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Novendiali. Le Chiese Orientali: “Papa Francesco oggi credo esulti al vederci insieme per la preghiera per lui”

Alla Celebrazione sono invitate in particolare le Chiese Orientali

Cardinale Gugerotti, Novendiale |  | Daniel Ibanez / ACI Group Cardinale Gugerotti, Novendiale | | Daniel Ibanez / ACI Group

È il 7° giorno di Novendiali in suffragio del Sommo Pontefice Francesco. Venerdì 2 maggio, alle ore 17.00, nella Basilica Vaticana il tutto è affidato alle Chiese Orientali. La celebrazione è presieduta dal Cardinale Claudio Gugerotti, già Prefetto del Dicastero per le Chiese orientali.

Alla Celebrazione sono invitate in particolare le Chiese Orientali. Nella sua omelia il Prefetto parla di resurrezione. “È Dio che ci fa risorgere, mediante il suo Spirito. Dalle acque del Battesimo noi siamo emersi come nuove creature, familiari di Dio, suoi intimi o, come dice San Paolo, figli adottivi e non più schiavi. Ed è proprio perché figli che nel medesimo Spirito ci è concesso di gridare la nostra invocazione: “Abbá, Padre”. A questo grido si associa la creazione intera che, nelle doglie del parto, aspetta la sua guarigione. Sembrano avere così poco valore oggi il creato e la persona umana. Eppure tra noi ci sono Cardinali, come quelli provenienti dall’Africa, che sentono spontaneamente la bellezza del frutto di queste doglie, perché una nuova vita è per i loro popoli un valore inestimabile”, la prima parte dell’omelia di questo settimo Novendiale per Papa Francesco.

Poi, il tema della creazione “così caro” a Papa Francesco. “Intorno a noi non facciamo altro che percepire il grido della creazione e in essa quello di chi è destinato alla gloria ed è la finalità per la quale la creazione è stata voluta: la persona umana. Grida la terra ma soprattutto grida una umanità travolta dall’odio, a sua volta frutto di una profonda svalutazione del valore della vita che, come abbiamo sentito, per noi cristiani è partecipazione alla famiglia di Dio, fino alla concorporeità e consanguineità con il Cristo Signore, che stiamo celebrando in questo sacramento dell’Eucaristia”, commenta il Cardinale Gugerotti.

Papa Francesco ci ha insegnato a raccogliere il grido della vita violata, ad assumerlo e presentarlo al Padre, ma anche ad operare per alleviare concretamente il dolore che suscita questo grido, a qualsiasi latitudine e negli infiniti modi con cui il male ci indebolisce e ci distrugge. Oggi la liturgia viene animata e partecipata da alcuni dei Padri e dai figli e dalle figlie delle Chiese Orientali cattoliche, presenti insieme con noi per testimoniare la ricchezza della loro esperienza di fede e il grido della loro sofferenza, offerta per il riposo eterno del defunto Pontefice. Ad essi noi diciamo grazie per aver accettato di arricchire la cattolicità della Chiesa con la varietà delle loro esperienze, delle loro culture, ma soprattutto della loro ricchissima spiritualità. Nel passato gli Orientali cattolici hanno accettato di aderire alla piena comunione con il successore dell’apostolo Pietro il cui corpo riposa in questa Basilica. Ed è nel nome di questa unione che hanno testimoniato, spesso col sangue o la persecuzione, la loro fede. In parte ora ridotti, di numero e di forze ma non di fede, proprio dalle guerre e dall’intolleranza, questi nostri fratelli e sorelle rimangono saldamente aggrappati a un senso della cattolicità che non esclude, ma anzi implica, il riconoscimento della loro specificità”, continua ancora il Cardinale Gugerotti.

“Papa Francesco, che ci ha insegnato ad amare la diversità e la ricchezza dell’espressione di tutto ciò che è umano, oggi io credo esulti al vederci insieme per la preghiera per lui e per l’intercessione di lui. E noi ancora una volta ci impegniamo, mentre molti di loro sono costretti a lasciare le loro antiche terre, che furono Terra Santa, per salvare la vita e vedere un mondo migliore, a sensibilizzarci, come aveva voluto il nostro Papa, per accoglierli e aiutarli nelle nostre terre a conservare la specificità del loro apporto cristiano, che è parte integrante del nostro essere Chiesa cattolica”, conclude così l’omelia il Prefetto del Dicastero per le Chiese orientali.

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