Città del Vaticano , lunedì, 14. luglio, 2025 16:00 (ACI Stampa).
Quella che oggi è chiamata la Villa Barberini a Castel Gandolfo dove in questi giorni soggiorna Papa Leone XIV era una proprietà di 40 ettari frutto di acquisizioni operate da Taddeo Barberini tra il 1628 e il 1631. Il nipote di papa Urbano VIII comproò diverse terreni e della proprietà faceva parte un casino che fu ristrutturato ad opera del Bernini, anche se non completato dall'illustre architetto.
E fu pro proprio per il lavoro di creazione del giardino che la squadra di sterratori aquilani rinvennero le vestigia della villa di Domiziano, ed opere scultoree che furono inserite nelle decorazioni del casino e del parco. Come ricorda Ilaria Marsili nel suo libro " Il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo", la proprietà Barberini coincide con il nucleo principale della residenza domizianea. "A lavori ultimati divenne meta di villeggiatura a partire dal 1635, ma alla morte di Urbano VIII la famiglia cadde in disgrazia e fu costretta a riparare in Francia. Nei secoli successivi la villa subì le alterne vicende legate alla storia della famiglia; all'inizio del XVIII secolo il ramo maschile si estinse e sopravvisse in linea femminile grazie a Cornelia, l'unica figlia di Urbano Barberini. Ella sposò il principe Sciarra Colonna, il cui secondogenito poté prendere il nome Barberini. Lo stesso problema emerse alla fine dell'Ottocento quando l'unica discendente rimasta era Maria Barberini e grazie ad un decreto reale nel 1893 suo marito, il marchese Luigi Sacchetti, poté assumere il nome e i titoli dei Barberini. All'inizio del Novecento la villa versava in abbandono, e fu Sacchetti a riportarla all'antico splendore".
Con i Patti Lateranensi la villa e i giardini Barberini furono ceduti allo Stato Vaticano: "il principe ne venne informato da un amico poche ore prima di apprenderlo dai giornali, e prontamente inviò una lettera al Santo Padre nella quale si felicitava che la dimora da lui curata avesse ricevuto una così alta destinazione".
Di fatto fu una scelta dello Stato italiano che aveva valutato come concessione al Papa "anche villa Doria Pamphili sul Gianicolo, scartata perché troppo vicina al Vaticano, e Caprarola nel viterbese, esclusa perché il viaggio per raggiungerla sarebbe stato troppo disagevole. La decisione cadde infine sulla villa Barberini, già legata tradizionalmente al papato e ai soggiorni estivi dei pontefici, poiché garantiva ampi spazi ed un clima diverso dal Colle Vaticano. Per errore le mappe della proprietà allegate al trattato comprendevano anche il cimitero di Albano, motivo per cui Pio XI volle fare rinuncia formale dell'area cimiteriale nel momento della presa di possesso di Villa Barberini. Il pontefice per estendere l'area agricola acquistò inoltre dei terreni ai margini inferiori della proprietà e due uliveti di 4 ettari ciascuno, che furono incorporati nel recinto delle ville. Di conseguenza nel 1948 fu stipulato l'accordo tra Santa Sede e Stato italiano per la nuova delimitazione della zona extraterritoriale delle ville pontificie".




