Città del Vaticano , mercoledì, 28. maggio, 2025 10:18 (ACI Stampa).
Seconda udienza generale per Papa Leone XIV. Le parabole evangeliche - ha spiegato il Papa, introducendo la sua catechesi - "sono un’occasione per cambiare prospettiva e aprirci alla speranza. La mancanza di speranza, a volte, è dovuta al fatto che ci fissiamo su un certo modo rigido e chiuso di vedere le cose, e le parabole ci aiutano a guardarle da un altro punto di vista".
Replicando a un dottore della legge, Gesù racconta una parola che "che è un cammino per passare dal chi mi vuole bene? al chi ha voluto bene? La prima è una domanda immatura, la seconda è la domanda dell’adulto che ha compreso il senso della sua vita. La prima domanda è quella che pronunciamo quando ci mettiamo nell’angolo e aspettiamo, la seconda è quella che ci spinge a metterci in cammino".
"La parabola che Gesù racconta - ha aggiunto ancora Papa Leone - ha come scenario proprio una strada, ed è una strada difficile e impervia, come la vita. È la strada percorsa da un uomo che scende da Gerusalemme, la città sul monte, a Gerico, la città sotto il livello del mare. È un’immagine che già prelude a ciò che potrebbe succedere: accade infatti che quell’uomo viene assalito, bastonato, derubato e lasciato mezzo morto. È l’esperienza che capita quando le situazioni, le persone, a volte persino quelli di cui ci siamo fidati, ci tolgono tutto e ci lasciano in mezzo alla strada".
"La vita - ha ricordato ancora il Pontefice - è fatta di incontri, e in questi incontri veniamo fuori per quello che siamo. Ci troviamo davanti all’altro, davanti alla sua fragilità e alla sua debolezza e possiamo decidere cosa fare: prendercene cura o fare finta di niente. Un sacerdote e un levita scendono per quella medesima strada. Eppure, la pratica del culto non porta automaticamente ad essere compassionevoli. Infatti prima che una questione religiosa, la compassione è una questione di umanità! Prima di essere credenti, siamo chiamati a essere umani".
I due - ha aggiunto - hanno "fretta di tornare a casa. È proprio la fretta, così presente nella nostra vita, che molte volte ci impedisce di provare compassione. Chi pensa che il proprio viaggio debba avere la priorità, non è disposto a fermarsi per un altro. Ma ecco che arriva qualcuno che effettivamente è capace di fermarsi: è un samaritano, uno quindi che appartiene a un popolo disprezzato. La religiosità qui non c’entra. Questo samaritano si ferma semplicemente perché è un uomo davanti a un altro uomo che ha bisogno di aiuto. La compassione si esprime attraverso gesti concreti".