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Diplomazia pontificia, l’accordo con la Repubblica Ceca, la visita del presidente di Lituania

Il Parlamento ceco approva l’accordo con la Santa Sede. Il presidente lituano Nausèda visita il Vaticano, e incontra il Cardinale Parolin

Nausèda, Parolin | Il bilaterale tra il presidente lituano Nausèda e il cardinale Pietro Parolin | Vatican Media / ACI Group Nausèda, Parolin | Il bilaterale tra il presidente lituano Nausèda e il cardinale Pietro Parolin | Vatican Media / ACI Group

Non c’è stato il previsto incontro con Papa Francesco, perché Papa Francesco è ricoverato dal 14 febbraio, in quella che è la più lunga degenza ospedaliera del suo pontificato. Tuttavia, il presidente lituano Gitanas Nausèda ha compiuto lo scorso 3 marzo la programmata visita in Vaticano, e ha avuto un bilaterale con il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, e con l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati. Con l’occasione, ha anche presenziato alla cerimonia della benedizione della croce lituana nei Giardini Vaticani.

Il Parlamento della Repubblica Ceca ha approvato l’accordo con la Santa Sede firmato lo scorso ottobre. È, dunque, un momento storico, perché un altro accordo naufragò nel 2002. Ma stavolta c’era tutta la volontà parlamentare di concludere l’accordo.

In una intervista a largo raggio alla rivista dei gesuiti USA America, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher affronta tutti i nodi della diplomazia pontificia attuale: dalla posizione su Gaza a quella sulla pace in Ucraina, dalla questione della Cina al tema degli immigrati indocumentados che l’amministrazione Trump ha dichiarato di voler deportare.

                                               FOCUS REPUBBLICA CECA

Il Parlamento della Repubblica Ceca dice sì all’accordo con la Santa Sede

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Lo scorso 6 marzo, la Camera dei Deputati del Parlamento Ceco ha dato l’ok alla ratifica dell’Accordo giuridico tra Repubblica Ceca e Santa Sede su alcune questioni legali.

Nel trattato si afferma che la Repubblica Ceca garantisce la piena libertà di pensiero, coscienza e religione in conformità con l’ordinamento e garantisce inoltre il diritto di rifiutare il servizio militare e servizi sanitari per motivi di coscienza o di religione in condizioni legali.

Il trattato afferma anche che i matrimoni contratti nella Chiesa hanno la stessa validità e le stesse conseguenze legali dei matrimoni civili, e che Repubblica Ceca e Chiesa cattolica collaboreranno anche nella protezione e conservazione del patrimonio culturale.

Anche il Senato si era espresso con un sì. La Conferenza Episcopale Ceca, in una nota, afferma che “la Chiesa cattolica ceca sperimenta quotidianamente che i principi della libertà di religione, sia a livello individuale che collettivo - garantiti, ad esempio, dalla Carta dei diritti e delle libertà fondamentali o dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà - hanno un posto saldo e indiscutibile nell’ordinamento giuridico ceco. Il trattato con la Santa Sede conferma questo fatto senza richiedere una modifica della legislazione nazionale”.

Secondo i vescovi, “i primi beneficiari della protezione dell’Accordo giuridico sono i cittadini, non la Chiesa come istituzione. Questa idea centrale dell’Accordo è particolarmente enfatizzata negli articoli che riguardano la cura dei malati, delle persone collocate in istituzioni di servizio sociale o nelle carceri”.

Secondo i presuli, l’accordo potrà fornire “utili impulsi sul cammino comune che vede la Chiesa e lo Stato impegnati nel pieno riconoscimento della dignità della persona umana”.

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I vescovi cechi hanno anche ricordati che “le preoccupazioni per l’abuso dell’istituto del sigillo sacramentale hanno dominato le discussioni che hanno preceduto il voto, con alcuni che hanno anche erroneamente sostenuto che tale riservatezza venisse estesa ad altre persone”.

Ma – affermano i vescovi – questi timori non sono fondati. Per questo, ritengono opportuno rassicurare “l’opinione pubblica sul fatto che il sigillo sacramentale non offre l’opportunità di coprire i crimini a livello istituzionale, come alcuni hanno sostenuto”.

