Città del Vaticano , lunedì, 28. luglio, 2025 16:00 (ACI Stampa).
Una cosa è certa: a Castelgandolfo i pontefici non hanno solo trascorso la villeggiatura, ma hanno partecipato alla vita del paese e della zona soprattutto aiutando la gente. Come nella II Guerra Mondiale. Come racconta Ilaria Marsili nel suo libro " Il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo" nel settembre del 1943 la popolazione di Albano si rifugiò una settimana nella villa e nei giardini pontifici, trattenendosi finché la situazione non si fosse normalizzata.
In effetti la permanenza fu decisamente più lunga. Tra il 22 gennaio (giorno dello sbarco di Anzio) e il 4 giugno del 1944. Il territorio dei Castelli era diventato zona di guerra e papa Pio XII aveva aperto le porte circa 12 mila persone che arrivarono con i propri averi e bestiame cercando un riparo sicuro, e venivano alloggiati principalmente negli edifici e nelle pertinenze dei giardini Barberini, così come nelle rovine del criptoportico e in rifugi improvvisati. Tra le centinaia di rifugiati molti erano gli ebrei, i disertori e i dissidenti politici, tra questi ultimi Alcide de Gasperi e Giuseppe Bottai.
Fu il direttore delle ville pontificie Emilio Bonomelli ad organizzare alloggio e assistenza.
"Ogni giorno un camion del Vaticano, dotato di lasciapassare e guidato da autisti eroici, faceva la spola tra le ville e il Vaticano per portare i viveri che venivano destinati anche all'ospedale Bambin Gesù" scrive Marsili.
Il bombardamento più drammatico avvenne il 10 febbraio del 1944 quando le bombe colpirono il palazzo di Propaganda Fide che ospitava 1500 persone, causando 500 vittime. "Sui muri esterni della Villa Pontificia sono ancora presenti i segni delle schegge, visibili quando si accede al paese in prossimità della Porta Romana". In 8000 dovettero lasciare le ville e dopo l'evacuazione forzata di Genzano e Ariccia del 30 aprile le ville si riempirono nuovamente, riportando a 10.000 unità il numero degli ospiti.









