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Leone XIII, il papa della "Rerum novarum"

Le "cose nuove" di papa Leone XIII. Perché è così importante per la storia della Chiesa (e non solo) l'Enciclica del 1891?

Frontespizio della Enciclica di papa Leone XIII | Frontespizio della Enciclica di papa Leone XIII | Credit pd Frontespizio della Enciclica di papa Leone XIII | Frontespizio della Enciclica di papa Leone XIII | Credit pd

Leone XIII, nato Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci, ossia il papa della  “Rerum Novarum”, una delle encicliche più rivoluzionarie della storia: una vera e propria chiave di svolta nella Chiesa cattolica. Doveva essere un pontefice di transizione, Leone XIII, e invece mutò con profonde e radicali decisioni il cammino della Chiesa. 

 

La “Rerum Novarum” rappresenta la pietra miliare nella dottrina sociale cristiana: infatti, è il primo documento ufficiale (ed esplicito) che affronta problemi d'ordine sociale ed economico. Questa apertura così “rivoluzionaria” segnerà la strada - dobbiamo aspettare la seconda metà del ‘900 - ad altri due documenti cardine della Chiesa, che si faranno carico della delicata questione dei lavoratori all’interno del sistema economico-sociale moderno: l’enciclica “Populorum Progressio” di Paolo VI, e la “Centesimus annus” di Giovanni Paolo II.

 

L'enciclica - promulgata il 15 maggio 1891 - proponeva una terza via tra il conservatorismo dei partiti liberali e l'atteggiamento eversivo dei socialisti, definendo l’orientamento dell’azione politica e sociale dei nascenti sindacati e partiti cattolici. La struttura dell’Enciclica è semplice: dopo una descrizione del “male sociale” e alcune pagine che criticano il “falso rimedio” (il socialismo), vi è quella che potrebbe considerarsi la parte fondamentale che si sviluppa attorno a tre soggetti indispensabili per guarire il male sociale: la Chiesa che insegna e agisce (13-24), lo Stato che deve intervenire per il bene comune (25-35), le associazioni professionali (di proprietari e di operai) che devono organizzare il campo sociale (36-44). 

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L’elemento cardine del pensiero sociale di Leone XIII sarà il rispetto dell’uomo e della sua dignità. Tutto ciò che può ledere questo principio fondamentale viene condannato, in particolare la deificazione del denaro, del progresso, della tecnica e della capacità di controllo e sfruttamento della natura. Altro fattore innovativo fu l’attenzione nei confronti dei compiti dello Stato in materia sociale. Secondo l’enciclica, lo Stato aveva il dovere di rimuovere le cause del conflitto tra “operai” e “padroni”, divenendo così l’arbitro e il legislatore per i diritti e i doveri di tutte le classi sociali.

Questo, uno dei passaggi più significativi della famosa Enciclica: “Principalissimo poi tra questi doveri è dare a ciascuno il giusto salario. Il determinarlo secondo giustizia dipende da molte considerazioni, ma in generale si ricordino i datori di lavoro che le leggi umane non permettono di opprimere per utile proprio i bisognosi e gli infelici, e di trafficare sulla miseria del prossimo. Defraudare poi il dovuto salario è colpa così enorme che grida vendetta al cospetto di Dio”. Proprio per questa sua difesa della giustizia sociale, rimase nella Storia moderna come “il papa dei lavoratori”.

“Nel tutelare le ragioni dei privati, si deve avere un riguardo speciale ai deboli e ai poveri”, si legge nella Rerum Novarum. L'enciclica si occupa dei vari temi della giustizia sociale, sollecitando la nascita di sindacati operai d'ispirazione cattolica, promuovendo la solidarietà cristiana come cardine dei rapporti di lavoro e invitando l'intervento dello Stato nei casi di scontro. L'enciclica è considerata come uno dei documenti fondamentali dell'Ottocento.