Roma , venerdì, 15. agosto, 2025 14:00 (ACI Stampa).
“Molto ormai abbiamo discusso a motivo di quelli che nella loro predicazione osano negare la grazia di Dio e si provano ad eliminarla per rivendicare il libero arbitrio dell'uomo. Eppure è per mezzo di questa che noi siamo chiamati a lui e veniamo liberati dai nostri demeriti; per mezzo di questa ci acquistiamo i meriti positivi con i quali pervenire alla vita eterna”. Con queste parole comincia il “De gratia et libero arbitrio” (Sulla grazia e sul libero arbitrio), un trattato scritto da Agostino attorno al 426 e indirizzato ai monaci del monastero di Adrumeto (l’odierna Susa, in Tunisia).
L’opera può essere suddivisa in cinque parti: la prima (I 1-IV 9) riguarda la necessità del libero arbitrio e della Grazia; la seconda, della priorità della Grazia sulle azioni umane (V 10-IX 21); la terza (X 22-XVI 32) della natura della grazia; la penultima, la quarta, della carità (XVII 33-XIX 40); e, in ultimo(XX 41-XXIV 46), ci parla dell’azione di Dio nel cuore dell’uomo .
Tema centrale dell’opera - come lo stesso titolo ci dice - è quello del rapporto tra la Grazia e il libero arbitrio umano. Agostino ci descrive una Grazia, dono di Dio per gli uomini (concessa non per merito), necessaria all’uomo per operare il bene. In merito al libero arbitrio per l’autore ipponatte non ci sono altre spiegazioni: l’uomo è libero di condurre le azioni verso il bene o verso il male. Spetta a lui, la decisione. In questa “decisione” entra in gioco anche al Grazia: gli uomini, vittime della loro stessa natura di peccatori, molto spesso conducono le loro azioni verso il male; ed allora che enytra in gioco la Grazia che può liberarli dalla condotta di peccatori.





