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Marocco, la situazione dopo il terremoto. Cardinale Lopez: “La ricostruzione sarà lunga”

L’arcivescovo di Rabat descrive con ACI Stampa la situazione nel Paese dopo il terremoto del 9 settembre.

Terremoto in Marocco | Terremoto in Marocco | Radio Caritas (account X) Terremoto in Marocco | Terremoto in Marocco | Radio Caritas (account X)

Il 9 settembre una serie di tremende scosse di terremoto ha colpito il Marocco, nella zona di Marrakech-Safi, causando un bilancio accertato di 3 mila morti e 5.530 feriti. La Chiesa è stata da subito vicina alla popolazione, il Cardinale Cristobal Lopez, arcivescovo di Rabat, si è recato anche nei luoghi del sisma e ha celebrato Messa lì per portare conforto alla popolazione. Tre mesi dopo, quale è la situazione in Marocco? E quale è lo stato di salute della Chiesa? Risponde lo stesso Cardinale Cristobal Lopez, in una intervista in cui guarda anche al viaggio di Papa Francesco nel Paese di quattro anni fa e alla salute della sua Chiesa locale.

Dopo il terremoto, come sono andati la ricostruzione ed i soccorsi? Quali sono le migliori informazioni sulla popolazione oggi?

La prima fase dell'emergenza è stata superata quindici giorni dopo il sisma. I bisogni urgenti sono stati coperti con l'aiuto delle autorità e la solidarietà nazionale e internazionale. È stata una tappa davvero sorprendente per gli aspetti positivi che ha comportato. Ora è iniziata la progettazione e realizzazione della ricostruzione, che sarà lunga (4 o 5 anni) e difficile, ma per la quale ci sono già fondi e impegni.

Intanto siamo in una fase intermedia in cui la cosa più necessaria è avere i mezzi per sopportare l'inverno e il freddo che esso comporta. Per questo motivo stiamo rafforzando gli alloggi temporanei (tende) e stiamo studiando come fornire alle famiglie colpite indumenti adatti all'inverno, carburante e cibo.

Lo Stato ha già iniziato ad aiutare circa 25mila famiglie con 250 euro al mese, per un anno intero. È quasi un salario minimo per famiglia. La distribuzione per ottobre e novembre è già stata effettuata. E hanno cominciato a distribuire anche gli aiuti per la ricostruzione delle case (14mila euro per il totale e 8mila per il parziale).

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L'Istituto Al Mowfaqa esiste da dieci anni. Quali sono lo status e i frutti di questo istituto e quali sono i progetti da portare avanti?

Il frutto più diretto e immediato è stata la formazione dei pastori per la Chiesa evangelica in Marocco e degli Assistenti pastorali per la Chiesa cattolica. Ma il frutto più importante, direi, è la creazione di un ambiente ecumenico e di dialogo interreligioso in Marocco, un ambiente che va oltre i confini e raggiunge anche le Chiese d’Europa e d’Africa. Al Mowafaqa è diventato un centro di diffusione dell'ecumenismo e del dialogo, e questo si basa sull'esperienza che qui si vive, non solo sull'insegnamento e sul lavoro accademico. Un buon numero di sacerdoti, religiosi, religiose e laici hanno vissuto qui uno stile di relazioni ecumeniche e interreligiose che ha cambiato la loro vita e che hanno esportato nei loro paesi di origine. Siamo contenti del lavoro di Al Mowafaqa e ringraziamo Dio per questi primi dieci anni di vita. Ora vogliamo che i servizi offerti (la licenza in teologia, il certificato per il dialogo ecumenico e interreligioso, il seminario di islamologia e il master) si consolidino, e che la forza formativa dell'Istituto raggiunga tanti più fedeli cristiani nelle nostre parrocchie con la formazione erogata a distanza tramite Internet.

A quasi quattro anni dalla visita del Papa in Marocco, quali sono stati i frutti di quella visita? In che modo la Chiesa del Marocco ha portato avanti il ​​messaggio del Papa?

Il Papa, come si conviene al successore di Pietro, ci ha confermato nella fede. Ci ha dato sicurezza nel cammino intrapreso dalle Chiese del Nord Africa. Ma soprattutto il viaggio apostolico di Francesco ha messo sotto i riflettori la nostra Chiesa, così che abbiamo potuto far sentire la nostra voce. Adesso siamo conosciuti e c'è stato uno straordinario aumento di interesse verso la nostra piccola Chiesa: congregazioni, diocesi, associazioni, singoli individui ci visitano, si interessano e, non pochi, hanno iniziato qui nuove presenze.

Dopo la visita del Papa, abbiamo convocato un Sinodo diocesano che è durato due anni e mezzo e che abbiamo appena concluso il 6 novembre. Tutto questo può essere considerato il risultato della visita papale.

Quando Papa Francesco venne a Rabat, firmò con lui una dichiarazione sua Gerusalemme che oggi sembra quanto mai attuale. Il peculiare Islam che vive in Marocco, e il dialogo che si respira con i cattolici, è qualcosa che è possibile fare e insegnare per aiutare a superare la crisi di oggi?

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