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Papa Francesco, le tre lebbre dell’anima e l'esempio di Mama Antula

Il Papa canonizza la prima santa di argentina, Mama Antula. Il commento al Vangelo.

Papa Francesco, canonizzazione Mama Antula | Papa Francesco durante la Messa la canonizzazione di Mama Antula, la prima santa argentina | Daniel Ibanez / ACI Group Papa Francesco, canonizzazione Mama Antula | Papa Francesco durante la Messa la canonizzazione di Mama Antula, la prima santa argentina | Daniel Ibanez / ACI Group

Santa María Antonia de Paz y Figueroa, Mama Antula, era stata toccata da Gesù grazie agli Esercizi spirituali ignaziani, e li aveva diffusi in tutto il Paese, armata solo di un piccolo crocefisso cui era appesa una piccola statua di Gesù Bambino, il Manuelito. E Papa Francesco lo racconta al termine di una omelia tutta centrata sul Vangelo del giorno, in quella che è la Messa che celebra la canonizzazione della prima santa argentina.

Il Papa argentino, così, si trova a presiedere la celebrazione che certifica il primo santo proveniente dal suo Paese. C’è un'altra causa di canonizzazione, voluta dallo stesso Papa Francesco, quella per l’imprenditore Enrique Shaw, ma ci vorrà ancora tempo. E oggi si mettono da parte tutte le discussioni su un eventuale ritorno del Papa nel suo Paese e dell’incontro con il presidente Millei che è arrivato per la canonizzazione ma si celebra una santa, una donna di Dio che tutti chiamavano mamma.

Succede in un weekend piovoso e pieno di scirocco, che sferza i molti pellegrini argentini arrivati per la celebrazione. Papa Francesco si sofferma sul lebbroso incontrato nel Vangelo, “costretto a vivere fuori città, “fragile per la sua malattia, invece di essere aiutato dai suoi concittadini è abbandonato a sé stesso, anzi è ferito ulteriormente dall’allontanamento e dal rifiuto”.

Il lebbroso è allontanato per paura, e si pensava, ricorda il Papa, che sfiorare i lebbrosi volesse “dire diventare impuri come loro: ecco una religiosità distorta, che alza barriere e affossa la pietà”.

Questa situazione è l’occasione, per Papa Francesco, di parlare delle tre lebbre dell’anima che sono “paura, pregiudizio e falsa religiosità”, che non sono cose del passato, perché “anche nel nostro tempo c’è tanta emarginazione, ci sono barriere da abbattere, ‘lebbre’ da curare”.

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Papa Francesco nota che Gesù fa due gesti: quelli di toccare e quello di guarire.

Toccare è il primo movimento: Gesù si ferma con il lebbroso, stende la mano e lo tocca, e sa che “facendolo diventerà a sua volta un rifiutato”, e che anzi “paradossalmente, le parti si invertiranno: il malato, quando sarà guarito, potrà andare dai sacerdoti ed essere riammesso nella comunità; Gesù, invece, non potrà più entrare in nessun centro abitato”.

Ma Gesù, pur potendolo guarire a distanza, decide di toccarlo, perché la via di Cristo “è quella dell’amore che si fa vicino a chi soffre, che entra in contatto, che ne tocca le ferite. Il nostro Dio, cari fratelli e sorelle, non è rimasto distante in cielo, ma in Gesù si è fatto uomo per toccare la nostra povertà”, Anzi, “di fronte alla ‘lebbra’ più grave, quella del peccato, non ha esitato a morire in croce, fuori dalle mura della città, rigettato come un peccatore, per toccare fino in fondo la nostra realtà umana”.

Papa Francesco, quindi, invita a fare proprio il tocco di Gesù, cosa non facile, perché “si affollano gli istinti contrari al suo farsi vicino, al suo farsi dono”, per esempio quando “riduciamo il mondo alle mura del nostro star bene”, tutti sintomi della “lebbra dell’anima”, una malattia che “ci rende insensibili all’amore, alla compassione, che ci distrugge attraverso le cancrene dell’egoismo, del preconcetto, dell’indifferenza, e dell’intolleranza”.

La cura è la guarigione data dal tocco di Gesù, ed è frutto della vicinanza di Dio, perché "vicinanza, compassione e tenerezå" rappresentano lo stile di Dio. E noi, dice Papa Francesco, dobbiamo essere aperti a Lui, perché “è lasciandoci toccare da Gesù che guariamo dentro, nel cuore. Se ci lasciamo toccare da Lui nella preghiera, nell’adorazione, se gli permettiamo di agire in noi attraverso la sua Parola e i Sacramenti, il suo contatto ci cambia realmente, ci risana dal peccato, ci libera dalle chiusure, ci trasforma al di là di quanto possiamo fare da soli, con i nostri sforzi”.

Tutte le nostre parti ferite, dice Papa Francesco, va portato a Gesù, con la preghiera, perché “al tocco di Gesù rinasce il meglio di noi stessi”, e “ritorna così la bellezza che abbiamo, la bellezza che siamo; amati da Cristo, riscopriamo la gioia di donarci agli altri, senza paure e pregiudizi, liberi da forme di religiosità anestetizzanti e prive della carne del fratello; riprende forza in noi la capacità il amare, al di là di ogni calcolo e convenienza”.

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È così che rinasce “un popolo di salvati, una comunità di fratelli”, secondo un miracolo che si realizza non “con forme grandiose e spettacolari”, ma “avviene principalmente nella carità nascosta di ogni giorno: quella che si vive in famiglia, al lavoro, in parrocchia e a scuola; per strada, negli uffici e nei negozi; quella che non cerca pubblicità e non ha bisogno di applausi, perché all’amore basta l’amore”.E infatti Gesù chiede al lebbroso guarito di “non dire a niente a nessuno”: vicinanza e discrezione. "Fratelli e sorelle, Dio ci ama così", nota Papa Francesco. 

Papa Francesco infine parla di Mama Antula, una "viandente dello spirito", ha percorso "migliaia di chilometri a piedi" per portare Dio, modello di "fervore e audacia apostolica", e quando i gesuiti furono espulsi "lo Spirito accese in lei" uno spirito missionario basato su perseveranza. E chiedeva grazia a San Giuseppe e San Gaetano da Thiene, di cui introdusse la devozione. Fu grazie a Mama Antula che San Gaetano si fece strada nella devozione popolare.