Ora il Trattato sarà sottoposto a revisione della Corte Costituzionale. Decisione che i vescovi cechi “accolgono con favore in linea di principio”, poiché “la voce della Corte costituzionale contribuirà a dissipare queste preoccupazioni in modo più efficace rispetto alle ripetute dichiarazioni e assicurazioni delle autorità ecclesiastiche”.

 

                                                           FOCUS LITUANIA

Il presidente lituano Nausèda in Vaticano

Lo scorso 3 marzo, il presidente lituano Gitanas Nausèda ha incontrato il Cardinale Pietro Parolin e l’arcivescovo Paul Richard Gallagher. Nausèda, che ha già incontrato Papa Francesco l’8 novembre 2019, era a Roma per il pellegrinaggio giubilare nazionale lituano. Avrebbe dovuto incontrare Papa Francesco per la prima volta dalla sua rielezione, ma questo non è stato possbile a causa della degenza ospedaliera del Papa.

Nel corso della sua visita in Vaticano, il presidente ha anche partecipato alla benedizione della Croce lituana nei giardini vaticani, presieduta dal Cardinale Rolandas Mackrickas, arciprete coadiutore della Basilica di Santa Maria Maggiore, e in presenza di Gintaras Grušas, arcivescovo di Vilnius e presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali di Europa.

Secondo un comunicato diramato dalla Sala Stampa della Santa Sede, l’incontro tra Nausèda e i vertici della Segreteria di Stato vaticana ha mostrato apprezzamento per le fruttuose relazioni bilaterali, ed è stato sottolineato il contributo positivo della fede cristiana alla società lituana.

La discussione si è concentrata, in particolare, su questioni regionali e internazionali, focalizzandosi in particolare sulle prospettive di pace in Ucraina.

In un post su X, Nausèda si è detto “grato per il caloroso incontro con Sua Eminenza il Cardinale Parolin”, e ha sottolineato che “i lituani ricorderanno sempre lo storico contributo della Santa Sede alla nostra nazione: non ha mai riconosciuto l’occupazione della Lituania e la sua annessione all’Unione Sovietica”. Inoltre, ha scritto il presidente, “Lituania e Santa Sede mantengono una posizione forte basata sui valore e supportano attivamente l’Ucraina”.

La crisi internazionale in Ucraina è stata anche al centro dei colloqui tra Nausèda e il Gran Maestro dell’Ordine di Malta, Fra’ John Dunlap, in un bilaterale che i due hanno avuto lo scorso 4 marzo.

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L’Ordine di Malta in Lituania conta circa 2000 volontari e 170 dipendenti, e opera in 45 centri.

Si è parlato anche di cooperazione e di rafforzamento delle relazioni dell’Ordine di Malta con gli Stati Baltici. Durante l’incontro è stata annunciata l’istituzione, lo scorso 7 febbraio 2025, della Delegazione degli Stati Baltici, che costituirà il primo nucleo per la futura creazione di un’Associazione Nazionale dell’Ordine per i Cavalieri e le Dame di Lettonia, Lituania ed Estonia. 

Ordine di Malta e Lituania intrattengono relazioni diplomatiche dal 1992, hanno firmato nel 1999 un Accordo Postale e nel 2017 un Accordo di cooperazione.

                                                           FOCUS SANTA SEDE

L’arcivescovo Gallagher su Gaza, Ucraina, la diplomazia del Papa

In una lunga intervista in due parti pubblicata sulla rivista dei gesuiti statunitensi America, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha affrontato tutti i temi della diplomazia pontificia: da Gaza alla situazione ucraina, passando per la Sicurezza sulla Sicurezza di Monaco che si è tenuta dal 14 al 16 febbraio e cui l’arcivescovo ha partecipato, e dove erano anche il vicepresidente USA JD Vance e il Segretario di Stato degli USA Marco Rubio.

“Quest’anno – ha detto il “ministro degli Esteri” vaticano – la Conferenza sulla Sicurezza di Monaco è stata caratterizzata da molta ansia per quello che sta succedendo nel mondo, riguardo la natura imprevedibile di alcuni conflitti con cui abbiamo a che fare”.

L’arcivescovo ha notato che i partecipanti erano “meno convinti della capacità delle istituzioni internazionali e dei loro modi di fare le cose nella nostra società per risolvere i problemi”, e ci sono “molte questioni sul tappeto”.

