Vorrei leggere tutto il discorso ma ho un problema, ho un po’ di bronchite, e non posso parlare bene. Se voi non vi offendete, consegnerò la copia del discorso. Scusatemi. La consegnerò perché la diano a tutti voi, ma faccio tanta fatica a parlare. Grazie della vostra comprensione. E grazie di essere venuti. Grazie tante del vostro lavoro, perché non è facile comunicare, ma la prima cosa che fa una persona è comunicare. Da Adamo quando vide Eva, comunicò. Comunicare è la cosa più umana che esiste. Andate avanti su questo”. Lo ha detto il Papa questa mattina in occasione dell’incontro con i partecipanti al Simposio “Université des Communicants en Église” promosso dalla Conferenza dei Vescovi di Francia.

Questo il discorso integrale che Papa Francesco ha consegnato ai presenti:

La comunicazione è la vostra missione. Una grande missione, in un mondo così iperconnesso e bombardato di notizie. Per questo avete deciso di fare ogni tanto una sosta – questa volta a Roma – per condividere, per pregare, per ascoltare. Quanto ne abbiamo bisogno! Lo dico in prima persona, perché anche il ministero del Papa oggi è dentro il mondo della comunicazione. E allora questi momenti servono a ritrovare la radice di quello che comunichiamo, la verità che siamo chiamati a testimoniare, la comunione che ci unisce in Gesù Cristo; ci aiutano a non cadere nell’errore di pensare che l’oggetto della nostra comunicazione siano le nostre strategie o imprese individuali; a non chiuderci nelle nostre solitudini, nelle nostre paure o ambizioni; a non puntare tutto sul progresso tecnologico. La sfida della buona comunicazione è oggi più complessa che mai, e il rischio è di affrontarla con una mentalità mondana: con l’ossessione del controllo, del potere, del successo; con l’idea che i problemi siano innanzitutto materiali, tecnologici, organizzativi, economici. So che il primo incontro lo avete tenuto a Paray-le-Monial, la città del Sacro Cuore, di Santa Margherita Maria Alacoque. Un luogo che richiama al centro, alla sorgente da cui è sgorgata e continuamente sgorga la salvezza per l’umanità. E che ci dice anche l’importanza di comunicare con il cuore, di ascoltare con il cuore, di vedere con il cuore cose che gli altri non vedono; per condividerle e raccontarle, rovesciando la prospettiva e le categorie del mondo. C’è tanto bisogno di questo. Ripartire dal cuore. Siete stati anche a Lisieux, la città di Santa Teresina, testimone di una radicalità evangelica che è salutare anche per il comunicare del nostro tempo, così inquinato da parole roboanti, da sogni di potere e di grandezza. Comunicare per noi non è sovrastare con la nostra voce quella degli altri, non è fare propaganda; a volte è anche tacere; non è nascondersi dietro slogan o frasi fatte. Comunicare per noi non è puntare tutto sull’organizzazione, non è questione di marketing; non è solo adottare questa o quella tecnica. Per noi comunicare è stare nel mondo per farsi carico dell’altro, degli altri, è farsi tutto a tutti; è condividere una lettura cristiana degli avvenimenti; è non arrendersi alla cultura dell’aggressività e della denigrazione; è costruire una rete di condivisione del bene, del vero e del bello fatta di relazioni sincere; è coinvolgere nella nostra comunicazione i giovani. Come non ricordare la celebre frase di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e dei comunicatori cattolici: «Le bruit fait peu de bien, le bien fait peu de bruit». Cari amici, pensando al vostro lavoro, vorrei lasciarvi tre parole come tracce di cammino: testimonianza, coraggio e sguardo largo. La prima. Ricordare che la comunicazione è soprattutto testimonianza. E quando è fatta di parole, di immagini, è un modo per condividere questa testimonianza. È questo che ci rende credibili nella relazione con i media secolari; ed è questo anche che rende sempre più attrattiva e fa crescere giorno dopo giorno, da persona a persona, la nostra rete di comunicazione. So che, dopo la vergogna per lo scandalo degli abusi, la Chiesa in Francia sta vivendo un cammino di purificazione. Andate avanti. I momenti più bui sono spesso quelli che precedono la luce. A Marsiglia ho potuto vedere quanta vitalità c’è nella Chiesa di Francia. Non esitate a condividere attraverso la comunicazione tutto il bene che c’è nelle vostre diocesi, nelle congregazioni, nei movimenti. Non esitate a costruire con la comunicazione la comunione nella Chiesa e la fratellanza nel mondo. Siate creativi. Siate accoglienti. La società vuole e ha bisogno di sentire la parola della Chiesa come Madre amorevole di tutti. La seconda traccia: non abbiate paura, ma coraggio. Un coraggio diverso da quello di chi crede di essere lui o lei il centro. Il coraggio che viene dall’umiltà e dalla serietà professionale, e che fa della vostra comunicazione una rete coesa e nello stesso tempo aperta, estroversa. Lo so, non è facile. Ma questa è la vostra, la nostra missione. E anche se i destinatari possono sembrarvi indifferenti, scettici, a volte critici, addirittura ostili, non scoraggiatevi. Non giudicateli. Condividete la gioia del Vangelo, l’amore che ci fa conoscere Dio e capire il mondo. Anche gli uomini e le donne del nostro tempo hanno sete di Dio, cercano un incontro con Lui e lo cercano anche attraverso di voi. La terza parola è sguardo largo. Guardare lontano. Guardare al mondo intero nella sua bellezza e complessità. In mezzo alle mormorazioni del nostro tempo, all’incapacità di vedere l’essenziale, scoprire che ciò che ci unisce è sempre più grande di quello che ci divide; e che va comunicato, con la creatività che nasce dall’amore. Ricordiamolo sempre. È una verità ignorata, ma è la carità che spiega tutto. Tutto diventa più chiaro – anche la nostra comunicazione – a partire da un cuore che vede con amore. Cari fratelli e sorelle, grazie per quello che fate! Benedico voi e il vostro lavoro. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me.