazionale su San Giosafat al Pontificio Istituto Orientale, 13 novembre 2023 | Pontificio Istituto Orientale

San Giosafat è morto martire 400 anni fa, e il suo sacrificio, nato dall’amore per l’unità della Chiesa, ha forgiato lo spirito di almeno quattro nazioni: l’Ucraina, la Lituania, la Bielorussia e la Polonia. Non è un caso che la venerazione di San Giosafat si trovi diffusa in ognuna di queste quattro nazioni, e che la Lituania sia arrivata a proclamare quest’anno un anno “Giosafattiano”.

In occasione del Quattrocentenario, la Chiesa Greco Cattolica Ucraina ha festeggiato a Roma con una Divina Liturgia nella Basilica di Santa Sofia. Il 13 novembre, poi, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, insieme al Cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, ha aperto una conferenza internazionale che si è tenuta al Pontificio Istituto Orientale,  sul tema “Identità e culto: dimensioni teologiche, culturali e storiche di Giosafat Kuntsevych”. La conferenza, che ha avuto anche una seconda giornata di lavori il 14 novembre, ha avuto tra gli organizzatori, oltre al PIO, anche l’Ukrainian Catholic University, la Catholic University of America, l’Ordine Basiliano di San Josaphat, il Museo del Patrimonio Ecclesiastico di Vilnius e l’Ambasciata di Lituania presso la Santa Sede.

Nel suo indirizzo di saluto, il Cardinale Gugerotti ha sottolineato che San Giosafat è “una figura molto speciale di martire santo, un pio con profondi sentimenti di devozione e donazione di sé”, e soprattutto “un uomo che in tempi drammatici e tempestosi ha lavorato per l’unità”.

Da parte sua, Sua Beatitudine Shevchuk ha ringraziato quanti “hanno prestato attenzione ad una personalità illustre della Chiesa Greco Cattolica”, perché “tante ideologie sono nate in questi anni che hanno avvolto la figura di San Giosafat”.

Sua Beatitudine ha detto che in questo “anno terribile e difficilissimo per l’Oriente dell’Europa” si è potuta sperimentare la protezione di San Giosafat, il quale “è stato incarnazione di un momento importante e anche tragico di questa Chiesa, momento che ha dato un impulso così forte che ha formato l’identità di quattro popoli”.

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“Proprio questo convegno – ha aggiunto Sua Beatitudine - dimostra il fatto che questo impulso dal momento in cui nascevano le nazioni moderne ci può aiutare a trovare le risposte della situazione attuale in cui viviamo”. Insomma, ha concluso, “abbiamo bisogno di oggettività e metodologia scientifica per de-ideologizzare la figura di San Giosafat, ma anche per cercare l’unità della Chiesa di Cristo, unità e comunione della Chiesa di Cristo”.

Robert Lyseiko, protoarchimandrita dell’Ordine di San Basilio Magno, ha ricordato che la spiritualità di San Giosafat è “poco praticata e poco conosciuta”, e che dunque si deve “fare un grande sforzo per riscoprire San Giosafat e studiarne il patrimonio spirituale ed ecumenico”, perché il suo era un ecumenismo “senza strategie” e puntava a “portare all’unità i cristiani tramite la penitenza e la conversione”.

Qualche dato storico: San Giosafat Kuncewycz (1580 ca. - 1623) si trovò nel mezzo della lotta tra ortodossi e “uniati”, perché la diocesi da cui proveniva era passata dalla Rus’ di Kyiv, greco cattolica, al dominio di Sigismondo III, re di Polonia, cattolico romano. Lui sostenne sempre l’unità della Chiesa, proponendo i riti e i sacerdoti ortodossi, ma ristabilendo l’unione con Roma.

Fu vescovo di Vitebsk e poi di Polock. Proprio a causa di questo lavoro in favore dell'unità, fu ucciso il 12 novembre 1623, e il suo corpo buttato nel fiume Dvina e poi recuperato e portato a Polock. Dichiarato beato da Urbano VIII nel 1643, il suo corpo fu spostato a Bila perché lo zar Pietro il Grande aveva ordinato di bruciarlo, e dopo varie vicissitudini finì in Vaticano nel 1949.

Fu Paolo VI a volere San Giosafat sepolto sotto l’altare di San Basilio, alla cui regola aveva dedicato tutta la vita. Questa traslazione fu accompagnata da uan serie di gesti simbolici: il 22 novembre 1963, mentre al Concilio si discuteva di ecumenismo, il corpo di San Giosafat fu portato accanto alla tomba di San Pietro. Quindi, il 25 novembre venne officiato un rito bizantino in onore di San Giosafat, alla presenza di Paolo VI, di quattro cardinali, alcuni patriarchi orientali e della gerarchia ucraina guidata da monsignor Josip Slipy, che fu poi creato cardinale nel 1965.