Parlando del discorso del presidente Vance, l’arcivescovo Gallagher ha sottolineato una certa sorpresa da parte dei partecipanti, anche perché “la storia della Conferenza della Sicurezza di Monaco è molto una alleanza transatlantica tra l’Europa e gli Stati Uniti”, mentre il discorso ha fatto pensare che “non c’era più molta confidenza nella relazione”.

Tra le sfide, la prima e principale è prima di tutto “i grandi conflitti in Ucraina e Medio Oriente”, situazioni di “grande sofferenza umana”, e c’è la sensazione nella comunità internazionale che dobbiamo cercare delle soluzioni”, perché “dobbiamo porre fine a queste guerre, alla sofferenza”.

Parlando della situazione a Gaza, “la Santa Sede ha sempre mantenuto una posizione riguardo le migrazioni forzate”, perché non ritiene questo sia “il modo corretto per risolvere ogni forma di problema, che sia una guerra, o un conflitto o qualunque altra cosa”.

In particolare, nel contesto di Gaza “è molto difficile comprendere esattamente come si possa anche arrivare al punto, accettando le cose sul livello del principio, che noi non accettiamo”. Ma – aggiunge Gallagher – anche Egitto e Giordania hanno sempre avuto posizioni molto chiare sulla ricezione di palestinesi”, e “la Giordania in particolare, che ha ricevuto già molte centinaia di migliaia di palestinesi in diversi decenni, esclude chiaramente” di riceverne altri.

Il “ministro degli Esteri” della Santa Sede ci tiene a ricordare che “Gaza, nonostante le rovine in cui si trova, è casa per queste persone. Sa che ci sono generazioni di palestinesi che sono nati e vivono le loro vite lì”, e resta “comunque la loro casa, e vogliono stare lì”.

Anche perché “molti dei palestinesi di oggi o i loro antenati più vicini sono stati già forzati a lasciare le loro proprietà da altre parti della Terra Santa. Non è giusto dire che sono un problema. Sono persone. Sono esseri umani, e dobbiamo provare ad agire in un modo che rispetti loro e la loro dignità come esseri umani e che comprenda le tremende sofferenze in cui si sono trovati che passeranno ogni giorno.

La posizione della Santa Sede – aggiunge Gallagher – resta quella della soluzione dei due Stati, uno palestinese e uno israeliano, posizione che la Santa Sede ha sostenuto anche nei momenti più difficili. Ovviamente, “la realizzazione della soluzione dei due Stati è in discussione perché la situazione nella West Bank è anch’essa estremamente seria” e “se Israele andasse ad annettere la West Bank, sarebbe molto difficile vedere come questo potrebbe essere di alcuna speranza nel futuro vicino per portare avanti una soluzione di due Stati”.

Sul conflitto tra Israele ed Hamas, la Santa Sede chiede un cessate il fuoco, il rilascio degli ostaggi, la protezione dei civili e il pieno rispetto della legge umanitaria internazionale, nonché la ricostruzione di Gaza, la stabilizzazione della situazione nella West Bank e il rispetto per il popolo palestinese lì. E, andando avanti, anche una “soluzione del conflitto tra israeliani e plaestinesi”, perché questo “è al cuore di molti dei problemi del Medio Oriente, che sia la Siria, il Libano o in qualunque altro posto nella regione”.

Gallagher ha notato che Papa Francesco ha “cercato di rivolgersi ad entrambe le parti di questo terribile conflitto”, chiamando “ogni giorno la parrocchia a Gaza”, ma anche “ricevendo molte delle famiglie degli ostaggi”, e scrivendo una “lettera ai suoi fratelli e sorelle ebrei in Israele, e un’altra lettera ai cattolici del Medio Oriente”.

Parlando dei dialoghi di pace proposti per l’Ucraina in Arabia Saudita, che non includeva la presenza degli ucraini, Gallagher ha sostenuto che “crediamo sempre che quando stiamo parlando del futuro dell’Ucraina, il popolo ucraino deve essere parte di quella negoziazione”, perché “è vero che a volte le persone hanno bisogno di mediazione”, ma “in questo caso, possiamo comprendere la preoccupazione ucraina di essere in qualche modo messi da parte”.

Secondo la Santa Sede, l’Ucraina “deve essere coinvolta” perché “è il loro futuro, la loro vita. È la loro nazione, dopo tutto”.

