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Letture, il "Cireneo" di Albino Luciani

Lo stile di quello che sarà Giovanni Paolo I e il rapporto con il suo segretario

La copertina del libro |  | Edizioni Messaggero di Padova La copertina del libro | | Edizioni Messaggero di Padova

Una domanda che lascia un momento senza risposte: «Vuole essere il mio cireneo?». La domanda viene rivolta da Albino Luciani, vescovo di Vittorio Veneto (Treviso), e futuro papa, nell’agosto 1961 a don Pietro Paolo Carrer,  direttore della Casa Esercizi del castello vescovile di San Martino. Perché fa questa domanda? Cosa vuol dire? "Mi  stava chiedendo di essere il suo segretario. Accettai con entusiasmo l’incarico che ritenevo essere una grazia di Dio. Ma riflettei sulle sue parole. Mi domandavo come mai avesse detto «vuole», mi dava del «lei». Un vescovo che dava del «lei» a un semplice sacerdote".

In questo piccolo episodio è racchiusa l’essenza, potremmo dire, dello “stile Luciani”, la sua semplicità, la sua umiltà, la sua umanità, e insieme il senso profondo di un rapporto, di amicizia, quella che ha legato a lungo Luciani a Carrer. Il cireneo, perché l’immagine evangelica è quella appunto dell’uomo che accompagna Gesù lungo la Via Crucis, aiutandolo a portare la croce. Immagine consueta per lui, che ne fa preciso riferimento anche quando viene eletto al soglio pontificio e si rivolge ai cardinali, chiedendo il loro aiuto per portare la “croce” della responsabilità di sostenere il governo della Chiesa universale. Don Pietro Paolo accetta l’incarico di cireneo e dunque la storia di quel fecondo e importante periodo della vita del futuro Pontefice. Non voleva farlo sentire “solo un segretario”, bensì un compagno fedele con il quale condividere una parte di vita e… soprattutto di strada. Perché don Paolino è stato per il suo vescovo un autista, ma tante altre dimensioni ancora.

Domani, 24 febbraio, alle ore 11.00, presso la Libreria San Paolo di Vicenza viene presentato il libro dal titolo Un cireneo per il vescovo Albino Luciani delle Edizioni Messaggero Padova con l’autrice Romina Gobbo,  giornalista e scrittrice, in dialogo con don Davide Fiocco, delegato per le cause dei santi della diocesi di Belluno-Feltre.

Il volume, inserito nella collana “Io sono polvere”, raccoglie una lunga intervista esclusiva dell’autrice a don Pietro Paolo Carrer, al servizio di Albino Luciani dal 1961 al 1963, che fissa con delicatezza e vivacità ricordi, memorie e pensieri, molti dei quali inediti, del giovane sacerdote segretario e autista dell’allora vescovo di Vittorio Veneto, diventato  il  “papa del sorriso” mai dimenticato, nonostante la brevità del suo pontificato.

 Il libro vanta la prefazione del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato di Sua Santità e presidente della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I.

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L’autrice così racconta il primo incontro con don Carrer: "Ho incontrato la prima volta don Paolo Carrer, il 21 maggio 2022 nella casa-soggiorno Divina Provvidenza di Santa Lucia di Piave (Venezia), dove risiede. È nato il 27 ottobre 1925 a Chiarano - cittadina della Marca trevigiana -  aveva quindi 97 anni e una lucidità invidiabile". Dalla sua lucida memoria e dalla sua voce emerge dunque un ritratto inedito di Albino Luciano, che ulteriormente ci accompagna alla scoperta di una personalità straordinaria, che ancora   si deve probabilmente del tutto conoscere. Anche e soprattutto nella vita di tutti i giorni, tra impegni, incontri, preghiere, meditazioni.

Non ha mai avuto la patente, quindi ha sempre avuto bisogno di qualcuno che lo accompagnasse in macchina. Quando divenne patriarca, per alcuni mesi, si rivolge al nipote Gianni, figlio del fratello Edoardo, che racconta: "Io all’epoca ero studente universitario, e ho accettato di buon grado. Ho avuto occasione di vivere una vicinanza molto intima con lo zio. Tanto che a me ha sempre detto di dargli del “tu”". Sempre il nipote descrive la sua giornata-tipo: "La sua giornata era pesante. Si svegliava alle 5, subito la messa con le suore, poi la colazione. A volte veniva un medico per visitarlo, ma lui era sempre restio. Abbiamo fatto parecchi viaggi assieme, cenato e pranzato. Perciò abbiamo avuto il tempo per scambiarci opinioni e punti di vista".

Ecco allora che ci balza davanti agli occhi la figura del vescovo,  divenuto tale per volontà di Giovanni XXIII alla fine del ’58, a Vittorio Veneto per undici anni durante i quali mette in pratica il suo senso del servizio come 'maestro e servitore', un periodo di grande spessore e che in tempi recenti è stato oggetto di studi e approfondimenti. Certamente ci sono stati momenti più facili  e quelli  più difficili, ma in ogni caso monsignor Luciani  non si è mai tirato indietro, da vero uomo di fede e autentico pastore. Sia pure a dall’aria fragile, dalla salute cagionevole, che però riesce a tirare fuori energie incredibili, inesauribili per affrontare una quotidianità fitta di appuntamenti e di incombenze, in riferimento al  presbiterio, alle parrocchie, ai conventi, alle tante realtà ecclesiali, alla comunità diocesana, al seminario, associazioni e opere di ogni genere… e poi le visite pastorali e gli impegni a livello nazionale e vaticano. Chilometri e chilometri macinati dal vescovo insieme al suo fedele cireneo, all’ombra delle sue montagne, le sue radici ben salde in quella terra forte, aspra, che guarda costantemente al cielo.

 

Romina Gobbo, Un cireneo per il vescovo Albino Luciano, Edizioni Messaggero Padova, pp.128, euro 13