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Il Regno Unito verso la cultura della morte. La resistenza dei vescovi

Passa in prima lettura una legge che legalizza l’eutanasia nel Regno Unito. La reazione dei vescovi non si è fatta attendere

Manifestazioni | manifestazioni contro l'eutanasia in Inghilterra | Vatican Media / ACI Group Manifestazioni | manifestazioni contro l'eutanasia in Inghilterra | Vatican Media / ACI Group

Dopo la Francia, anche l’Inghilterra comincia la discesa scivolosa del piano inclinato che porta direttamente alla cultura della morte. Anche nel Regno Unito, infatti, è in discussione una legge sull’eutanasia, passata in prima lettura alla Camera dei Comuni lo scorso 20 giugno, che punta a legalizzare il suicidio assistito per i pazienti malati terminali. Un voto che ha suscitato la dura reazione dell’arcivescovo John Sherrington di Liverpool, che guida la commissione per la vita della Conferenza Episcopale per Inghilterra e Galles, che si è detto “scioccato e deluso” dal voto in favore della legge”.

E questo perché, ha aggiunto, “permettere ai medici di aiutare i pazienti a terminare la propria vita cambierà la cultura della cura della salute e causerà legittime paure tra quanti sono disabilità o che sono specialmente vulnerabili in altri modi”.

La proposta sulla legge sul suicidio assistito è stata approvata in Inghilterra con una maggioranza di soli 23 voti, con 315 voti a favore e 291 contro. Perché diventi legge, deve essere approvata anche alla Camera dei Lord per diventare effettiva. Se così sarà, il Regno Unito diventerà una delle giurisidizioni che permettono il suicidio assistito. Belgio, Olanda, Germania e Spagna permettono il suicidio assistito in Europa, e la Francia anche si sta unendo alla legislazione, mentre fuori dall’Europa il Canada ha una legge sul suicidio assistito che ha suscitato non poco dibattito. Negli Stati Uniti, undici Stati e Washington DC permettono il suicidio assistito.

Secondo la legge approvata in Inghilterra, il suicidio assistito può essere praticato a condizione che il paziente sia oltre i 18 anni, abbia una diagnosi di malattia terminale che dà una aspettativa di vita di non più di sei mesi, e che due medici e una commissione composta da un operatore sociale, una figura legale di esperienza come un giudice in pensione e un psichiatra approvino la somministrazione.

L’arcivescovo Sherringthon ha detto che “la vocazione è al cuore delle vite di così tante persone di prendersi cura dei loro amati ed è il segno di una società veramente compassionevole”, e che non è vero che questa scelta allevi le sofferenze, ma che anzi la soluzione più giusta sia migliorare le cure palliative perché sia ridotta la sofferenza alla fine della vita.

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Il voto sul suicidio assistito cade in una cornice molto critica per la cultura della vita nel Regno Unito. I legislatori hanno anche cercato di depenalizzare l’aborto in Inghilterra e Galles.

Prima che la legge sul fine vita fosse approvata alla Camera dei Comuni, l’arcivescovo Sherrington e il Cardinale Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, hanno fatto sapere che, in caso di approvazione definitiva, gli hospice e le case di cura cattoliche non avrebbero altra scelta che chiudere di fronte alla mancanza di accurate protezioni che obbligherebbe le case di cura a cooperare con il suicidio assistito.

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