Gallagher rifiuta anche l’idea di una possibile responsabilità ucraina della guerra, lasciata intendere in maniera nemmeno troppo sofisticata dal presidente Trump. “Dobbiamo essere molto chiari – sottolinea – riguardo quali carri armati hanno passato il confine di chi, e questo è molto chiaro. Si può dire che forse alcune delle strategie pre-guerra dell’Ucraina potrebbero essere state differenti, e sono pronto ad accettarlo, ma alla fine la decisione di invadere è stata solo della Russia”.

Il “ministro degli Esteri” della Santa Sede rifiuta anche l’idea che Zelensky sia un dittatore, come affermato dal presidente Trump, perché “è vero che ci sarebbero dovute essere delle elezioni in Ucraina, ma non si sono potute tenere a causa della legge marziale, e quello sembra abbastanza ragionevole”. E, tra l’altro, in guerra “si deve avere una forte leadership, e il presidente Zelensky deve prendere grandi decisioni, e ha dovuto cambiare le persone nel suo governo di volta in volta. Ma credo che chiamarlo dittatore non rispecchia i fatti”.

Ma c’è una pace giusta in Ucraina? Per Gallagher, il punto di partenza è “la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina. Cosa gli ucraini desiderano negoziare o cosa sono pronti a concedere è affar loro, e noi dobbiamo supportarli”.

Una pace giusta “sarebbe una pace che corregge l’aggressione che gli ucraini hanno sofferto – aggiunge il presule – ma al momento è molto difficile dire esattamente cosa gli ucraini considerino una pace giusta. Vorrebbero riprendere il loro territorio che è stato occupato dalla Russia. Ma allo stesso tempo, questo non sembra probabile. Perciò, se accettano di accordarsi per meno, questa potrà essere una pace giusta? E, naturalmente, ci sono molti nella comunità internazionale, in Europa, che pensano che questa non potrebbe essere una pace duratura. Credo che tutto questo debba essere incluso nei negoziati”.

Riguardo la guerra, Gallagher dice di pensare che “la pressione che gli Stati Uniti stanno ponendo sulla guerra avrà un effetto. Potremmo anche vedere la fine della guerra entro l’anno. Non so in che forma questo avverrà, ma credo che le cose continueranno ad evolversi nelle prossime settimane e mesi”.

L’intervista tocca anche il tema delle deportazioni di immigrati clandestini promesse da Trump in campagna elettorale – si parla di 11 o 12 milioni di immigrati non documentati.

La posizione della Santa Sede è chiara, spiega Gallagher, in quanto “la Santa Sede si opporrà sempre alle deportazioni di massa”, perché “le punizioni collettive di popoli saranno sempre ingiuste”.

L’arcivescovo Gallagher chiede di essere realistici nel “dire che gli Stati Uniti, come molte nazioni in Europa, hanno bisogno di migranti, hanno bisogno di lavoratori”, e nota che “se le persone sono entrate illegalmente nella nazione, si devono prendere in considerazione alcune delle circostanze” che li hanno portati all’ingresso irregolare.

L’arcivescovo Gallagher ribadisce che “nessuno mette in discussione il fatto che una nazione deporti criminali”, ma “il problema è che l’amministrazione USA vuole deportare persone ordinarie di ogni età, e anche persone che sono rimaste negli Stati Uniti per molto tempo”, persone che lasciano “bambini e famiglie”.

Ovviamente, ci sono problemi di migrazioni, ma “si tratta di persone, non di numeri. Ci sono persone che hanno messo su casa e stabilito e comunità”. La Santa Sede è contro l’identificazione di un lavoratore senza documenti come un criminale, perché “sappiamo dalle nostre vite che molti di noi, per una ragione o per un’altra, ha rotto a un certo punto rotto le regole, ma questo non fa di noi criminali”.

Molte delle domande riguardano proprio l’amministrazione Trump. Sul fatto che l’amministrazione Trump farà recedere gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, Gallagher sottolinea che la Santa Sede “non apprezza che un attore importante come gli Stati Uniti lasci l’Accordo, perché questo dà un cattivo precedente”, considerando che “le principali vittime di questa crisi sono le persone più povere e le generazioni future”.

Quindi, il tema USAid, l’agenzia di aiuti del governo USA che l’amministrazione Trump sta trasformando in un dipartimento del governo. Gallagher afferma che “stiamo già vedendo in tutto il mondo l’impatto che il ritiro dell’aiuto per lo sviluppo sta causando e causerà un molto posti. Si può dire che c’è il rischio di creare dipendenza, ma c’è anche il fatto che ci sono molte situazioni di emergenza, molte situazioni in cui le risorse locali sono insufficienti per sostenere lo sviluppo della nazione e di costruire un futuro per queste nazioni”.

