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Domani, la tradizionale pioggia di rose rosse al Pantheon per la Pentecoste

La Celebrazione eucaristica alle 10,30 e poi la famosa discesa dei petali di rose rosse dall'oculus del Pantheon

La pioggia di petali di rose rosse | La pioggia di petali di rose rosse | Credit Daniel Ibanez/EWTN AciGroup
La pioggia di petali di rose rosse | La pioggia di petali di rose rosse | Credit Daniel Ibanez/EWTN AciGroup
La pioggia di petali di rose rosse | La pioggia di petali di rose rosse | Credit Daniel Ibanez/ EWTN AciGroup
La pioggia di petali di rose rosse | La pioggia di petali di rose rosse | Credit Daniel Ibanez/ EWTN AciGroup

Torna domani, domenica 8 giugno, nella suggestiva cornice del Pantheon a Roma, il suggestivo spettacolo della pioggia di petali di rose rosse che scenderanno dall'oculus del famoso tempio. La tradizione si ripete ogni anno in occasione della Pentecoste. 

 

Il rituale affonda le sue origini nella antiche tradizioni cristiane romane di duemila anni fa, quando le rose rappresentavano lo Spirito Santo e la nascita della Chiesa e simboleggiavano il sangue versato da Cristo per la redenzione dell’umanità. 

 

L’accesso alla Basilica di Santa Maria ad Martyres da parte dei fedeli è alle ore 9 fino al raggiungimento della capienza massima garantita. Poi, la celebrazione eucaristica alle 10,30 accompagnata dal Coro della Basilica e dalla Banda dei Vigili del Fuoco. Al termine della Santa Messa, intorno alle 12,00 circa, la famosa pioggia di petali di rose. E per questa suggestiva cerimonia bisogna ringraziare proprio i Vigili del Fuoco: saranno loro, infatti, a rilasciare i petali di rosa dall’alto dell’oculus del Pantheon. 

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Uno spettacolo da non perdere che lascia, ogni anno, un segno nel cuore dei fedeli che vi partecipano.

La Basilica collegiata di S. Maria ad Martyres è l’unica chiesa di Roma, a parte le quattro Basiliche Papali, ancora retta da un Capitolo di Canonici, istituito per il culto solenne e composto da dodici sacerdoti effettivi e da sei onorari. I Canonici sono nominati liberamente dal Cardinale Vicario, secondo il rescritto del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II del 26 marzo 1987.