Definisce, poi, “una provvidenziale coincidenza” che “quest'anno i due calendari in uso nelle nostre Chiese coincidono, così che abbiamo potuto cantare all'unisono l'Alleluia pasquale: "Cristo è risorto! È veramente risorto!". Tali parole proclamano che le tenebre del peccato e della morte sono state vinte dall'Agnello immolato, Gesù Cristo nostro Signore. Questo ci ispira grande speranza, perché sappiamo che nessun grido delle vittime innocenti della violenza, nessun lamento delle madri in lutto per i loro figli rimarrà inascoltato”. La speranza ha un nome, per il pontefice: è Dio. Ed è “proprio perché attingiamo costantemente alla fonte inesauribile della sua grazia” che “siamo chiamati a esserne testimoni e portatori”, sottolinea il pontefice. E così l’augurio del pontefice che questo pellegrinaggio possa confermare “tutti nella speranza che nasce dalla fede nel Signore risorto!”.
Il pellegrinaggio, dopo Roma, si sposterà “alla Sede di Costantinopoli”. Infine l’esortazione a portare i suoi saluti al Patriarca Bartolomeo, “che tanto cortesemente ha partecipato alla Santa Messa di inizio del mio Pontificato", ha ricordato il pontefice. Rivolge l’invito per un nuovo incontro: “Tra qualche mese, per prendere parte alla Commemorazione ecumenica dell'anniversario del Concilio di Nicea”. In questo pellegrinaggio ecumenico ortodosso-cattolico, papa Leone XIV trova “frutti abbondanti del movimento ecumenico volto a ristabilire la piena unità tra tutti i discepoli di Cristo, secondo la preghiera del Signore nell’Ultima Cena: «perché tutti siano una sola cosa»”. Continua, papa Leone XIV: “A volte diamo per scontati questi segni di condivisione e di comunione che, pur non significando ancora la piena unità, manifestano già il progresso teologico e il dialogo nella carità che hanno caratterizzato gli ultimi decenni”.
In ultimo ricorda san Paolo VI che il 7 dicembre del 1965, alla vigilia della conclusione del Concilio Vaticano II, firmò assieme al Patriarca Atenagora firmarono una Dichiarazione Congiunta, “cancellando dalla memoria e dal vissuto della Chiesa le sentenze di scomunica seguite agli eventi del 1054”. Prima di allora, un pellegrinaggio come quello di oggi, sottolinea il pontefice, “probabilmente non sarebbe stato nemmeno possibile. L’opera dello Spirito Santo ha creato nei cuori la disponibilità a compiere quei passi, come presagio profetico di piena e visibile unità”. Infine, l’eosrtazione a continuare sui passi svolti, a “implorare dal Paraclito, dal Consolatore, la grazia di percorrere la via dell'unità e della carità fraterna”.
Guarda al 2033 papa Leone XIV, anno in cui saranno celebrati i duemila anni della Redenzione “compiuta attraverso la passione, morte e risurrezione del Signore Gesù”. E proprio per questo, guarda anche a Gerusalemme, luogo in cui “tutti noi abbiamo bisogno di tornare” sottolinea. Lì, “la Città della Pace”, così la chiama il pontefice. Lì, “in quel posto in cui “Pietro, Andrea e tutti gli Apostoli, dopo i giorni della passione e risurrezione del Signore, ricevettero lo Spirito Santo a Pentecoste, e da lì resero testimonianza a Cristo fino ai confini della terra”.
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