La Santa Sede ha sempre chiesto un nuovo sviluppo del multilaterale. Gallagher ha sottolineato che “la maggior parte delle organizzazioni multilaterali si trovano in considerevole difficoltà”, e che si sta rompendo l’ordine mondiale basato sulle regole stabilito a partire dal 1946, e “c’è il rischio che le persone vedano la risoluzione di conflitti e problemi come tema di interesse nazionale”.

Nell’intervista c’è anche spazio per la Cina. Gallagher sottolinea che si sta continuando a lavorare sul dialogo per la nomina dei vescovi, ma che “non ci sono relazioni diplomatiche, non ci sono rappresentanti pontifici nella Cina continentale”, e che si crede che “è il processo di continuare il dialogo, lavorare sulla questione della nomina dei vescovi, cercare di far funzionare questo accordo al meglio”.

Per quanto riguarda il Vietnam, il “ministro degli Esteri” vaticano ricorda che ora “c’è un rappresentante papale residente ad Hanoi, la cui posizione è riconosciuta e facilitata dalle autorità del governo. È una relazione che sta crescendo e andando avanti. La Chiesa e lo Stato amerebbero molto di vedere una visita dal Santo Padre, e credo che succederà a un certo punto in futuro, e si spera che al momento in cui succederà avremo stabilito relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e il Vietnam”.

                                                           FOCUS UCRAINA

La COMECE lancia un appello per l’Ucraina

Il 4 marzo, la Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea ha diramato un appello per sostenere l’Ucraina a seguito dell’annuncio dello stop degli Stati Uniti al supporto militare nei confronti del Paese a seguito di un incontro esplosivo nella Stanza Ovale tra Trump e JD Vance da una parte e il presidente ucraino Zelensky dall’altra.

La dichiarazione è stata diffusa lo scorso 4 marzo. La presidenza dela COMECE lamenta “l’instabilità e incertezza” dell’attuale panorama politico, ed esprime “vicinanza e solidarietà sincera al popolo ucraino, che sta soffrendo dell’ingiustificabile invasione su larga scala della Russia da più di tre anni”.

I vescovi COMECE si dicono solidali con quanti sono morti o feriti, o quanti hanno dovuto lasciare le loro casa, ed esprimono gratitudine ai leader europei per aver fornito un aiuto senza precedenti all’Ucraina in termini umanitari, politici, finanziari e militari.

Scrivono i vescovi: “La battaglia dell’Ucraina per la pace e la difesa della sua integrità territoriale non è solo una lotta per il suo futuro. Il suo esito sarà decisivo per il fato dell’intero continente europeo e per un mondo libero e democratico”.

I vescovi parlano di “complessità geopolitiche sempre più profonde e imprevedibilità delle azioni di alcuni membri della comunità internazionale”, di fronte alla quale i leader Europei e gli Stati membri sono chiamati a “rimanere uniti nel loro impegno a supportare l’Ucraina e il suo popolo”.

I vescovi europei definiscono l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia una “patente violazione della legge internazionale”, perché “l’uso della forza per alterare confini nazionali e gli atti atroci commessi contro la popolazione civile non sono solo ingiustificabili, ma chiedono una conseguenza ricerca di giustizia e attribuzione delle responsabilità”.

La presidenza della COMECE ha anche ribadito il messaggio dei vescovi USA, in cui si legge che il negoziato è il solo percorso per una pace giusta e duratura in Ucraina, sottolineando che “ogni dialogo sincero e credibile” debba essere supportato “da una forte solidarietà transatlantica e globale e deve coinvolgere le vittime dell’aggressione, l’Ucraina”.

I vescovi hanno anche “fermamente rigetto ogni tentativo di distorcere la realtà dell’aggressione”, e chiedono che “gli accordi di pace stabiliscano le necessarie condizioni per assicurare che le famiglie ucraine si possano riunire di nuovo e vivere una vita in dignità, sicurezza e libertà nella loro  patria sovrana e indipendente”.

I vescovi della COMECE chiedono anche di proteggere “i diritti di tutte le comunità, inclusa la minoranza russofona”, e invita la comunità internazionale a “continuare ad assistere l’Ucraina nella ricostruzione della sua infrastruttura distrutta”, con una “partecipazione adeguata” dell’aggressore”.

Infine, la presidenza COMECE nota che “mentre i contorni di una nuova architettura globale di sicurezza vengono ridisegnati, è nostra profonda speranza che l’Unione Europea resti fedele alla sua vocazione di essere una promessa di pace e una ancora di stabilità per il suo vicinato e il mondo”.

I vescovi USA sull’Ucraina, ci siano “negoziati coraggiosi”

L’arcivescovo Timothy Broglio, Ordinario Militare degli Stati Uniti e presidente della Conferenza Episcopale USA, ha chiesto “negoziati coraggiosi” per assicurare la pace in Ucraina in una riflessione quaresimale, che è caduta ad alcuni giorni da una intensa interazione tra il presidente USA Donald Trump e il suo vicepresidente JD Vance da una parte e il presidente dell’Ucraina Volodymir Zelensky dall’altra.

“Mentre cominciamo la stagione della Quaresima, un tempo di preghiera, penitenza e carità, ci uniamo al nostro Santo padre, Francesco, in solidarietà con “il popolo martire dell’Ucraina. Preghiamo e speriamo che gli Stati Uniti, in concerto con una più ampia comunità internazionale, lavorino con perseveranza per una pace giusta e una fine all’aggressione”.

Broglio ha poi ricordato che lo stesso Papa Francesco ha sottolineato che i negoziati coraggiosi richiedano audacia per aprire la porta del dialogo”.

Si tratta della prima volta che l’arcivescovo Broglio pubblica le riflessioni quaresimali da quando è presidente dei vescovi USA, incarico in cui è stato nominato nel 2022. Nel 2023, la Conferenza Episcopale USA ha semplicemente rilanciato il messaggio per la Quaresima di Papa Francesco.

Nel suo messaggio per la Quaresima, l’arcivescovo Broglio ha anche chiesto il rispetto della libertà religiosa ucraina, sottolineando che “come cattolici, siamo molto consapevoli che ogni passata occupazione dell’Ucraina ha portato ad una repressione della Chiesa Cattolica a vari livelli nella nazione. Non dobbiamo tollerare un eventuale costringimento alle catacombe per i nostri fratelli e sorelle”.

L’arcivescovo ha anche sottolineato l’importanza dei cattolici nel pregare e compiere sacrifici per l’Ucraina durante questa stagione di Quaresima, e ha annunciato che anche quest’anno, la colletta del Mercoledì delle Ceneri sarà destinata alla Chiesa nell’Europa Centrale e Orientale.

                                                           FOCUS NUNZIATURE

L’inizio della missione per il nunzio in Mongolia

Lo scorso 20 febbraio, l’arcivescovo Giovanni Gaspari, nominato lo scorso 2 marzo nunzio apostolico in Corea del Sud e Mongolia, ha presentato le sue lettere credenziali al presidente della Mongolia Khürelsükh Ukhnaagiin.

Il diplomatico vaticano era accompagnato dal Cardinale Giorgio Marengo, prefetto apostolico di Ulaan Bator. Il colloquio tra il nunzio e il presidente si è tenuto alla presenza di Lhanaajav Munkhtushig, segretario di Stato del Ministero degli Affari Esteri; di Odbayar Erdenetsogt,  Consigliere diplomatico del Presidente; e di Buttungalag Gankhuurai, direttore del Gabinetto per l’Europa del Ministero degli Esteri.

Il presidente ha detto di apprezzare l’azione di pace di Papa Francesco, ha ribadito che il popolo mongolo sta pregando per la sua salute e ha detto che il viaggio del Papa nel Paese nel 2023 ha contribuito al miglioramento delle relazioni interreligiose.

Il nunzio, portando i saluti del Papa, ha affermato la volontà della Chiesa Cattolica di cooperare per la crescita umana e sociale della popolazione.

Il 21 febbraio, l’arcivescovo Gaspari ha poi incontrato i missionari del Paese. Nello stesso giorno, il nunzio ha fatto una visita di cortesia a Sua Eminenza Javzandorj Dulamragchaa, Leader Spirituale del Buddismo mongolo nonché Abate del Monastero di Gandantegchinling a Ulaanbaatar. Questi ha espresso vicinanza spirituale a Papa Francesco.